Sostenibilità in Veneto

LA CLASSIFICA DEL MIO CICLOVIAGGIO

Ciao a tutti e bentornati su www.dalmarbozzo.com. L’ultima volta ho dato 6 consigli che i comuni possono applicare per rendere le loro città più sostenibili. Nel frattempo ho affrontato un viaggio di cicloturismo toccando i 7 capoluoghi di provincia della regione Veneto. Ho osservato e ho annotato quali dei suggerimenti sono fisicamente presenti nei vari comuni che ho attraversato. Quindi, per comprendere bene la successiva classifica è necessario rivedere il precedente articolo:

Faccio qualche premessa prima di entrare nell’esposizione della classifica.

La prima riguarda il cicloturismo: è un modo di viaggiare in sella alla propria bici percorrendo svariati chilometri e alloggiando in diverse tappe; il cicloturismo in Italia sta prendendo piede molto bene e avrà dei risvolti positivi nell’economia circolare. Dal mio punto di vista il cicloturismo è un modo di vivere unico e incredibile, lo consiglio a tutti! In termini di sostenibilità ambientale è sicuramente un modello di viaggio da annoverare.

La seconda premessa riguarda i luoghi e le tappe: ho seguito semplicemente un tour antiorario segnandomi alcuni luoghi che volevo vedere, perciò non ho potuto vedere ogni cosa, e avendo prestabilito a priori, prima del viaggio, le tappe di pernottamento, ho mantenuto una media di 90 km al giorno per rimanere abbastanza in linea con il mio programma. Ho scelto il Veneto semplicemente perché è la mia regione. Dei tanti paesi che ho visto ho preso in considerazione 28 comuni.  Dunque non è obbligatorio fare l’itinerario come l’ho fatto io e capisco che la classifica può sembrare riduttiva per valutare il Veneto.

La terza premessa riguarda al valore soggettivo attribuito ai voti: i voti che ho dato sono in base all’esperienza vissuta e per tanto potreste non essere d’accordo con la mia valutazione e quindi non sono assoluti.

La quarta premessa è l’intento: la mia intenzione non è quella di dire quel comune è meglio di altri, ma semplicemente fornire qualche spunto ai cittadini e alle amministrazioni comunali per migliorare alcuni aspetti fondamentali che saranno necessari per affrontare la transizione energetica nelle nostre città. Certo, senza dubbio, vado a dare dei giudizi sui comuni che ho visitato, e per tanto si capirà chi è meglio di altri, ma l’intenzione è semplicemente di fornire una strada da percorrere che porterà un beneficio comune alla nostra Terra. Quindi piuttosto che dire “ è meglio di…” dovremmo pensare a “ è più avanti di” in modo tale da dare a tutti la possibilità di imboccare la strada giusta.

La quinta premessa riguarda al metro di giudizio. Nel dare i voti ho tenuto in considerazione, il numero dei cittadini, se la località fosse turistica o meno e infine la mia personale esperienza su 6 caratteristiche: presenza delle Case dell’Acqua (CDA) o di un servizio pubblico per l’erogazione di acqua, presenza delle colonnine delle ricariche elettriche (CRE), presenza e qualità delle piste ciclabili (PC), la quantità e la qualità degli spazi verdi (SV), coscienza collettiva ambientale (CCA) con iniziative di raccolte plastic free, e infine decoro pubblico (DP) cioè per la qualità di ordine e pulizia del centro urbano, aree dismesse incluse.

Il materiale che ho raccolto è davvero tanto e lo lascio in allegato alla fine con la tabella di tutti i 28 comuni che ho censito. Qui invece commenterò i 7 capoluoghi di provincia. Se volete avere informazioni su altri comuni scaricate il documento in fondo all’articolo.

Rovigo. La prima cosa che ho apprezzato di Rovigo è stata la sua ciclabile che va da Nord a Sud! Tenuta bene, in ordine, e ben segnalata! Non è scontato entrare e uscire da una città con la pista ciclabile. Ho dato voto 8. Non sono presenti le case dell’acqua e per di più ho trovato una fontanella del parco chiusa e non accessibile. Voto 0! Rovigo ha ben 10 punti di ricarica elettrica e ritengo che per 50mila abitanti sia già un buon risultato; voto 10. Ho trovato diversi spazi verdi , alcuni ben curati altri invece in pessime condizioni. Voto 6. A Rovigo non si sono ancora le Raccolte Plastic Free, ma so che è un comune sensibile all’argomento dato che ha adottato il PAESC ( Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile); voto 6 per la CCA. Per il DP ho dato voto 5 poiché all’ingresso della città e nel parco ho trovato parecchio sporco, si salva invece la ZTL centrale. Voto complessivo 35 su 60.

Padova. Sono entrato a Padova grazie alla ciclabile del Brenta che si estende da Bassano del Grappa a Chioggia. Molto assolata ma percorribile. Anche il centro è ben dotato di ciclabili o spazi adibiti al transito di bicilette, motivo per cui ho dato voto 8 a PC. A CDA ho dato voto 6: è vero che ce ne sono due ma per una popolazione così grande è veramente poco. A RCE ho dato 9 poiché ci sono ben 14 punti di erogazione elettrica, per ora possono bastare ma bisognerà aumentarne il numero. A SV ho dato 7: il fiume Brenta e Prato della Valle e i giardini botanici sono 3 aree che bastano a dare respiro a questa città. A CCA ho dato 8 poiché esistono le raccolte plastic free. Ho dato voto 5 a DP perché ho trovato spesso sporco per terra di vario genere e vie non proprio profumate… Voto complessivo 43 su 60

Venezia e Mestre. L’unico punto di accesso a Venezia da terra ferma è grazie al Ponte della Libertà dove è presente l’unica ciclabile ben segnalata. Devo dire che ho fatto molta fatica a trovare la ciclabile che mi portasse al BIKE PARK del parcheggio Roma di Venezia, servizio che invece ho apprezzato molto. Quindi a PC ho dato 5: ci sono ma sono confuse, interrotte e poco chiare. A CDA ho dato 7 : sono presenti due case dell’acqua a Mestre e l’acqua a Venezia invece è proveniente da una condotta che parte dalle acque del Sile, attraversa la laguna e la porta potabile in centro città. Ci sono anche le fontanelle in centro città ma non sono segnalate e neanche protette dal grande flusso dei turisti: si può fare di più! A RCE ho dato 10 poiché ho contato ben 18 punti di erogazione, numero consono alla popolazione e al prestigio della città. A CCA ho dato 8 poiché hanno una raccolta straordinaria di rifiuti dedicata a Venezia. A SV ho dato 6 per i litorali e qualche piccolo spazio verde, molti cantieri e spazi da riqualificare. E infine a DP ho dato 5: molto inquinamento dovuto all’afflusso di TIR, barche, e turisti. Mestre e Marghera sono spazi lasciati un po’ allo sbaraglio… si può sicuramente migliorare. Voto complessivo 41 su 60.

Treviso. Arrivare a Treviso è stato bellissimo grazie al percorso che segue il fiume Sile. Purtroppo la ciclabile si interrompe bruscamente e nel centro città le ciclabili fanno pietà, motivo per cui ho dato voto 4 a PC. L’acqua a Treviso è potabile e ci sono anche le fontanelle dove si può tranquillamente bere. Nonostante ciò Treviso ha ben 7 case dell’acqua, motivo per cui ho dato voto 10 a CDA. A RCE ho dato un altro 10 poiché sono 12 i punti erogazione elettrica. A SV ho dato 7: oltre al fiume Sile ci sono delle piccole ma graziose aree verdi in città dove è possibile ristorarsi. A CCA ho dato 8 poiché è presente la raccolta con Plastic Free e c’è una buona attenzione all’ambiente. A DP invece ho dato 5 perché ho trovato mozziconi di sigarette ovunque! Voto complessivo 44 su 60.

Belluno. Speravo che salendo a Belluno potessi trovare delle ciclabili degne di nota e invece sono rimasto deluso dalla loro scarsa presenza. Eccetto in entrata e in qualcosa di sconnesso in uscita non ho trovato percorsi meritevoli. Sarà che forse Vaia ha distrutto anche queste, ma da un capoluogo di montagna mi aspettavo di meglio, per cui a PC voto 4. Preciso anche che la situazione è totalmente diversa in altri comuni della provincia. Sebbene a Belluno non ci siano case dell’acqua, l’acqua potabile risulta essere una delle migliori d’Italia e quindi ho dato voto 5. Anche se è buona, un controllo tramite casa dell’acqua è decisamente meglio! A RCE ho dato 8: 6 colonnine per 35 mila abitanti è un buon risultato. A SV ho dato 8: ho trovato diverse aree verdi e ben curate, dove si respira un aria salubre, e sicuramente la cornice in cui la città è immersa, le da un vantaggio in più. A CCA ho dato 8 poiché è presente in maniera ufficiale la raccolta Plastic Free. E infine ho dato voto 10 a DP! Non ho trovato neanche un mozzicone di sigaretta a terra e altra cosa che mi ha colpito è stata la spettacolare gestione dei rifiuti tramite cassonetti a postazione fissa ben distinti. Voto complessivo 43 su 60.

Vicenza. Rispetto alle altre città a Vicenza ho dedicato meno tempo; ma tanto basta per dare un giudizio su ciò che ho visto e appreso. A PC ho dato voto 8: la Riviera Berica è un ottima attrattiva, e anche se le ciclabili in centro erano brevi , le ho trovate ben segnalate e accurate e la viabilità non è complicata. A CDA ho dato 10: Vicenza ha ben 7 case dell’acqua, forse complice il disastro causato da PFAS. A RCE ho dato voto 9 poiché hanno 14 punti di erogazione e per ora, ma solo nel breve termine, possono bastare.  A SV ho dato 7 poiché ho potuto vedere diverse aree verdi ed ampie, o strade ben alberate. A CCA ho dato 8 poiché hanno la raccolta plastic free ufficiale. A DP ho dato appena 6, complice il fatto che al mio arrivo ho trovato i disastri della tempesta appena passata sulle strade. Aldilà di questo ho trovato ambienti molto bui e privi di illuminazione. Voto complessivo 48 su 60.

Verona. Sono entrato da Verona Ovest e precisamente al quartiere Santa Lucia. Su quel cavalcavia ho trovato di tutto a terra. A DP infatti ho dato 4: ho trovato altri spazi imbrattati o trascurati, e anche odori spiacevoli in alcune vie. Altri spazi potrebbero essere rivalutati meglio. A CDA ho dato 0! Verona necessita di un servizio di erogazione dell’acqua al pubblico ed è una grave mancanza per questa città! A PC ho dato 8 : ci sono diverse ciclabili che portano ed escono da Verona e in centro anche la viabilità è buona e segnalata. A RCE ho dato 10 poiché Verona ha ben 16 punti di erogazione: in proporzione alla popolazione va fin troppo bene! A SV ho dato 8: nel lungo Adige ci sono varie aree verdi dove ci si può rilassare, e ci sono altri parchi all’interno del centro oltre al parco di Piazza Brà. A CCA ho dato infine 8, poiché anche qui c’è la raccolta convenzionata Plastic Free. Voto complessivo 38 su 60.

Ed ecco la classifica finale in tabella

CLASSIFICA CITTA’VOTO DI SOSTENIBILITA’
VICENZA48
TREVISO44
PADOVA E BELLUNO43
VENEZIA42
VERONA38
ROVIGO35

Come avete capito questo è risultato della mia esperienza personale ed è facile comprendere che nel giro di un anno le cose possano cambiare, e mi auguro che tante città migliorino quelle infrastrutture che permettono un accelerazione della transazione ecologica.  Di seguito lascio in allegato il documento “Veneto Tour” con cui ho valutato altri 21 comuni all’interno delle 7 province del Veneto con lo stesso sistema. I comuni in tabella sono: Legnago, Valeggio Sul Mincio, Lazise, Bosco Chiesanuova, Arzignano, Marostica, Bassano del Grappa, Valdobbiadene, Conegliano, Feltre, Agordo, Cortina d’Ampezzo, Auronzo di Cadore, Jesolo, Marghera, Codevigo, Chioggia, Porto Tolle, Adria, Lendinara, Badia Polesine.

In conclusione posso dire che la Regione Veneto ha ancora molto da fare proprio per quello che ha da offrire: ricordo che il Veneto possiede tanta arte, storia, molti siti Patrimonio dell’Unesco e un grande patrimonio idrologico e per questo motivo ritengo che debba allinearsi al meglio con la transizione ecologica.

Voi che ne pensate? Siete d’accordo? Fatemelo sapere! Seguitemi su Facebook, Instagram e iscrivetevi al mio canale di YouTube! E mi raccomando, mettete like, commentante e condividete.

IL MIO PROGETTO

https://youtu.be/tJl2DlHisXw

Troppo avanti per essere vero!

Oggi farò un piccolo riassunto di ciò che ho realizzato nei mesi precedenti nel proseguimento del mio progetto per eliminare la plastica. Non darò spiegazioni specifiche di che cosa voglio fare per tutelare la mia idea e vi chiedo di accettare le informazioni generiche che vi darò.

Sono partito a maggio non sapendo praticamente nulla di come Instagram funzionasse: hashtag , stories, pubblicazioni, applicazioni grafiche o programmi di editing. All’inizio mi sono fatto aiutare parecchio su queste abilità da un paio di persone: ringrazio infatti Giovanni Buoso, Marco Seghetto e Michele Cavatton per il supporto e aiuto che mi hanno dato e che puntualmente sono disponibili a darmi una mano nel caso ne avessi bisogno! Andando avanti ho imparato a fare da solo e ormai sono autonomo da mesi per quanto riguarda la gestione del mio blog e tutto quello che ne consegue! Vi dirò che è una sfida a volte molto impegnativa che richiede tempo, costanza ed energie.

Nonostante tutto io sia ad un livello amatoriale in un mondo di professionisti grafici , ho ricevuto, con piacere, delle richieste e proposte di collaborazione da 4 persone. Tre di queste persone erano interessati a sapere di più del mio progetto e  con 2 ho scambiato volentieri informazioni utili per direzionarmi meglio in un mondo ( quello dell’acqua) che in Italia è appena all’inizio. Alla fine ho trovato quello che cercavo: ci sono un paio di aziende in Italia che hanno a che fare con progetti inerenti l’acqua plastic-free. Hanno creato qualcosa di simile a ciò che più di un anno fa ho pensato ma non esattamente come la vorrei io.

Mentre facevo le varie pubblicazioni, ho portato avanti una ricerca più approfondita sul mercato dell’acqua del vending, e sui soft drink per comprendere le dinamiche interne e quando sarà possibile arrivare a quello che ho in mente. Attualmente, a causa  del Covid-19, tante cose sono ferme e fanno fatica a decollare, e quindi la mia idea è anacronistica per quello che stiamo vivendo e molto semplicemente devo aspettare condizioni migliori dell’economia affinché la mia idea, non solo possa prendere piede, ma anche diventi una necessità di mercato. Sono comunque ben contento di accettare altre proposte di collaborazione o di valutare altre richieste.

Ovviamente non ho intenzione di rimanere con le mani in mano e aspettare la fine della pandemia e la ripresa dell’economia; quindi ho deciso di affrontare il problema della plastica con tutti i mezzi che conosco e che ho in mano. Quindi il mio obiettivo sarà di aiutare persone, famiglie, aziende, scuole e comuni a liberarsi delle bottiglie di plastica. Sarò per voi il vostro consulente per l’acqua plastic-free.

Questo significa che le mie pubblicazioni saranno meno frequenti, ma condividerò con voi le mie vittorie senza plastica, e occasionalmente qualche articolo per darvi ulteriori informazioni.

Sperando che la cosa sia gradita potete contare sul mio aiuto, e fin da subito voglio offrire una consulenza gratuita a tutti coloro che desiderano eliminare le bottiglie di plastica dalla loro vita. Quindi non esitate a contattarmi! Insieme possiamo trovare una soluzione idonea alle vostre necessità; insieme possiamo affrontare questa guerra alla plastica e vincere! Sono qui per questo!

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PERDITE IDRICHE

10 CONSIGLI PER NON SPRECARE L’ACQUA

Parlando di impronta idrica è impossibile non parlare delle perdite ad esse associate. Quindi in questo articolo spiegherò brevemente com’è la situazione in Italia e cosa tutti noi possiamo fare per contribuire a preservare una risorsa così preziosa.

I dati del 2020 sono i seguenti e sono ripresi dal Sole 24 ore: annualmente in Italia vengono distribuiti 9,5 miliardi di metri cubi d’acqua che corrispondono a 428 L al giorno per ogni italiano; di questi 428 solo 220 vengono effettivamente usati mentre il resto (quindi complessivamente il 47,9%) dei 208 L vengono dispersi nella reta idrica. Quindi per farla semplice quasi la metà dell’acqua utilizzata in Italia viene sprecata e questo di sicuro non ci fa onore. Il motivo principale di tale perdita è causato dall’inadeguatezza della rete idrica e fognaria. Le regioni del Centro e del Sud Italia sono quelle che riscontrano più problemi e di conseguenza sono i primi ad avere difficoltà all’approvvigionamento regolare dell’acqua; ciò significa che c’è ancora molto lavoro da fare da parte dei gestori idrici e delle amministrazioni comunali e regionali.

Una possibile conseguenza di una scarsa gestione delle risorse idriche lascia spazio al mercato privato che prenderebbe il diritto di far pagare al prezzo da loro stabilito i metri cubi richiesti per tutti i nostri usi con conseguenze dirette sul mercato agroalimentare, come è successo in Australia.

Possiamo al momento solo sperare e, nel contempo far sentire la nostra voce affinché chi dovrà fare questo lavoro di risanamento idrico lo possa fare come si deve. Nel frattempo, ecco 10 consigli che tutti, io compreso, bene o male dovremo imparare per non sprecare l’acqua in previsione futura di scarsità idrica.

  1. Quando vi lavate i denti con lo spazzolino o quando vi insaponate le mani chiudete il rubinetto! Se questo disorienta troppo velocemente le vostre abitudini iniziate con erogare meno acqua del rubinetto in queste due azioni di igiene personale. So di averlo già detto nell’articolo precedente, ma repitata iuvant.
  2. Preferite fare la doccia anziché il bagno? Fate bene! Fare la doccia, e quindi utilizzare il soffione del box doccia, è molto meno dispendioso rispetto all’utilizzo della vasca, per quanto quest’ultima possa essere molto più rilassante.
  3. Usate lo sciacquone del water con parsimonia: non sto dicendo che dovreste utilizzare la regola che trovate nei rifugi di montagna del tipo “ se è gialla rimane a galla, se è marrone tiro lo sciacquone”; ma vi sarete tutti accorti che per bisogni fisiologici semplici serve molta meno acqua di quella che viene scaricata, quindi vi basterà premere con più delicatezza il tasto dello sciacquone per sprecarne meno!
  4. Lavate i piatti preferibilmente in questo modo: utilizzate a pieno regime la lavastoviglie con funzionalità “Eco” e senza fare il risciacquo delle stoviglie. Nel caso non abbiate lavastoviglie o la funzione “Eco”, riempite il lavello con acqua calda, detergente e stoviglie, anziché usare il getto continuo.
  5. Usare al meglio la portata di carico della vostra lavatrice: lavare molti indumenti in unico ciclo di lavaggio anziché mettere nel cestello due tre capi. In caso di tessuti particolari (lana, seta ecc…) aspettate di raccoglierne di più e di uguali anziché farli lavare praticamente da soli.
  6. Annaffiare il giardino o il prato alla sera e al mattino. In questo modo l’acqua è meno esposta all’evaporazione dovuta al sole e si permette di mantenere più a lungo il terreno umido.
  7. Fate fare il controllo periodico della caldaia. Solitamente una volta all’anno le caldaie necessitano di una manutenzione, ma ad ogni modo fare una volta in più vi garantirebbe una migliore efficienza idrica e un risparmio energetico per la bolletta di casa.
  8. Assicuratevi di avere su tutti i rubinetti il frangi-getto o l’areatore. Sono dei reticolati molto sottili che vengono installati all’ugello finale del rubinetto. Essi permettono di miscelare l’acqua con l’aria e di garantire un flusso d’acqua regolare ottimizzandone il consumo. Quando vedete che dal vostro rubinetto inizia ad uscire meno acqua del solito, oppure sentite un odore sgradevole, oppure ancora sgocciola nonostante sia chiuso, molto probabilmente è necessario sostituire gli areatori. Costano al massimo 2€ e sono facilissimi da cambiare: chiunque, o con la mano o con una pinza è in grado di svitare il vecchio areatore e sostituirlo con quello nuovo. Insomma per questa azione non serve l’idraulico e contribuirete all’ambiente.
  9.  Non sprecare cibo. Come avete capito dal precedente articolo ogni cosa che mangiamo ha una quantità intrinseca di acqua (l’impronta idrica) e quindi quando buttate via il cibo inevitabilmente sprecate acqua. Si potrebbe parlarne per mesi su questo tema, ma mi limito a dare una soluzione molto semplice ed efficace per ridurre gli sprechi di cibo: fate la lista scritta della spesa prima di andare al supermercato e attenetevi esclusivamente ad essa!
  10. È un’idea tanto semplice, quanto geniale: raccogliete l’acqua piovana! Se avete un bel secchio da sfruttare, mettetelo sotto la pioggia per riempirlo e poi usarlo nei seguenti modi: lavate la macchina o qualsiasi altro oggetto, oppure annaffiate le piante. Unica raccomandazione: non bevetela, non è potabile!

Ovviamente non ho la pretesa che tutti d’ora in avanti prendano tutte queste decisioni, anche perché le dico a voi ma nello stesso tempo a me, ma scegliendone almeno una darete un contributo prezioso per la salvaguardia dell’ambiente, perché ricordate che è più facile ottenere 1 da 100 che 100 da 1! Quindi insieme, ognuno nel suo piccolo, possiamo fare la differenza!

Di tutti questi consigli probabilmente ce ne sono tanti altri che non ho elencato e quindi potete benissimo scrivermeli voi nei commenti! Ricordatevi di iscrivervi al mio canale di YouTube! Mettete like, condividete, e seguitemi su Facebook e su Instagram. Ciao a tutti!!!

L’INQUINAMENTO DIRETTO DELLE ACQUE

ORRORI ED ERRORI UMANI SUL CICLO IDROLOGICO

https://youtu.be/q9kRqJe4DGI

Nell’ultimo articolo ho spiegato 4 conseguenze dei gas serra sul ciclo idrologico ovvero risposte naturali alle nostre azioni, e quindi, sono causate dall’inquinamento indiretto dell’uomo.

In questo articolo desidero mettere a fuoco le azioni umane che, invece, agiscono direttamente sull’inquinamento del ciclo idrologico e le conseguenze immediate. Se ne potrebbero elencare un’infinità, ma ne elenco 4, ossia le più pertinenti al tema dell’acqua.

  1. Scarti industriali. Prevalentemente in forma liquida e possono andare ad inquinare direttamente per errore umano non solo i fiumi ma anche le falde acquifere del ciclo idrologico. Cito il tristissimo esempio, che mi riguarda personalmente, dell’inquinamento da PFAS (sostanze idrofobe usate nella conceria delle pelli e nelle pentole anti-aderenti): le aziende a monte di una falda acquifera nel vicentino hanno riversato nel sottosuolo quantità talmente elevate di PFAS da creare un disastro ambientale. Sono migliaia le persone in Veneto che hanno nel sangue quantitativi sopra lo standard di Legge (5nm per litro) e per qualcuno ci sono state varie ripercussioni sulla salute. Questa sostanza è finita ovviamente nella nostra filiera di alimentazione, nelle coltivazioni e negli allevamenti locali. A peggiorare la situazione è il riciclo naturale delle acque sotterranee che, se ricordate, hanno una velocità di movimento molto inferiore rispetto a tutto il ciclo idrologico e per questo il risanamento della falda richiede moltissimi anni. Al problema del PFAS vi ricordo che la soluzione (almeno per l’acqua) è un depuratore e vi invito a rivedere il seguente articolo: https://www.dalmarbozzo.com/2020/07/04/vuoi-migliorare-la-qualita-della-tua-acqua-potabile/  .
  2. Il prelevamento delle acque sotterrane. Se ricordate bene nell’articolo in cui spiego la differenza tra acqua potabile e minerale (https://www.dalmarbozzo.com/2020/06/20/ti-fidi-dellacqua-che-bevi/), quelle minerali possono essere sia di fonte sorgiva (cioè fuoriuscite naturalmente da un terreno) che di fonte sotterranea (prelevate da falde acquifere). Quando si prelevano dalle falde troppi metri cubi di acqua al secondo tramite pompe idrauliche e senza studiarne l’effettiva capacità e portata, c’è il grave rischio di ridurre notevolmente la superficie stessa della falda, poiché l’avvallamento creato dal sistema di pompaggio si deprime sempre di più fino al collasso della stessa. Qui l’uomo va ad influire direttamente sul bilancio idrico locale del ciclo dell’acqua, rallentando ulteriormente, o addirittura eliminando, gli spostamenti d’acqua sotterranei.
  3. Una delle cose più brutte e disastrose che possono accadere in mare è l’inquinamento per la perdita di petrolio. Premetto che non è mia intenzione fare la morale su se sia giusto o sbagliato estrarlo; voglio concentrarmi, invece, sugli effetti che l’oro nero causa una volta riversato nei nostri mari. Il petrolio è la morte nera di un interno ecosistema locale: a contatto con l’acqua del mare crea una pellicola impermeabile all’ossigeno che soffoca letteralmente la vita marina sottostante impedendone lo scambio tra fauna e superficie. Se poi gli animali ci entrano a contatto diretto si innescano una serie infinita di problematiche di salute, riducendo drasticamente la loro capacità di sopravvivenza. L’acqua, seppure è il miglior solvente in assoluto, con una presenza massiccia di petrolio, non ha abbastanza velocità depurativa da smaltirne gli effetti e quindi in queste circostanze si richiede l’intervento di altre risorse (sia economiche che umane) per tamponare il problema, che a volte può durare per mesi. Purtroppo si stima che ci siano perdite di petrolio annue intorno ai 4 milioni di tonnellate.
  4. Inquinamento plastico. Come ho già spiegato ci sono vari tipi plastiche e in questo caso conviene semplicemente distinguerle tra quelle che galleggiano o meno. Quelle che galleggiano diventano una base fertile per le alghe: la fotosintesi, processo vitale delle alghe, è uno scambio energetico tra clorofilla (contenuta nei sali minerali marini) e luce solare ma essa avviene maggiormente su superficie solide. Quindi la presenza di plastiche galleggianti in mare diventa l’ambiente ideale per la creazione di alghe che comporta da una parte un miglior assorbimento dell’anidride carbonica ma dall’altro comporta un maggior consumo di ossigeno e quindi un impoverimento di specie marine. La plastica che non galleggia, ha maggior possibilità di diventare una serie di trappole micidiali per gli abitanti dei fondali: non solo perché fungono da vere e proprie restrizioni fisiche impedendone la libertà di movimento, come possiamo vedere in numerose immagini strazianti, ma anche perché hanno la particolarità di disgregarsi in microplastiche che vengono facilmente ingerite dai pesci interferendo quindi con le loro funzioni vitali; se poi la fauna ittica inquinati da microplastiche viene pescata, finisce tragicamente nei nostri stomaci e buon appetito a tutti!

Come avete capito la scarsa gestione dei rifiuti umani spesso può portare ad un grave inquinamento delle acque. Se le aziende e i Governi non danno indicazioni più trasparenti o non comunicano in modo più efficace con i consumatori su come smaltire i rifiuti, è probabile che a pagarne il prezzo, in tempi brevi, sia l’ambiente: un consumatore se non comprende dove gettare il rifiuto è probabile che lo smaltisca in modo scorretto e in quel momento è molto più facile che possa raggiungere corsi d’acqua, prima e, da ultimo, viaggiando tramite le correnti marine a distanza di chilometri dal punto di partenza, i mari. Una conseguenza evidente è, ad esempio, l’isola dei rifiuti (The Trash Island) a largo del Pacifico: si stima che abbia un’estensione minima di 700.000 kmq per un totale di 3 milioni di tonnellate di plastica.

Questo mio secondo intervento sul tema del ciclo idrologico ha lo scopo di rendervi più consapevoli delle vostre azioni e di sensibilizzare l’importanza del sistema idrico della Terra: comprendere il suo delicato equilibrio significa fare scelte eco-friendly e salvaguardare l’ambiente!

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IL CICLO IDROLOGICO

Emissioni di CO2 e cambiamento climatico.

Nell’ultimo articolo ho parlato di frigo-gasatori per indurre le persone che amano l’acqua fredda e gassata ad abbandonare gli acquisti in bottiglia di plastica. Oggi, invece vorrei porre attenzione su un argomento che si distacca molto dall’ultimo trattato. Voglio spiegare come funziona il ciclo idrologico, e quali comportamenti umani l’hanno modificato maggiormente, in particolare analizzerò una serie di eventi a catena che hanno portato al cambiamento climatico che stiamo vivendo.

Partiamo dalla definizione: cos’è il ciclo idrologico? E’ il trasporto e la distribuzione naturale dell’acqua tramite processi di evaporazione (vapore acqueo), condensazione (precipitazioni e fenomeni atmosferici) e sublimazione (ghiaccio che si trasforma in vapore) ed esso, in media ogni 3000 anni sposta una massa equivalente a tutti gli oceani del pianeta. Questo ciclo permette di godere delle varie situazioni meteorologiche nel mondo, di influenzare le correnti marine, quindi di determinare le stagioni, e di influenzare le masse d’aria in atmosfera, nonché i venti.

Come funziona? Il ciclo idrologico è messo in moto dal sole, che provoca l’evaporazione dell’acqua liquida presente sui continenti, in particolare quella proveniente dalle piante, prende il nome di traspirazione. Il vapore acqueo, una volta salito in atmosfera, dove la temperatura diminuisce e dove ci sono grandi spostamenti d’aria, tende a condensarsi fino al punto di rugiada, ovvero quel momento dove la saturazione di acqua è tale per cui non possa più rimanere allo stato gassoso, e quindi l’acqua precipita sotto forma di fenomeni atmosferici su tutta la superficie terrestre con diverse concentrazioni e frequenze. Alcune di queste precipitazioni cadono ai poli e in alta montagna e contribuiscono alla formazione dei ghiacciai indispensabili per l’approvvigionamento umano. Il bilancio complessivo del ciclo è nullo: cioè non c’è perdita o aggiunta di quantità d’acqua. Esso è diverso dal bilancio reale poiché, quest’ultimo, consiste nel tenere in considerazione una determinata località: infatti le acque del sottosuolo, dei fondali marini e dei ghiacciai hanno una velocità di inserimento nel ciclo molto ridotta e possono quindi esserci quantità d’acqua differenti.

Che cosa è cambiato del ciclo idrologico? Quali sono le conseguenze o le reazioni a catena che si susseguono? Essendo un sistema circolare ne basta alterare inconsapevolmente uno per cambiare tutto il resto. La traspirazione e l’evaporazione sono tra i fattori maggiormente coinvolti. Ci sono alcuni elementi che caratterizzano il cambiamento del ciclo idrologico e come conseguenza quello climatico. In questo articolo mi concentro sulle emissioni di gas serra, come ad esempio il CO2; esse fanno rimbalzare maggiormente la luce solare nell’atmosfera e comportano diverse conseguenze. Ne elenco 4.

1. Le emissioni di gas serra fanno aumentare il calore in atmosfera; esso fa aumentare evaporazione e traspirazione rendendo così più difficile raggiungere il punto di rugiada, di conseguenza la natura per bilanciare questo squilibrio ricorre ad uno stratagemma: al diminuire della frequenza aumenta la concentrazione e ciò comporta pochi eventi atmosferici ma di grande portata. I monsoni ,ad esempio, sono fenomeni tipici dell’Asia meridionale e sono un ottimo indice del bilancio idrico locale e spiegano bene questo equilibrio. Per ben 8-9 mesi le precipitazioni sono scarse, poi tra giugno e settembre, accade l’incredibile: la temperatura dell’Oceano Indiano risulta minore rispetto a quella del continente e ciò crea un’evaporazione da entrambe le parti ma con temperature differenti. Il risultato è che masse d’aria umida di differente temperatura, che vengono racchiuse dalla catena montuosa dell’Himalaya, si scontrano e creano periodi ad alta intensità di pioggia. Eventi atmosferici simili si stanno verificando in alcune parti del Mondo dove risultano inusuali, abbondanti, e con una frequenza elevata a causa dello squilibrio creato dai gas serra.

2. Aumenta la temperatura dei mari con conseguenze disastrose: per prima cosa viene alimentata la conseguenza sopracitata, ma cosa più preoccupante: un’acqua più calda comporta un maggiore discioglimento dei sali che per le creature marine che abitano in superficie significa avere meno nutrienti disponibili rispetto alle acque fredde e salate. Ciò innesca, quindi, un effetto domino ineluttabile che termina con la riduzione della biodiversità marina. Questo avviene non solo nei nostri mari ma anche ai poli modificando le correnti oceaniche: acque meno fredde e salate alterano i vari strati di densità dei fondali marini e di conseguenza la direzione e la velocità delle correnti modificando le naturali stagioni, e creando maggiori possibilità di cicloni ed uragani.

3. L’anidride carbonica in eccesso che si scioglie in acqua crea l’acido carbonico e incide direttamente sul plancton che è la base della catena alimentare della vita oceanica: il plancton, in presenza di acqua acida (quindi con più CO2), necessita di maggior energia per la calcificazione e i processi vitali e ciò conduce ad un inesorabile indebolimento di questa importantissima forma di vita. Allo stesso modo del plancton, il corallo ha minor possibilità di crescere e quindi di ospitare un numero minore di specie animali, e le barriere coralline ospitano un terzo di tutta la biodiversità marina. La conseguenza inevitabile è una riduzione notevole del mercato ittico e nei prossimi anni il prezzo del pesce sarà destinato a crescere sempre di più e ad essere considerato un bene di lusso.

4. L’aumento di temperatura accelera lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari e le conseguenze sono le più disparate: innalzamento del livello del mare (acqua alta a Venezia), aumento dei volumi dei corsi d’acqua e quindi esondazioni più frequenti dei fiumi (ci è mancato poche che l’Adige esondasse a Egna), riduzione del territorio (il rifugio sulla Marmolada non è più accessibile), estinzione delle specie (orsi polari fortemente a rischio).   

I gas serra rovinano il ciclo dell’acqua, nonché il ciclo della vita, e per rammentarvi l’importanza e la bellezza dell’acqua vi rimando a questo link https://www.dalmarbozzo.com/2020/06/13/4-cose-che-assolutamente-non-puoi-non-sapere-sullacqua/.

Concludo con un pensiero personale. Ho compreso il tema del cambiamento climatico attraverso gli studi fatti sull’acqua che mi hanno dato una prova concreta e scientifica di ciò che sta accadendo. Il motore del nostro pianeta blu è l’acqua e non si può non considerarla. L’abbiamo forse dimenticato o dato per scontato e ora ne stiamo pagando le conseguenze. Il cambiamento climatico è reale e purtroppo siamo tutti responsabili delle vittime e dei disastri che procura. È giunto il momento di fare un ammissione di colpa e, in maniera responsabile, dire “è anche colpa mia!”, e infine avviare dei comportamenti più eco-sostenibili.

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PLASTIC TAX

L’inevitabile tassazione sulla plastica.

Nei precedenti articoli ho mostrato più volte svariate soluzioni alternative all’utilizzo della plastica. Se il messaggio non fosse chiaro ve lo ripeto: ho intenzione di eliminare le bottiglie di plastica!!! Quindi ecco qui un’altra motivazione per ridurre il consumo di plastica monouso.

Parliamo di PLASTIC TAX. Premetto che, non è mia intenzione fare un intervento a sfondo politico, anche se è un tema che riguarda principalmente la politica. Spiegherò infatti che cos’è questa tassa, perché è nata questa proposta di legge, quali sono le possibili conseguenze e il mio personalissimo punto di vista che è ben lontano dal fare politica!

Che cosa ‘è! La plastic tax è nata dopo un confronto in Commissione Europea nel gennaio 2018 dove è emerso che soltanto il 20% dei rifiuti di plastica monouso veniva riciclato e il restante andava a inquinare l’ambiente, per lo più i nostri mari. Vi ricordate la tassazione di 5 centesimi sui sacchetti di plastica nel 2017, dove stava quasi nascendo una rivolta per l’aumento del prezzo? Ecco in quel caso , tantissime persone non furono contente, ma il risultato fu eccellente e si è visto ridurre drasticamente l’acquisto di buste di plastica. La plastic tax, allo stesso modo, ha lo scopo di: 1) scoraggiare i consumatori all’acquisto di plastiche usa e getta, 2) ridurre in maniera indiretta l’impronta al carbonio, e 3) stimolare i cittadini e le aziende ad applicare comportamenti virtuosi per il corretto smaltimento dei rifiuti.

La plastic tax in Europa. L’iter di questa proposta di Legge è stata uno dei più rapidi nella storia della Commissione Europea, poiché la stragrande maggioranza era favorevole, anche se – a ragion del vero –  sicuramente le manifestazioni di FridayForFuture in tantissime piazze del mondo hanno reso urgente il tema.

La Legge, infatti, è stata approvata il 5 giugno 2019, appena dopo 3 mesi dalla prima manifestazione globale tenutasi il 15 marzo 2019; essa prevede la tassazione di 0,80 € per ogni kg di plastica prodotta che poi verrà intercalata in base alla singola situazione di ogni Paese. È così arrivata ad essere una norma estesa a tutti i membri dell’UE e l’unica cosa certa è che a partire dal 1° gennaio 2021 sarà obbligatoria per tutti.

La plastic tax in Italia. Come qualsiasi tassa anche questa ha creato dibattiti accesi fin dall’inizio, poiché da una parte si vuole stimolare un’economia ecosostenibile e dall’altra si va ad intaccare un settore imprenditoriale che in Italia, e per lo più in Emilia Romagna, dà lavoro a tantissime persone. Quindi a fine anno 2019 si è giunti ad un compromesso dove la tassazione è arrivata a 0,45€ al kg. La plastic tax ha preso  il nome di MACSI cioè imposta sui MAnufatti di Consumo di Singolo Impiego.

 Quali prodotti plastici rientrano nel MACSI dunque? Tutti quei prodotti volti al contenimento o alla protezione di alimenti, in questa categoria rientra, per esempio, anche il Tetrapack; sono invece esclusi quei prodotti con una composizione inferiore al 40% di plastica, nonché quelli riciclati o semi-compostabili, e gli imballaggi dei medicinali. Per permettere alle aziende di ridurre la quantità di plastica e quindi di fare una manovra di conversione, è stata aggiunta alla Legge un credito di imposta del 10% per quelle industrie che nel 2020 attueranno comportamenti virtuosi, cioè quelli volti all’attenzione per l’ecosistema. Il Covid-19 ha fatto slittare l’avanzamento della proposta di Legge e, contemporaneamente ha fatto incrementare la domanda di materie plastiche monouso in nome dell’igiene personale, e ha lasciato più tempo alle aziende del settore plastico di riorganizzarsi. Insomma da un lato bene per l’industria, dall’altro male per l’ambiente. Se la situazione Covid-19 migliorerà ci saranno ulteriori sviluppi a riguardo, per ora è rimasto un argomento sospeso e messo in secondo piano.

Conseguenze. Quali sono le conseguenze ti tale tassazione? Non c’è uno scenario certo, però in alcuni Paesi europei, dove la tassa è già stata applicata da 2/3 anni, si è visto un drastico calo dei consumi plastici e la conseguente riduzione del settore industriale dei polimeri. Le aziende italiane, soprattutto dopo il Covid, non hanno, in alcun modo, intenzione di assorbire la tassa e quindi per loro l’unica decisione da prendere è di scaricare l’imposta sul consumatore finale che pagherà a prezzo maggiore la plastica monouso.

Vi ricordo che, come ho già detto, produrre plastica richiede, tantissime risorse che non sono più sostenibili (vedi il petrolio che è destinato al finire al 100% nei prossimi 43 anni); che la plastica è uno dei maggiori responsabili dei cambiamenti climatici, a causa dell’inquinamento marino.

Considerando questi aspetti, la mia personalissima opinione è la seguente: la tassa sulla plastica è una medicina amara che va presa senza tante storie, e che vi piaccia o meno, sarà prima o poi inevitabile. C’è anche da considerare che la tecnologia e le soluzioni ecologiche sono in continua crescita ed è solo una questione di tempo prima che si trovi una alternativa definitiva alla plastica, e le aziende produttrici dei polimeri potranno soltanto o adeguarsi o estinguersi. Mi auspico ovviamente che la Legge passi e che abbia un effetto positivo per la riduzione delle emissioni di CO2.

Mi sento, infine, di darvi un consiglio se non volete subire questa tassazione: adoperatevi quanto prima a fare un cambiamento in termini di consumi plastici, e dato che l’acqua è la mia materia, vi consiglio di rivedere questi articoli che possono aiutarvi a eliminare l’acquisto delle bottiglie di plastica.

Basta plastica! Scegliete le alternative già disponibili!

Come sempre, se avete trovato utile l’articolo, o se è stato di vostro gradimento mettete like, condividete, iscrivetevi al mio canale YouTube e seguitemi su Instagram e Facebook. Ciao a tutti!

BORRACCE

La scelta giusta

La volta scorsa ho dato delle informazioni generiche sulla borraccia, senza entrare nei particolari; questa volta darò informazioni più specifiche su come scegliere la borraccia.

Se avete deciso di ridurre l’impatto ambientale, in particolare del PET, con l’acquisto di una o più borracce… Fantastico! Avete il mio apprezzamento! Desidero aiutarvi nella scelta d’acquisto per non farvi abbindolare dal basso prezzo o dai colori sgargianti e accattivanti. Ecco qui delle indicazioni su come scegliere la borraccia che fa al caso vostro.

Quanta acqua vi serve? In un precedente articolo ho spiegato l’importanza dell’idratazione, insieme alla dottoressa Chiara Andreella, che necessitiamo, in media ed in linea generica, di 2,5 L al giorno. Vi sembrerà scontato quello che vi dirò, ma siamo talmente presi dalla routine quotidiana che tanti di noi non si idratano a sufficienza, e quindi un consiglio, relativo all’acquisto, per contrastare questa carenza è di  scegliere la capacità di volume della borraccia in base a quanto rimanete fuori casa. Ad esempio, se state fuori casa almeno 8-10 ore al giorno allora una borraccia da 600 ml / 1000 ml è la scelta che fa per voi; se invece state fuori casa tutto il giorno è bene attrezzarvi con due o più borracce sempre dello stesso volume. Se avete esigenze di diverso volume non preoccupatevi, potrete trovare il target che fa al vostro caso perché ce ne sono davvero tanti.

Qual è il contesto in cui andrete a bere fuori casa? Si tratta di stare al lavoro, in ufficio, oppure fuori a fare attività fisica? Le borracce con chiusura ad avvitamento solitamente sono indicate per qualsiasi attività poco o per niente movimentate, come ad esempio lavoro in ufficio; al contrario, le borracce con chiusura push and pull sono ideali per l’attività fisica perché pratiche da prendere con una sola mano e apribili con la bocca.

Semplice o termica ed isolante? Una borraccia semplice non ha alcune protezione da caldo o freddo e nemmeno può trattenere la temperatura del liquido in essa contenuto. Invece, se è termica, la borraccia è costruita da due strati (come se al suo interno ce ne fosse un’altra) e in questo modo è possibile ridurre notevolmente l’escursione termica mantenendo quasi inalterata la temperatura del liquido. Se, ad esempio, non volete l’acqua fredda o calda allora una borraccia semplice fa per voi, ma se invece volete mettervi all’interno o un the caldo o freddo e mantenere quella temperatura allora scegliete quella termica-isolante per potervi godere le giornate all’aperto.

Quale materiale scegliere? La volta scorsa ho affermato che è importantissimo sapere con quale materiale è fatta la borraccia ed ecco i dettagli dei 4 materiali più usati per la produzione di borracce.

Plastica. Le borracce in plastica a basso costo hanno tutte le qualità e i pregi che ho elencato in un precedente articolo. Lo ripeto: le bottiglie in PET sono monouso e non vanno riutilizzate nemmeno come borracce. Le borracce in plastica hanno tutta una serie di controindicazioni che possono alterare le proprietà organolettiche della bevanda. Ma c’è anche una plastica molto valida chiamata TRITAN che è un polimero estremamente sicuro dal punto di vista sanitario poiché è privo dei BPA, compatto, leggero, resistente e trasparente, si può lavare in lavastoviglie senza modificare le sue caratteristiche chimiche. La mia borraccia è in Tritan BPA FREE.

Alluminio. Le borracce in alluminio hanno il vantaggio di essere molto leggere, ma sono facilmente sensibili agli urti e ossidabili dai vari liquidi con cui entrano in contatto. L’ossidazione dell’alluminio può provocare diversi disturbi di salute che non elenco per brevità. Per rimediare a questo possibile problema hanno pensato bene di inserire un rivestimento interno in ceramica che mantiene inalterate le proprietà del liquido. In queste borracce però è sconsigliato inserire liquidi come latte, olio e bevande acide.

Acciaio. Le borracce in acciaio sono spesso inossidabili e ultimamente sono le più quotate perché l’acciaio non rilascia sostanze che possono alterare sapore e odori del liquido contenuto e difficilmente sono soggette alla proliferazione di batteri. Il loro difetto principale è il peso.

Vetro. Le borracce in vetro, seppur hanno il vantaggio di essere inerti dal punto di vista chimico a contatto con i liquidi, sono vendute in quantità minore perché corrono il rischio principalmente di rompersi e quindi per la fragilità sono le meno scelte.

Queste sono le indicazioni che mi sento di dare per fare un buon acquisto di una borraccia. Ovviamente non vi condannerò se ne sceglierete una di scarsa qualità perché contribuirete comunque a ridurre l’impatto ambientale. Sono convinto però che per aver una borraccia di qualità bisogna spendere minimo 15€.

Spero che questo articolo vi sia stato utile. Ditemi la vostra! Che borraccia usate? Perché? Scrivetemi, seguitemi su Instagram e Facebook e iscrivetevi al mio canale di YouTube.

CANAPA

L’ORO VERDE SNOBBATO

La volta scorsa ho esposto una lista di motivi per non acquistare il PET, ed ho anche affermato che esistono tantissime alternative alla plastica. Oggi, quindi voglio parlare di una di queste alternative: CANAPA.

La maggior parte delle persone, quando si parla di canapa l’ associa allo sballo, alla droga o all’uso ludico-ricreativo, e invece esiste un mondo di risorse incredibili dietro a questa pianta.

Perchè, quindi, la canapa ha, per l’opinione pubblica, un’accezione così negativa? Il motivo principale per cui le persone o le istituzioni hanno poca fiducia in questa pianta risale alla fine degli anni ’60, per la precisione al 1968: proprio come è successo per la bottiglia in plastica, gli americani avevano importato la loro cultura e le loro mode nel nostro Paese, nel bene e nel male; tra queste anche i movimenti hippy del ’68 e tutto il mondo della droga, marijuana inclusa. Ovviamente questo modo di vivere, e in particolare l’aspetto della droga, in Italia non fu accolto bene, ma anzi fu fortemente ostacolato, finendo per ridurre drasticamente gli utilizzi della canapa. La cosa sorprendente è che negli anni ’30 l’Italia era il secondo produttore mondiale di canapa e dava da lavorare a tantissime persone; ma, con l’avvento della guerra, questo settore venne accantonato, fino a scomparire, per lasciar posto all’ industria bellica. Nel dopo guerra le macchine in grado di lavorare la pianta erano veramente poche e il ritorno della canapa nel ’68 come droga non fu d’aiuto alla ripresa, anzi, fu un ultimo duro colpo che portò alla quasi sepoltura del settore della canapa. Inoltre all’epoca si sapeva poco dei contenuti chimici di THC e CBD e sulla possibilità di modificare questi parametri della pianta, cosa che, invece, in questo momento è possibile.

Attualmente in Italia la produzione di canapa non supera i 5-6 mila ettari e non c’è chiarezza in ambito legislativo; o meglio, ci sono delle leggi che possono facilmente essere contraddette o infrante. Le principali condizioni per la coltivazione di canapa sono queste: tenore di THC non superiore a 0,2%; comunicazione alle autorità competenti del luogo di coltivazione con rispettivo consenso; ci deve essere già un’azienda qualificata per la trasformazione della canapa come risorsa (ad esempio Assocanapa a Carmagnola TO).

La canapa, intesa come pianta ad uso industriale, è molto semplice da coltivare infatti ha una velocità di crescita tale da essere definita “auto-diserbante”, cioè cresce più veloce di qualsiasi altro infestante e una volta raccolta lascia il terreno totalmente libero e fertile per una nuova coltura. Si è anche visto che non necessita di grandi quantità d’acqua e si adatta facilmente a molti tipi di terreno fino anche a quote di 1500 metri.

Gli utilizzi con cui la canapa può essere sfruttata come risorsa sono svariati, come anche i settori che coinvolge: in campo medico, in ambito tessile, nell’alimentazione, nell’uso della carta, nei carburanti, nella cosmesi, nel settore edile e anche come plastica. La sua capacità “multi-tasking” la rende preziosa tanto da essere definita “oro verde” poiché con essa si possono creare 25 mila prodotti e sottoprodotti. Ecco alcuni spunti in alcuni di questi settori.

Settore edile. Utilizzando il canapulo, che è una parte di scarto dello stelo della pianta, acqua e calce si può ottenere un materiale edile estremamente versatile in tante dinamiche di costruzione dall’intonaco al bio-mattone. Si è visto che può essere un ottimo isolante termico perché si ottiene una temperatura media costante di 26 gradi sia d’estate che d’inverno riducendo notevolmente i consumi legati alla climatizzazione e quindi assorbe molto bene l’umidità e rende l’ambiente più salubre: una casa costruita con questo materiale comporta, quindi, diversi vantaggi. Altro aspetto interessante di questo materiale è che ha un ottimo impatto ambientale: si stima che una tonnellata di canapa secca possa eliminare 325 kg di CO2 analogamente ai depuratori per l’eliminazione della plastica. Gli edifici fatti con materiali classici hanno invece un impatto maggiore in termini di impronta di carbonio.

Settore plastica. La canapa ha ottime capacità di resistenza ed elasticità che la rendono un ottimo sostituto alla plastica con la differenza sostanziale che la canapa è biodegradabile e compostabile. L’utilizzo più comune, come surrogato della plastica, è nel settore automobilistico: le scocche delle auto sono composte da fibra di canapa e rendono le auto più leggere, resistenti e performanti (Mercedes ad esempio lo fa). La canapa, così impiegata, sta anche vedendo forte interesse nel settore dell’arredamento, nelle stampe 3D e in tantissimi altri settori che desiderano essere “plastic-free”.

Settore energetico. I combustibili detti a bio-massa sono quelli che riescono a sfruttare il potere energetico della sostanza per creare carburanti. I semi di canapa spremuti producono un olio ad alto potere energetico che può essere lavorato fino a creare il bio-diesel che, a parere degli esperti, è in grado di prolungare la vita dei motori rispetto a quelli tradizionali.

Molti di questi utilizzi sono davvero interessanti, sia dal punto di vista economico (in termini anche di business) ma anche dal punto di vista ecologico; ma come potete immaginare ci sono forti interessi di fondo per non considerare la canapa come risorsa preziosa.

In questo articolo il mio intento è di mettere a conoscenza le persone di questa risorsa incompresa, e semmai in Italia si farà chiarezza in termini legislativi sulla canapa industriale ricordatevi che potrete fare la vostra parte per un mondo più ecosostenibile, cercando di promuovere questa pianta non come droga ma come risorsa. La canapa potrebbe un giorno diventare la plastica monouso di cui abbiamo bisogno ed essere utilizzata per il trasporto di acqua e altri liquidi.

Ci sono tanti altri utilizzi che non ho elencato e potete scrivermeli. Quindi, commentate, mettete like, iscrivetevi al mio canale di YouTube e seguitemi su Instagram e Facebook. Ciao a tutti.

Desidero infine ringraziare Marco De Francesco per le conoscenze che mi ha dato sulla canapa:  anni fa, ha fatto un bellissimo tentativo imprenditoriale per cercare di trasformare la canapa in pellet. Lascio qui il link per l’articolo a lui dedicato : https://www.dolcevitaonline.it/pellet-di-canapa-un-caso-di-studio/

Comprendere la plastica

In più appuntamenti precedenti ho accennato diverse volte genericamente all’utilizzo della plastica senza mai entrare nello specifico dell’argomento, quindi oggi tratterò l’argomento plastica spiegando brevemente cos’è, com’è nata, come si crea, quali tipologie esistono, e in che modo è entrata comunemente nelle nostre case come contenitore per acqua.

Anzitutto, la plastica è un materiale creato dall’uomo dalla lavorazione del petrolio. Per produrla è necessario l’utilizzo di acqua, petrolio e metano. Si applica un processo chimico, scoperto nel 1835, chiamato polimerizzazione degli idrocarburi cioè composti da Carbonio e Idrogeno. Tutte le scoperte riguardanti la plastica partono da qui. Dal 1900 in poi è stata una evoluzione innovativa continua,  portando alla nascita del PVC, del moplen, del PET e tutte le altre plastiche. Attualmente le plastiche di dividono in 7 tipi e le descrivo brevemente qui sotto :

1 PET  (Polietilene Teraftalato), plastica monouso, densità maggiore dell’acqua. Esempio di PET: bottiglie di plastica.

2 HDPE/HDP (Polietilene ad alta densità): plastica che galleggia, ritenuta più sicura. Esempio: contenitori dei detersivi.

3 PVC (Cloruro di Polivinile) usata per le vaschette trasparenti per il confezionamento dei cibi.

4. PE-LD (Polietilene a bassa intensità) usato nei bicchieri dei distributori automatici (ne ho visti a migliaia di questi!), galleggia.

5 PP (polipropilene), galleggia ma è difficile da riciclare. Esempio: bacinelle, scolapasta e shaker.

6 PS (polistirolo) usato per imballaggi alimentari e non, facilmente dispersivo.

7 altre plastiche, sono composte da BPA (Bisfenolo A).Questo tipo ti plastica NON è RICICLABILE e dunque è pensato per un uso prolungato.

Di solito troviamo il simbolo del riciclaggio con il numeretto corrispondente o/e le diciture appena citate. Ad esempio io ho una borraccia con simbolo di riciclaggio 7, ma è anche BPA free, cioè non è presente il Bisfenolo A. Per chi non lo sapesse il BPA è una composto organico, che ha diverse controversie in ambito di salute umana: ci sono diversi studi che lo collegano a disturbi dell’apparato endocrino e ormonale. Ho acquistato questa borraccia per tenerla a lungo e evitare altri acquisti usa e getta. Spero che mi duri a lungo!

Guardando questa lista di varie tipologie di plastiche, la bottiglia di plastica è nella maggior parte dei casi PET. Questi numeri che vanno da 1 a 7 corrispondono al tipo di plastica. A volte si possono leggere altri numeri sul fondo della bottiglia e voglio quindi sfatare un mito su questi numeri: essi non corrispondono alla quantità di volte che si può riutilizzare la bottiglia di plastica; infatti ho chiamato un’azienda di acque minerali in bottiglia di plastica per chiedere ulteriori informazioni a riguardo, e mi hanno detto che corrisponde semplicemente ad un numero seriale di produzione. Mi dispiace deludervi nel caso in cui abbiate creduto a questo fatto… l’ho creduto anch’io! Il PET è pensato per il monouso e ora che lo sapete, siete responsabili delle vostre scelte.

Ma vediamo di capire meglio gli aspetti legati alla bottiglia di plastica. In che modo è nato il concetto di acqua in bottiglia? E quando la plastica è entrata come alternativa?

Il primo caso di acqua venduta in bottiglia è stato riscontrato a Boston nel 1760 circa dalla società Jackson’s Spa che promuoveva l’acqua per uso terapeutico. Ovviamente non aveva nulla di terapeutico. Magari come ci viene testimoniato da Saratoga City era soltanto un’acqua minerale. In ogni caso l’idea è nata negli USA e infatti sono tra i più grandi consumatori di acqua in bottiglia come abbiamo già visto in un precedente articolo.

Come è nata la bottiglia di plastica, e com’è entrata nelle nostre case? Nel 1973 il signor Nathaniel Wyeth brevetta la bottiglia in plastica PET e comprende la potenzialità che avrebbe avuto sul mercato alimentare: avrebbe ridotto i costi delle aziende legati all’acquisto del vetro con la sostituzione completa a favore della plastica delegando lo smaltimento della bottiglia all’utente finale e istituendo quindi il vuoto a perdere.

Sempre negli anni ’70 l’azienda francese Perrier investì grandi quantità di denaro per una campagna pubblicitaria rivolta agli USA riguardante la loro acqua effervescente: venne venduta come un lusso imperdibile. La combinazione vincente per l’avvento della bottiglia d’acqua in plastica fu grazie a tre fattori: la campagna di marketing di Perrier (che ebbe successo), la bottiglia in plastica di Wyeth, e Usa prima potenza mondiale, trascinatore dell’economia e delle mode di quei tempi. Questi tre fattori resero l’acqua in bottiglia di plastica un oggetto comune in tutte le nostre case. La strategia di marketing che ci sta dietro è racchiusa nei  seguenti punti:

  1. Contrapporre l’acqua trasparente in bottiglia alle bibite gassate colorate anziché all’acqua di rubinetto.
  2. Immagine sull’etichetta evocativa: una sorgente, una montagna, qualcosa che ricordi la purezza naturale.
  3. Usare la paura come motivazione per cambiare scelta: insidiare dubbi sulla qualità dell’acqua del rubinetto.
  4. Fare appello allo status: comprare una determinata tipologia di acqua ti mette in una condizione di “diversità sociale” come è successo per la Perrier.
  5. La bottiglia in plastica viene associata all’uso privato, personale, comodo da trasportare ovunque.

Il risultato è evidente tutt’oggi, dato che in Italia spendiamo una media di 200L in bottiglia di plastica e siamo il primo paese europeo consumatore di acqua in bottiglia.

Ora che sapete quali leve emotive vengono usate per favorire l’acquisto della bottiglia di plastica, potete prenderne il controllo e fare scelte d’acquisto più consapevoli, non soltanto per l’acqua ma anche per la plastica in generale. Se questo non fosse sufficiente magari la prossima volta vi darò altre informazioni. Commentate, mettete like, iscrivetevi al mio canale di Youtube, seguitemi su Instagram e su Facebook.

5 modi per prendere acqua a confronto

Quale modo è più conveniente, di maggior qualità e a basso impatto ambientale?

La volta scorsa vi ho parlato dei sistemi di depurazione e abbiamo visto vantaggi e svantaggi di ogni principale tecnologia disponibile. 

Questa volta cercherò di mettere a confronto i modi che più spesso vedo utilizzare dalle persone per prendere acqua, considerando: convenienza, qualità e impatto ambientale; i modi in questione sono: acqua del rubinetto, acqua filtrata con la caraffa a cartucce, acqua depurata con carboni attivi, acqua in bottiglia di plastica, acqua in bottiglia di vetro. Per poter poi decretare un vincitore complessivo in questo confronto assegnerò un punteggio che và da 1 a 10; dove 1 si intende poco conveniente, poca qualità e ad alto impatto ambientale, e 10 si intende molto conveniente, tanta qualità, e a basso impatto ambientale.

Convenienza. Per convenienza si intende quella caratteristica che nell’arco di un periodo di tempo ci permette di spendere poco con una determinata prestazione per uno specifico prodotto o servizio. Il confronto che ho fatto, eseguito su un consumo di 5000 litri, che è il massimo filtraggio di un carbone attivo perché in questo modo ho la possibilità di comparare gli altri metodi in un contesto di uguale di consumo.

  •  Acqua in bottiglia di vetro: chi le acquista spende una media di 0,5 € per L e quindi per ottenere 5000L spende 2500 €. Punteggio=2. 
  • Acqua in bottiglia di plastica : con una media di 0,24 € al litro si spende 1200€. Punteggio= 4. 
  • Acqua con depurazione a carbone attivo: senza considerare l’investimento iniziale della depurazione (che nel tempo viene ampiamente recuperato), la sostituzione del filtro avviene a 5000 litri e costa 260 €, quindi una media di 0,05 € al litro. Punteggio=6. 
  • Acqua depurata con la caraffa a cartucce: con una media di 0,03 € al litro la spesa totale per 5000 litri è 140 €. Punteggio=7.
  •  Acqua del rubinetto: come ho già detto in un articolo precedente l’acqua potabile è estremamente conveniente e infatti 5000 L costano appena 1€. Punteggio=10.

Qualità. Quale dei 5 modi ci assicura un’acqua di qualità maggiore? In termini di qualità considero l’eventuale stoccaggio e le proprietà organolettiche; la qualità si può determinare nel momento in cui la si beve.

  •  Acqua in bottiglia di plastica. Come già detto l’acqua minerale ha scarsi controlli e uno stoccaggio inadeguato che spesso comporta l’usura della plastica e di conseguenza cambiamenti nelle proprietà organolettiche. Punteggio= 5.
  •  Acqua del rubinetto: è sicuramente la più controllata ma spesso lascia discutere l’odore e il sapore causato dalla presenza del Cloro come agente di sterilizzazione o dall’usura delle tubature. Punteggio= 6. 
  • A pari punteggio l’acqua in bottiglia di vetro e il filtraggio a caraffa: considerando che il vetro ha ottime capacità di conservazione delle proprietà organolettiche ma lo stoccaggio non è sempre idoneo, che il filtraggio a cartucce permette di migliorare la qualità dell’acqua (ma non di renderla eccellente), ma in compenso è privo di stoccaggio il punteggio che ho assegnato è di 7. 
  • L’acqua depurata con i carboni attivi: zero stoccaggio e ottima filtrazione quindi ottima qualità. Dato che un minimo di errore nella depurazione è inevitabile il voto complessivo non può essere 10 ma 9!

Impatto ambientale. S’intende quanto il prodotto o il servizio crei un effetto a livello ambientale: quindi quali e quante materie prime sono state utilizzate per la produzione, quanta CO2 produce o elimina. Quali dei 5 modi elencati è il più eco-solidale, sostenibile? Per determinare l’impatto ambientale è necessario prendere in considerazione un arco di tempo molto più lungo per vedere i pro e i contro di una determinata scelta. C’è da dire che tutte le azioni umane hanno, inevitabilmente, un impatto ambientale e quindi il voto 10 è escluso.  

  • Acqua del rubinetto: la costruzione della gestione dell’impianto idrico locale e delle tubature sicuramente ha richiesto un notevole impiego di materie, energie, riduzione del suolo e una produzione di CO2,; ma fortunatamente non è aggiudicabile alle scelte dell’utente finale e quindi l’acqua potabile del rubinetto ha come unico impatto ambientale lo spreco. Magari ne parlerò in maniera più completa in un altro momento ma per ora mi limito a dire che molto spesso per negligenza degli utenti si spreca tantissima acqua. Voto complessivo 9. 
  • Acqua in bottiglia di vetro. Tengo in considerazione questi aspetti: per produrre le bottiglie di vetro è necessario l’utilizzo di silice, carbonato di calcio ad una temperatura di 1500°C; trasportare le bottiglie di vetro a domicilio o nel supermercato si impiega un quantitativo di carburante e quindi di CO2; il vetro in compenso è 100% riciclabile e implica il rifiuto della scelta della plastica. Voto complessivo 6.
  •  Acqua in bottiglia di plastica. Per produrre 1 kg di plastica (circa 75 bottiglie da 0,5 L) sono necessari 17,5 L di acqua, 2 kg di petrolio e produce un complessivo di CO2 di 2,5 kg e, senza approfondire l’impatto globale che produce, questo è sufficiente per dare voto 1.
  •  Acqua depurata da filtri a caraffa: tutte le caraffe sono in plastica, le cartucce sono composte da ulteriore plastica e sostanze filtranti, ogni mese è necessaria la sostituzione e quindi da un lato alimenta il consumismo con più CO2, dall’altro favorisce il rifiuto della plastica. Voto 6.
  •  Acqua depurata da carbone attivo. Il depuratore sicuramente nella produzione richiede tantissime materie tra cui plastica e affini, componenti elettriche e tecnologiche, carbone da noce di cocco o da legno, ma il beneficio maggiore è una lunga prestazione che comporta una drastica riduzione di CO2 e di consumo di bottiglie di plastica. Voto 7. 

Bene! Andiamo alla conclusione! Facendo la somma del punteggio ecco il risultato:

 al quinto posto: l’acquisto bottiglie di plastica con punteggio totale di 10. 

al quarto posto: l’acquisto delle bottiglie di vetro con punteggio totale di 15.

al podio, al terzo posto: l’acquisto della caraffa a cartucce con 20 punti.   

al secondo posto: l’acquisto del depuratore a carbone attivo con 22 punti. 

Quindi, inevitabilmente, vince la classifica l’acqua del rubinetto di casa con 25 punti.

Questi risultati sono ovviamente frutto delle mie considerazioni personali e intendono decretare una classifica del prodotto o del servizio che riesca ad essere nello stesso tempo economico, di qualità, e cosa più importante Eco-Friendly, e quindi aiutarvi a fare una scelta etica e consapevole. Voi, cosa ne pensate? Avete fatto una comparazione di questo genere? Me lo potete dire e scrivere!!! Iscrivetevi pure al mio canale di Youtube, seguitemi su Instagram o sulla mia pagina Facebook. Mettete like e leggete pure gli altri articoli sul mio blog. Ciao a tutti!