BONUS IDRICO

La transazione ecologica parte dall’acqua.

Nelle ultime settimane sono successe davvero tantissime cose che hanno richiesto la mia attenzione. Nell’ultimo articolo ho parlato di ghiaccio in maniera generica e ho promesso che avrei continuato l’argomento sulla criosfera nella puntata successiva; però devo assolutamente dare priorità ad argomenti molto più interessanti ed attuali.

Infatti voglio spiegare il “Bonus Idrico” presentato nella legge di bilancio 2021; che cos’è, qual è il suo scopo, quali benefici può dare, chi ne può beneficiare e in che modo lo si può ottenere.

Per prima cosa c’è da dire che il governo italiano ha definito un piano di rilancio per il post Covid.  Tale piano è stato chiamato “Recovery Plan” per il quale sono stati stanziati 196 mld di €. Di questi, ben 74,3 mld di euro sono stati destinati per la transazione ecologica . Ciò rappresenta quindi un chiaro segno di cambiamento di rotta a favore dell’eco-sostenibilità dell’ambiente. Una grande vittoria per chi da tempo ha sensibilizzato con forza i temi legati alla salvaguardia del nostro pianeta: nel mio primissimo articolo ho parlato della GREEN WAVE come la grande rivoluzione verde che avrebbe stravolto tutto, e ad oggi, noto con piacere, ci sono tantissimi indicatori che confermano l’arrivo di questo cambiamento. Aldilà di questa considerazione personale, dei 74,3 mld di euro, 9,4 mld sono stati destinati alla tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica e di questi soldi, ben 20 milioni destinati al cosiddetto bonus idrico.

Il bonus idrico appartiene alla legge di bilancio 2021, precisamente alla legge 30/12/20 n.178 che provvede incentivi di rilancio mirati in diversi settori. Infatti il testo originale è suddiviso in vari articoli e commi e quelli che prendo in considerazione sono i commi 61-65, 1087-1089 dell’articolo 1.

I commi dal 61 al 65 riguardano provvedimenti finalizzati all’implementazione dell’erogazione idrica. Si elargiscono contributi fino a 1000 € per persone fisiche che sostituiscono i vecchi sanitari, i rubinetti, i soffioni e gli scarichi dell’acqua (lo sciacquone) con apparecchiature che possano, o contenere un massimo di 6 litri, o erogare un massimo di 9 litri al minuto. L’intento è chiaramente quello di ridurre lo spreco idrico e preservare l’acqua come bene prezioso.

Ai sensi dei commi 1087, 1088 e 1089 si istituisce un credito di imposta per l’acquisto di sistemi di filtraggio, depurazione, addizione di CO2 alimentare (E290), refrigeratori e miglioramento qualitativo delle acque destinate al consumo umano. Tali sistemi li ho già trattati in altri articoli e potete rivederli qui: https://www.dalmarbozzo.com/2020/09/12/acqua-fredda-o-gassata/

I beneficiari di questo credito sono le persone fisiche e i titolari di partita IVA, ed esso corrisponde al 50% delle spese sostenute dal 01/01/21 al 31/12/22 fino a 1000 € per unità immobiliare, e fino a 5000€ per immobili di attività commerciali fino ad esaurimento fondi per l’anno 2021 e 2022. L’ammontare del fondo è pari a 5 milioni per ogni anno.

Come richiedere il bonus? Faccio un esempio pratico per spiegarmi meglio! Io voglio acquistare un depuratore a carbone attivi per la mia famiglia (vi rimando a questo link per andare a vedere quale sistema di depurazione è migliore: https://www.dalmarbozzo.com/2020/07/04/vuoi-migliorare-la-qualita-della-tua-acqua-potabile/ ) che costa 1160 €. Mi faccio dare, da chi vende il sistema di depurazione, le coordinate bancarie per effettuare il bonifico. Il bonifico deve avere alcune caratteristiche: 1 essere nominale, cioè con i vostri dati ( nome, cognome, codice fiscale e indirizzo civico valido); 2 deve corrispondere al prezzo di vendita, e quindi si paga a prezzo pieno; e 3 deve riportare nella causale la dicitura che include il bonus idrico. Apro una parentesi: al momento non ci sono ancora indicazioni precise dall’Agenzia dell’Entrate su tale dicitura, e sulla modalità del pagamento del bonus, ma tanto basta per portarsi avanti. Una volta effettuato il bonifico dovrò andare a fare la dichiarazione dei redditi (il modello 730) e porterò con me la copia del bonifico includendola nella dichiarazione. In questo modo avrò accesso alla detrazione fiscale e il bonus di 580€ (la metà di 1160) mi verrà bonificato per intero l’anno successivo o nell’arco di 10 anni.

È un occasione veramente grande per tutti! Non ci si può far scappare un bonus di questo tipo perché gli obiettivi di tale bonus sono mirati a preservare la risorsa idrica, a evitare lo spreco, e soprattutto a ridurre l’impatto ambientale causato da contenitori di plastica. Questa normativa infatti è il miglior modo per innescare un  cambio di mentalità e attuare comportamenti eco-sostenibili e virtuosi. È uno strumento eccezionale per contribuire alla lotta della plastica, che , desidero ricordarvi, verrà tassata da luglio 2021 in maniera più concreta e porterà ad un aumento dei prezzi per l’acqua in bottiglia di plastica. La transazione ecologica voluta dal governo per l’economia circolare parte proprio dalla cosa più preziosa che abbiamo: l’acqua. Se volete ulteriori informazioni e suggerimenti, non esitate a chiamarmi per adoperarvi a prendere vantaggio da questo bonus idrico.

Spero che molti di voi si facciano degli acquisti in questo settore e che questo articolo possa esservi d’aiuto! Arriveranno altre novità! Seguitemi su Instagram e su Facebook, mettette like, condividete, commentate, e iscrivetevi al mio canale di YouTube! Alla prossima!

BORRACCE

La scelta giusta

La volta scorsa ho dato delle informazioni generiche sulla borraccia, senza entrare nei particolari; questa volta darò informazioni più specifiche su come scegliere la borraccia.

Se avete deciso di ridurre l’impatto ambientale, in particolare del PET, con l’acquisto di una o più borracce… Fantastico! Avete il mio apprezzamento! Desidero aiutarvi nella scelta d’acquisto per non farvi abbindolare dal basso prezzo o dai colori sgargianti e accattivanti. Ecco qui delle indicazioni su come scegliere la borraccia che fa al caso vostro.

Quanta acqua vi serve? In un precedente articolo ho spiegato l’importanza dell’idratazione, insieme alla dottoressa Chiara Andreella, che necessitiamo, in media ed in linea generica, di 2,5 L al giorno. Vi sembrerà scontato quello che vi dirò, ma siamo talmente presi dalla routine quotidiana che tanti di noi non si idratano a sufficienza, e quindi un consiglio, relativo all’acquisto, per contrastare questa carenza è di  scegliere la capacità di volume della borraccia in base a quanto rimanete fuori casa. Ad esempio, se state fuori casa almeno 8-10 ore al giorno allora una borraccia da 600 ml / 1000 ml è la scelta che fa per voi; se invece state fuori casa tutto il giorno è bene attrezzarvi con due o più borracce sempre dello stesso volume. Se avete esigenze di diverso volume non preoccupatevi, potrete trovare il target che fa al vostro caso perché ce ne sono davvero tanti.

Qual è il contesto in cui andrete a bere fuori casa? Si tratta di stare al lavoro, in ufficio, oppure fuori a fare attività fisica? Le borracce con chiusura ad avvitamento solitamente sono indicate per qualsiasi attività poco o per niente movimentate, come ad esempio lavoro in ufficio; al contrario, le borracce con chiusura push and pull sono ideali per l’attività fisica perché pratiche da prendere con una sola mano e apribili con la bocca.

Semplice o termica ed isolante? Una borraccia semplice non ha alcune protezione da caldo o freddo e nemmeno può trattenere la temperatura del liquido in essa contenuto. Invece, se è termica, la borraccia è costruita da due strati (come se al suo interno ce ne fosse un’altra) e in questo modo è possibile ridurre notevolmente l’escursione termica mantenendo quasi inalterata la temperatura del liquido. Se, ad esempio, non volete l’acqua fredda o calda allora una borraccia semplice fa per voi, ma se invece volete mettervi all’interno o un the caldo o freddo e mantenere quella temperatura allora scegliete quella termica-isolante per potervi godere le giornate all’aperto.

Quale materiale scegliere? La volta scorsa ho affermato che è importantissimo sapere con quale materiale è fatta la borraccia ed ecco i dettagli dei 4 materiali più usati per la produzione di borracce.

Plastica. Le borracce in plastica a basso costo hanno tutte le qualità e i pregi che ho elencato in un precedente articolo. Lo ripeto: le bottiglie in PET sono monouso e non vanno riutilizzate nemmeno come borracce. Le borracce in plastica hanno tutta una serie di controindicazioni che possono alterare le proprietà organolettiche della bevanda. Ma c’è anche una plastica molto valida chiamata TRITAN che è un polimero estremamente sicuro dal punto di vista sanitario poiché è privo dei BPA, compatto, leggero, resistente e trasparente, si può lavare in lavastoviglie senza modificare le sue caratteristiche chimiche. La mia borraccia è in Tritan BPA FREE.

Alluminio. Le borracce in alluminio hanno il vantaggio di essere molto leggere, ma sono facilmente sensibili agli urti e ossidabili dai vari liquidi con cui entrano in contatto. L’ossidazione dell’alluminio può provocare diversi disturbi di salute che non elenco per brevità. Per rimediare a questo possibile problema hanno pensato bene di inserire un rivestimento interno in ceramica che mantiene inalterate le proprietà del liquido. In queste borracce però è sconsigliato inserire liquidi come latte, olio e bevande acide.

Acciaio. Le borracce in acciaio sono spesso inossidabili e ultimamente sono le più quotate perché l’acciaio non rilascia sostanze che possono alterare sapore e odori del liquido contenuto e difficilmente sono soggette alla proliferazione di batteri. Il loro difetto principale è il peso.

Vetro. Le borracce in vetro, seppur hanno il vantaggio di essere inerti dal punto di vista chimico a contatto con i liquidi, sono vendute in quantità minore perché corrono il rischio principalmente di rompersi e quindi per la fragilità sono le meno scelte.

Queste sono le indicazioni che mi sento di dare per fare un buon acquisto di una borraccia. Ovviamente non vi condannerò se ne sceglierete una di scarsa qualità perché contribuirete comunque a ridurre l’impatto ambientale. Sono convinto però che per aver una borraccia di qualità bisogna spendere minimo 15€.

Spero che questo articolo vi sia stato utile. Ditemi la vostra! Che borraccia usate? Perché? Scrivetemi, seguitemi su Instagram e Facebook e iscrivetevi al mio canale di YouTube.

Comprendere la plastica

In più appuntamenti precedenti ho accennato diverse volte genericamente all’utilizzo della plastica senza mai entrare nello specifico dell’argomento, quindi oggi tratterò l’argomento plastica spiegando brevemente cos’è, com’è nata, come si crea, quali tipologie esistono, e in che modo è entrata comunemente nelle nostre case come contenitore per acqua.

Anzitutto, la plastica è un materiale creato dall’uomo dalla lavorazione del petrolio. Per produrla è necessario l’utilizzo di acqua, petrolio e metano. Si applica un processo chimico, scoperto nel 1835, chiamato polimerizzazione degli idrocarburi cioè composti da Carbonio e Idrogeno. Tutte le scoperte riguardanti la plastica partono da qui. Dal 1900 in poi è stata una evoluzione innovativa continua,  portando alla nascita del PVC, del moplen, del PET e tutte le altre plastiche. Attualmente le plastiche di dividono in 7 tipi e le descrivo brevemente qui sotto :

1 PET  (Polietilene Teraftalato), plastica monouso, densità maggiore dell’acqua. Esempio di PET: bottiglie di plastica.

2 HDPE/HDP (Polietilene ad alta densità): plastica che galleggia, ritenuta più sicura. Esempio: contenitori dei detersivi.

3 PVC (Cloruro di Polivinile) usata per le vaschette trasparenti per il confezionamento dei cibi.

4. PE-LD (Polietilene a bassa intensità) usato nei bicchieri dei distributori automatici (ne ho visti a migliaia di questi!), galleggia.

5 PP (polipropilene), galleggia ma è difficile da riciclare. Esempio: bacinelle, scolapasta e shaker.

6 PS (polistirolo) usato per imballaggi alimentari e non, facilmente dispersivo.

7 altre plastiche, sono composte da BPA (Bisfenolo A).Questo tipo ti plastica NON è RICICLABILE e dunque è pensato per un uso prolungato.

Di solito troviamo il simbolo del riciclaggio con il numeretto corrispondente o/e le diciture appena citate. Ad esempio io ho una borraccia con simbolo di riciclaggio 7, ma è anche BPA free, cioè non è presente il Bisfenolo A. Per chi non lo sapesse il BPA è una composto organico, che ha diverse controversie in ambito di salute umana: ci sono diversi studi che lo collegano a disturbi dell’apparato endocrino e ormonale. Ho acquistato questa borraccia per tenerla a lungo e evitare altri acquisti usa e getta. Spero che mi duri a lungo!

Guardando questa lista di varie tipologie di plastiche, la bottiglia di plastica è nella maggior parte dei casi PET. Questi numeri che vanno da 1 a 7 corrispondono al tipo di plastica. A volte si possono leggere altri numeri sul fondo della bottiglia e voglio quindi sfatare un mito su questi numeri: essi non corrispondono alla quantità di volte che si può riutilizzare la bottiglia di plastica; infatti ho chiamato un’azienda di acque minerali in bottiglia di plastica per chiedere ulteriori informazioni a riguardo, e mi hanno detto che corrisponde semplicemente ad un numero seriale di produzione. Mi dispiace deludervi nel caso in cui abbiate creduto a questo fatto… l’ho creduto anch’io! Il PET è pensato per il monouso e ora che lo sapete, siete responsabili delle vostre scelte.

Ma vediamo di capire meglio gli aspetti legati alla bottiglia di plastica. In che modo è nato il concetto di acqua in bottiglia? E quando la plastica è entrata come alternativa?

Il primo caso di acqua venduta in bottiglia è stato riscontrato a Boston nel 1760 circa dalla società Jackson’s Spa che promuoveva l’acqua per uso terapeutico. Ovviamente non aveva nulla di terapeutico. Magari come ci viene testimoniato da Saratoga City era soltanto un’acqua minerale. In ogni caso l’idea è nata negli USA e infatti sono tra i più grandi consumatori di acqua in bottiglia come abbiamo già visto in un precedente articolo.

Come è nata la bottiglia di plastica, e com’è entrata nelle nostre case? Nel 1973 il signor Nathaniel Wyeth brevetta la bottiglia in plastica PET e comprende la potenzialità che avrebbe avuto sul mercato alimentare: avrebbe ridotto i costi delle aziende legati all’acquisto del vetro con la sostituzione completa a favore della plastica delegando lo smaltimento della bottiglia all’utente finale e istituendo quindi il vuoto a perdere.

Sempre negli anni ’70 l’azienda francese Perrier investì grandi quantità di denaro per una campagna pubblicitaria rivolta agli USA riguardante la loro acqua effervescente: venne venduta come un lusso imperdibile. La combinazione vincente per l’avvento della bottiglia d’acqua in plastica fu grazie a tre fattori: la campagna di marketing di Perrier (che ebbe successo), la bottiglia in plastica di Wyeth, e Usa prima potenza mondiale, trascinatore dell’economia e delle mode di quei tempi. Questi tre fattori resero l’acqua in bottiglia di plastica un oggetto comune in tutte le nostre case. La strategia di marketing che ci sta dietro è racchiusa nei  seguenti punti:

  1. Contrapporre l’acqua trasparente in bottiglia alle bibite gassate colorate anziché all’acqua di rubinetto.
  2. Immagine sull’etichetta evocativa: una sorgente, una montagna, qualcosa che ricordi la purezza naturale.
  3. Usare la paura come motivazione per cambiare scelta: insidiare dubbi sulla qualità dell’acqua del rubinetto.
  4. Fare appello allo status: comprare una determinata tipologia di acqua ti mette in una condizione di “diversità sociale” come è successo per la Perrier.
  5. La bottiglia in plastica viene associata all’uso privato, personale, comodo da trasportare ovunque.

Il risultato è evidente tutt’oggi, dato che in Italia spendiamo una media di 200L in bottiglia di plastica e siamo il primo paese europeo consumatore di acqua in bottiglia.

Ora che sapete quali leve emotive vengono usate per favorire l’acquisto della bottiglia di plastica, potete prenderne il controllo e fare scelte d’acquisto più consapevoli, non soltanto per l’acqua ma anche per la plastica in generale. Se questo non fosse sufficiente magari la prossima volta vi darò altre informazioni. Commentate, mettete like, iscrivetevi al mio canale di Youtube, seguitemi su Instagram e su Facebook.

Vuoi migliorare la qualità della tua acqua potabile?

Tecnologie disponibili per la depurazione.

La volta scorsa ho mostrato come verificare la qualità della propria acqua potabile, e quella del mio Comune è risultata conforme alla normativa in base ad i test che ho effettuato. Però ho anche spiegato che quei test sono generici e non riescono quindi a dare tutte le informazioni complete. Quindi come posso tutelarmi da eventuali contaminanti e sostanze nocive?

Da sempre l’uomo ha cercato di ottenere acqua pulita attraverso il controllo delle acque mediante scoli, canali e acquedotti, ma anche attraverso l’ebollizione e la protezione dell’acqua prelevata. La depurazione dell’acqua in termini chimici è avvenuta soltanto dopo la scoperta del microscopio che ha aperto un mondo sui batteri e la conseguente consapevolezza nel trovare metodi efficaci per contrastare le impurità. Intanto i depuratori si distinguono in due tipologie: ad uso alimentare e ad uso domestico ed industriale. La differenza principale sta soprattutto nel volume trattato e nella necessità di prestazione; mi spiego meglio: se ad esempio l’obiettivo in casa vostra è avere meno calcare su tutto l’impianto idraulico la soluzione migliore è un addolcitore e non un depuratore per bere acqua. In base all’esigenza personale e alla quantità di acqua da trattare c’è una soluzione specifica. Cercherò quindi di spiegare quali sono le principali tecnologie disponibili per depurare l’acqua ad uso domestico e alimentare e li spiegherò in termini di prestazione e costo.

Addolcitore. L’addolcitore può essere installato nell’impianto idraulico di casa o solamente dov’è necessario: il suo scopo è quello di rendere l’acqua meno dura e di conseguenza ottenere meno calcare in casa, proteggere le tubature e la caldaia. Funziona grazie a delle resine e alla ionizzazione del sodio: questo composto di sostante intrappolano il calcio e il magnesio e rendono l’acqua più dolce.

Nei distributori automatici del caffè c’è un depuratore di questo genere in formato ridotto e la sostituzione, al fine di mantenere la caldaia funzionale, viene effettuata in media ogni 800 litri o 10000 consumazioni. Ciò ha il pregio di rendere l’acqua più dolce, ma il difetto di non eliminare arsenico, batteri, microplastiche, Pfas ecc… . Il costo di un apparecchio del genere può variare in base al volume da trattare: se è ad uso locale come un rubinetto o un distributore automatico allora il prezzo è compreso tra i 70€ e i 180 €; se invece è per l’impianto idraulico di casa i costi vanno da 500€ a 1300€. I filtri delle macchinette da caffè e in generale i pre-filtri di altri sistemi di depurazione hanno una funzione molto similare all’addolcitore e permettono di togliere le impurità più grossolane.

Deferrizzatore. È solitamente installato nelle case che hanno il pozzo piuttosto che l’acquedotto. Infatti la presenza di ferro è molto frequente nei pozzi sotterranei e dà all’acqua una colorazione giallastra, rossa. Il deferrizzatore è solitamente applicato a tutto l’impianto idraulico e il suo scopo è appunto eliminare l’eccesso di ferro dall’acqua. Si raggiunge tale scopo con l’ossidazione del ferro: o con quarzite e l’insufflazione di aria o con permanganato di potassio oppure con biossido di manganese (pirolusite). Questo strumento elimina, il ferro, ma ha lo stesso difetto dell’addolcitore: non elimina tutte le altre sostanze nocive o pericolose. Anche in questo caso il costo è relativamente elevato, e va da un minimo di 900 € ad un massimo di 3000 € in base al volume di acqua da trattare. 

Osmosi inversa. È un sistema di depurazione ad uso esclusivo alimentare molto efficiente. La sua efficacia è dovuta alla capacità di eliminare tantissime sostanze: grazie ad una membrana semipermanente che trattiene tutte le impurità e grazie ad un elevata pressione, si ottiene un’acqua praticamente pura. Il sistema viene applicato sotto al lavello, richiede l’intervento di uno specialista ed hanno un costo che va da 1000€ a 2500€. Certo, elimina la stragrande maggioranza delle impurità, in particolare l’arsenico, ma elimina anche i Sali minerali dell’acqua e infatti a questo sistema di depurazione è quasi sempre integrato con un mineralizzatore (inserisce dopo la filtrazione i Sali minerali) che fa alzare notevolmente i costi. Richiede anche una manutenzione professionale e annuale costosa a carico dell’acquirente.

Carbone attivo e ultrafiltrazione. È un sistema di depurazione utilizzato sia dai gestori idrici che da aziende di depurazione domestica alimentare. Come l’osmosi inversa, ha un ottima capacità di eliminare un sacco di sostanze. Questa capacità è dovuta alla porosità tipica del carbone: i pori hanno grandezze che vanno da 25 nm a 1 nm e per questo motivo si può parlare di ultrafiltrazione che consiste nella depurazione di particelle piccolissime, virus compresi. Il carbone attivo si consuma all’aumentare della quantità di acqua filtrata e dopo ogni anno o ogni tot litri trattati bisogna procedere con la sostituzione. Il costo di un sistema a carboni attivi può variare dai 800 € a 1200€ per i consumi di casa. Si può installare sopra o sotto il lavello , o anche fissandolo al muro e la sostituzione del filtro, in base al tipo di depuratore, risulta abbastanza semplice e alla portata di tutti ad un costo accessibile. Ciò elimina tantissimi agenti contaminanti, Pfas compreso, minerali esclusi grazie all’adsorbimento ma non elimina l’arsenico.

Ci tengo a specificare che il carbone attivo riduce i Pfas ad una quantità minore di 5 ng/L, standard imposto dalla legge. Lo posso dire con totale tranquillità perché ho preso dell’acqua di pozzo inquinata da Pfas , l’ho fatta passare attraverso il mio depuratore a carbone attivi, ho consegnato il campione all’Arpa ed è risultato minore di 5 ng/L. Per motivi di privacy non posso mostrare pubblicamente il risultato ma privatamente si e quindi se volete saperne di più vi basterà contattarmi privatamente.

Filtro a caraffa. I filtri a caraffa sono i più popolari perché sono i più economici. Infatti le aziende che producono questi filtri garantiscono acqua buona pulita e protetta ad un costo di 45€/50€ all’anno. Sono filtri che vengono inseriti all’interno delle caraffe ed hanno una durata di un mese. Sono composti per lo più da Sali e resine come l’addolcitore e qualche altro filtro può contenere il carbone attivo. Se l’acqua del rubinetto è già di buona qualità e volete solo migliorare il sapore o renderla più dolce allora questa è una ottima soluzione per voi. La filtrazione avviene per gravità: l’acqua del rubinetto entra in una vasca di riempimento, poi per gravità passa attraverso il filtro che poi scende nella caraffa. Bisogna però dire che il carbone attivo funziona solo con la pressione di acqua che qui non c’è. Quindi ragazzi… Pagate per quello che vale: migliora la durezza dell’acqua, tuttavia non elimina batteri, gli altri metalli pesanti e Pfas.

Lampada ultravioletti: la lampada ultravioletti è pensata esclusivamente per l’eliminazione dei batteri: i raggi UV hanno una frequenza d’onda tra 100 e 400 nm e a 254 nm le radiazioni riescono a penetrare e a distruggere il nucleo dei batteri uccidendoli completamente. In base alla grandezza il prezzo può variare da 50 € a 300€. Quindi acqua trattata con un sistema ad ultravioletti permette di ottenere un’acqua priva di carica batterica. La lampada UV elimina i batteri ma non tutto il resto.

La soluzione migliore è relativa alle singole necessità delle famiglie. Personalmente utilizzo un depuratore con tre tecnologie e ve le spiego: un pre-filtro esterno per i residui più grossi come il calcare, all’interno un filtro a carboni attivi pressato, e nel centro una lampada ultravioletto. Il prezzo è abbordabile, è un prodotto garantito, certificato; l’installazione e la sostituzione dei filtri non richiede l’intervento di un professionista e ogni persona può farlo in maniera autonoma.

Nessuno delle seguenti tecnologie per la depurazione dell’acqua può indicare il presidio medico chirurgico perché tale qualifica la si ottiene quando il prodotto disinfetta o sterilizza l’acqua, ma dato che si tratta per la maggior parte dei casi di acqua potabile la disinfezione è già effettuata dal gestore idrico. Giustamente sorge quindi la domanda: come posso verificare l’efficacia di questi dispositivi? Ecco quindi dei semplici consigli per non farvi fregare da trovate pubblicitarie o venditori di dispositivi magici.

  1. Comprendete se ne avete effettivamente bisogno; cosa non va della vostra acqua. Ci sono alcuni comuni (Aosta, Ancona, Caserta e Perugia) che hanno un acqua potabile eccellente e quindi non necessitano di nessun sistema di depurazione.
  2. Chiedete i certificati di idoneità da parte di organizzazioni che da sempre studiano l’acqua e tutelano la salute delle persone. Ad esempio consiglio NSF International (National Sanitation Founder) che ha partecipato alla stesura dei parametri di potabilità dell’OMS; oppure WQA (Water Quality Association) o delle prove certificate che dimostrino che il prodotto rispetti la normativa sui dispositivi per il trattamento dell’acqua domestica (D.M. 7 febbraio 2012 n° 25).
  3. Chiedete informazioni sull’azienda che vi vende il prodotto: da quanto tempo esiste questa azienda? Vi danno la garanzia di soddisfazione? Hanno un servizio assistenza clienti? Sono preparati in materia di acqua e di depurazione? Mi è capitato di parlare con un promoter di sistemi di depurazione ad osmosi inversa: azienda di dubbia solidità, certificato di presidio medico chirurgico, e incompetenza della persona che proponeva la depurazione. Potreste sicuramente trovare sul web dei prodotti per la depurazione ad un costo basso o molto abbordabile ma senza garanzie e senza servizio clienti… quindi, se li prendete, incrociate le dita sperando che non si guasti mai!

Questo è quasi tutto su quello che c’è da sapere sulla depurazione dell’acqua. Sicuramente ci sono altre tecnologie di cui non ho parlato, o che non conosco, che hanno altre prestazioni interessanti. Magari potreste scrivermele voi indicandomele, oppure dicendomi cosa usate a casa vostra per trattare l’acqua. Spero che queste informazioni vi siano state utili e che possiate scegliere di bere acqua in maniera più sostenibile e responsabile. Potete commentare sul mio blog www.dalmarbozzo.com, iscrivervi al mio canale YouTube, mettere mi piace, e seguirmi su Instagram e Facebook. Ciao a tutti!

DRINK TEST

Come capire la qualità della propria acqua.

La volta scorsa, abbiamo affrontato e analizzato le differenze tra acqua naturale e potabile. Abbiamo anche visto la differenza nei controlli. L’acqua potabile, oltre ad essere conveniente, dovrebbe garantire un sacco di proprietà. Ma come mai tanti di noi non utilizzano l’acqua del Sindaco??? Le motivazioni sono molteplici e di vario genere. Una motivazione più frequente è la poca fiducia nei controlli e quindi oggi darò a tutti la possibilità di verificare a grandi linee la qualità della propria acqua.

Quindi come posso verificare la qualità della mia acqua? Anzitutto è necessario prendere  le  informazioni riguardanti la nostra acqua di casa. Le potete trovare comodamente sul web, precisamente potete chiedere al vostro servizio idrico locale, oppure all’Arpa della vostra Regione, ovvero al vostro comune , o ancora si possono trovare  a volte  anche da aziende che operano nel settore dell’acqua e che svolgono campionature per proprio conto. Se questo non dovesse bastarvi perché non vi fidate o volete semplicemente maggiori certezze su quello che già sapete  il secondo passaggio è l’analisi dell’acqua.

 Un’analisi dell’acqua può costare da 100 € (se è specifica) fino a 1000 €  (se è completa). Nel caso in cui vogliate spendere queste  cifre  potete fare le analisi seguendo due procedure:

  1. fate voi la campionatura con delle normali bottigliette da mezzolitro di acqua, le portate all’Arpa, pagate da loro il costo del servizio e vi danno il risultato dell’analisi entro  un mese, oppure,
  2. opzione più impegnativa e costosa, chiedete l’intervento del gestore idrico locale che vi manda a casa un delegato competente, il quale procede alla campionatura che a sua volta sarà utilizzata come documento ufficiale di analisi di controllo da parte del gestore.

Personalmente ho utilizzato il servizio dell’Arpa per un test specifico per i Pfas che mi è costato 153 €, ma recentemente  ho anche voluto comprare dei test generici ed economici e provarli sulla mia acqua potabile. Quindi, nel caso in cui non vogliate spendere questi soldi ma vogliate comunque effettuare a modo vostro dei controlli, allora il modo più semplice è fare un’analisi generica, quindi non precisa, attraverso a dei test che determinano durezza, residuo fisso, pH, conducibilità e carica batterica. Questi test per l’acqua si possono acquistare facilmente on line su Amazon ed hanno un costo che vanno da 10€ a 30€. Ho acquistato il test  della cartina tornasole che determina ben 14 parametri dell’acqua; un tester per il pH; un altro per la conducibilità e il residuo fisso; un altro ancora per la durezza e un altro per la carica batterica. Ma prima di mostrarvi i risultati, voglio spiegarvi questi parametri dell’acqua visto che ne abbiamo accennato nell’ultimo intervento senza spiegazioni.

Durezza. La durezza dell’acqua è determinata dalla quantità di ioni disciolti in acqua di calcio e magnesio e di altri metalli pesanti. L’unità di misura è il grado francese °F che corrisponde a 10 mg di carbonato di calcio comunemente conosciuto come calcare. La durezza può variare da 0 a 50 °F, e in base alla quantità le acque si possono definire più o meno dure: fino a 8-10 °F  acque più o meno dolci, da 10°F in poi acque più o meno dure. Il tester che ho comprato mi dice di prendere 5 ml di acqua e metterli dentro alla provetta, poi inserire goccia a goccia il reagente: inizialmente l’acqua risulta di colore rosso e si prosegue fino a quando non diventa blu; il numero di gocce inserite corrisponde alla durezza in gradi francesi.

PH. Rappresenta la ionizzazione dell’acqua allo stato liquido e in forma pura: è la tendenza della molecola di H2O a dividersi in ioni H+ e ioni OH. Nell’acqua pura la quantità di questi ioni è esattamente identica. La sigla pH significa potenza dell’idrogeno, una sostanza si definisce acida quando aumenta la  concentrazione degli ioni H+ e nella scala del pH è inferiore a 7 , basica quando aumenta la concentrazione degli ioni OH e nella scala è superiore a 7. Il pH dell’acqua aiuta a comprendere la presenza o meno di certi soluti. Il pH  è indicato nel tester della cartina tornasole insieme ad altri 13 parametri; è sufficiente immergere la striscia all’interno dell’acqua  per un secondo, aspettare un minuto e comparare le colorazioni con la tabella illustrativa fornita dal test. Esiste anche un tester specifico del pH : si tratta di una penna digitale che viene utilizzata maggiormente da chi ha un acquario: è sufficiente togliere il cappuccio, accendere  on /off , intingere nell’acqua fino al livello, mescolare per 20 secondi,  e leggere il risultato sul display.

Residuo fisso. Il residuo fisso, o TDS in inglese (Total Dissolved Solid = Totale dei Solidi Disciolti), è la quantità di Sali che rimangono dopo aver bollito l’acqua a 180°. Tale quantità è espressa in  mg/L o ppm (parti per milione)  ed corrisponde alla durezza permanente , cioè quella quantità di Sali e metalli che non varia al mutamento delle condizioni dell’acqua. Come ho già spiegato in base al residuo fisso le acque si possono definire più o meno minerali. Il tester ha un funzionamento identico a quello del pH: è una penna digitale che una volta intinta nell’acqua ci dice la misurazione corretta del residuo fisso.

Conducibilità elettrica: i Sali che all’interno dell’acqua si disciolgono, creano degli atomi con carica positiva e negativa. Tale differenza di carica , che parte da un punto A ed  arriva ad un punto B, è definita come conducibilità elettrica (EC  in inglese = Electric Conducibility) e si misura in  micro-Siemens per centimetro:  µS/cm. La maggior parte delle acque ha valori compresi tra 100 e 700 µS/cm. Il parametro serve per lo più a confermare la quantità di residuo fisso . Questi due parametri vanno a braccetto e infatti nel tester sono nella stessa penna e indicati contemporaneamente sul display.

Carica batterica. La carica batterica indica la presenza di microorganismi batterici presenti nell’acqua. La misura della carica batterica è espressa in CFU che significa Colonie che Formano un’Unità ad indicare quei batteri in fase di duplicazione. Secondo la normativa il CFU deve essere a 0 o molto vicino. Acqua con CFU = 1 è già pericolosa per la salute umana. Il tester che ho comprato è specifico per la famiglia dei batteri Coliformi (Escherichia Coli compreso). È una fiala con dentro un residuo reagente, la si apre, ci si versano 5 ml di acqua del rubinetto, si chiude, la si scuote per un minuto e poi la si lascia ferma per 48 ore ad una temperatura di 20-25°C. Finito quel periodo si prende la fiala e la si confronta con le istruzioni: se è gialla nessun batterio, se invece assume un colore che tende ad arancio/rosso allora l’acqua è contaminata.

Bene! Ora, grazie a questi tester  provo a capire se l’acqua potabile del mio Comune di residenza sia conforme ai parametri stabiliti dal D.Lgs. 25 gennaio 2001 n°31. I risultati sono i seguenti :

parametrorisultatostandard
   
tester: cartina tornasole  
Cloro libero0,5 mg/L250 mg/L
Ferro0200 µg/L
Rame01,0 mg/L
Piombo010 µg/L
Nitrati050 mg/L
Nitriti00,5 mg/L
Mercurio01 µg/L
Cloro totale0250 mg/L
Fluoruro0,5 mg/L1,5 mg/L
Durezza25°Ftra 0 e 50°F
Carbonato40 mg/Lin realzione alla durezza
Alcalinità totale120 mg/Ltra 0 e 360 mg/L
pH8,4tra 6,5 e 9,5
Acido Cianurico30-50 mg/Ltra 0 a 240 mg/L
   
tester: pH8tra 6,5 e 9,5
   
tester: rediduo fisso331mg/Lmassimo 1500 mg/L
           e conducibilità0,662 µS/cmmassimo 2500µS/cm
   
tester: durezza29°Ftra 0 e 50°F
   
tester: carica batterica00 CFU

Posso dire che l’acqua è oligominerale in base al residuo fisso, 29° è molto dura e infatti ho tanto calcare, è stata trattata perché c’è traccia di cloro, e non contiene batteri. Sono contento del risultato perché dimostra che l’acqua potabile non è così male come si voglia credere, ma soprattutto perché è conforme alla normativa! Ci tengo, però, a precisare che questi test sono generici e non intendono sostituire le analisi ufficiali dei laboratori certificati; pertanto non affidatevi al 100% a questi risultati poiché sono incompleti: infatti non è possibile con questi test determinare la presenza o meno di microplastiche, di legionella, altri metalli pesanti, pesticidi e nemmeno dei Pfas. Quindi se siete diffidenti per l’incompletezza di questi  test  la prossima volta darò altre informazioni! Invece, se volete avere delle indicazioni seppure approssimative, come ho appena mostrato, perché pensate che possano bastare per la vostra situazione, non esitate a contattarmi, verrò volentieri gratuitamente da voi per eseguire questi test. Quindi seguitemi su  Instagram, iscrivetevi al mio canale YouTube, mettete  like  sulla mia pagina Facebook!!! Come sempre, spero che questo intervento, più che piaciuto, vi sia servito! Alla prossima!

Ti fidi dell’acqua che bevi?

Acqua potabile e acqua minerale a confronto.

Abbiamo tutti capito che l’acqua ha una bellezza intrinseca di grande valore. Però si è anche visto che per la sua proprietà solvente, in natura essa non si presenta mai pura al 100%, ma sempre in soluzione con altre sostanze “buone“come i sali minerali di cui abbiamo già parlato e “cattive” come l’arsenico, mercurio, piombo, pesticidi, batteri di vario genere, micro-plastiche e i famosi PFAS ecc…

Sorge quindi la domanda: chi e cosa determina la potabilità dell’acqua? Quali sono gli standard? C’è differenza tra acqua minerale e acqua potabile? Farò un confronto tra di loro con i seguenti punti: definizione e normativa, proprietà, controllo, e costo.

Acqua Potabile. Il Ministero della Salute definisce, all’art. 2 del Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n°31, come acque potabili tutte quelle destinate al consumo umano: quindi preparazione cibi e bevande, uso domestico, uso per l’impresa alimentare e uso per la distribuzione della rete idrica (in particolar modo si garantisce fino al contatore di casa). Tali acque devono essere salubri e pulite, ovvero: non devono contenere microorganismi, parassiti o, altre sostanze in concentrazioni tali che possano rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana. Il Decreto spiega bene, per filo e per segno, come l’acqua potabile deve essere trattata, distribuita e controllata da gestori ed organi competenti. Nel D.Lgs. vengono stabiliti i parametri chimici per poter definire “potabile” l’acqua che beviamo, o meglio, usiamo nella quotidianità: tali valori sono decisi in base alle linee guida dettate dall’OMS.

Proprietà. Per abbreviare sintetizzo quali sono questi parametri che rendono l’acqua potabile. Il pH deve essere compreso generalmente tra 6,5 e 9,5; ad eccezione delle acque gassate. La conducibilità elettrica deve essere a 2500 µS/cm e quindi non aggressiva. La durezza generalmente è compresa tra 15 e 50 °F. Nel nostro comune modo di dire, si dice che l’acqua deve essere incolore, insapore e inodore ma ai sensi del Decreto questi paramenti devono essere “accettabili per il consumatore e senza variazioni anomale”. Così come previsto nell’Allegato 1 al D.Lgs. n°31/01, i batteri in generale, ma nello specifico l’Escherichia Coli, devono essere a zero, l’ammoniaca deve essere massimo di 50mg/L, i Cloruri (come il sale da cucina) e i Solfati devono avere valore massimo di 250 mg/L mentre per il Potassio e i Bicarbonati non è previsto un limite;  è invece fissato a 200 mg/L per il Sodio, 10µg/L per l’arsenico. 1,5 mg/L per i Floruri e infine 0,5 mg/L per i Nistrati. Durezza, pH, conducibilità li spiegherò molto meglio la prossima volta.

Controllo. La normativa prevede che i controlli delle acque vengano eseguiti da laboratori autorizzati con procedure di analisi che periodicamente vengono sottoposte al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore della Sanità. I controlli interni (quelli del gestore) sono accordati con l’USL locale e le analisi vengono affidate a laboratori di loro scelta. I controlli esterni sono svolti unicamente dall’USL locale, e se necessario dalla Regione, secondo i criteri e le modalità scelte dal Ministero della Sanità. I controlli esterni per gli standard di qualità per l’acqua potabile sono trasmessi con periodicità che varia in base alla quantità di metri cubi distribuita dall’impianto di potabilizzazione considerando una media di 200L pro capite al giorno. Per farla breve più è il volume rilasciato, e quindi più cittadini ne necessitano, e più il numero di controlli è maggiore.  Quindi fino al contatore di casa garantisce la sanità pubblica anche per l’impianto idrico e acquedotto. Personalmente penso che ci sia un meccanismo più che affidabile! Dal contattore al rubinetto è compito del proprietario o gestore delle condutture, e sulla salubrità dell’acqua magari rimane qualche dubbio, ma ne parleremo in un altro momento.

Costo. L’acqua gestita dalla sanità pubblica (quella dell’acquedotto per intenderci, o chiamata anche “del sindaco”) ha dei costi ridicoli se pensate agli enormi vantaggi e comodità che ci dà! Prendendo a riferimento una vecchia bolletta di Acque Veronesi 141 m3 di acqua (parametrata, ovviamente, sul pieno utilizzo domestico) mi sono costati solamente 30,30 €. Significa che 1 m3, che sono 1000 L, mi è costato appena 0,22 €. Una doccia di 10 minuti in media sono 120 L e nel mio caso mi costa appena 2 centesimi … se è fredda! In quei 0,22€/m3 il servizio che viene offerto comprende una quota fissa, una per l’acquedotto, una per la fognatura e una per la depurazione. Per chi ha la fortuna di accedere all’acquedotto e ad un servizio simile, può tranquillamente dire che è estremamente conveniente dato che esce direttamente nel rubinetto a km zero senza fatica. Onestamente per il valore che do all’acqua pagherei volentieri di più per questo servizio!

Acqua minerale. Il Ministero della Salute, all’art. 1 del D.Lgs. 25 gennaio 1992, n°105 , definisce per acque minerali quelle acque che hanno origine sotterranea, da falde, o da sorgenti naturali “che hanno caratteristiche igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute”. Esse si distinguono dalle potabili per la purezza originaria , per i minerali, altre sostanze e i loro  effetti: la temperatura, la composizione di questi minerali devono mantenersi costanti alla sorgente nel tempo, salvo cambiamenti di origine naturale. Un’ acqua minerale non è un’acqua potabile perché ha diverse proprietà di cui a breve spiego. Come l’acqua potabile anch’essa ha dei criteri da rispettare: deve riferire precisamente la posizione della sorgente, la natura della mineralizzazione, la posizione della captazione, la temperatura, il residuo fisso, il pH, la conducibilità, l’assenza si microrganismi parassitari e sulla stessa deve essere condotta un’analisi completa a livello chimico , fisico e farmacologico. Perché l’acqua possa essere riconosciuta come “minerale”, il titolare della concessione idrologica, deve fornire una documentazione completa al Ministero della Salute, nella quale testimonia i criteri appena citati, il quale, a sua volta, e infine rilascia un “decreto di riconoscimento nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e comunicato alla Commissione delle comunità europee”.

Proprietà. La differenza tra acqua minerale e potabile consiste principalmente nella quantità di residuo fisso e nella quantità di soluti in essa disciolti. Nella minerale non ci sono particolari standard da rispettare proprio perché l’eccezionalità delle caratteristiche le rendono minerali; ciò significa che possono anche  potenzialmente contenere sostanze classificate dall’OMS non idonee o a livelli superiori. Esse si classificano in: minimamente mineralizzate con residuo fisso ≤ 50mg/L; oligominerali tra 50mg/L e 500mg/L; medio minerali tra 500 e 1500 mg/L e ricche di sali minerali oltre i 1500 mg/L. Il residuo fisso indica i sali disciolti in acqua ad una temperatura di 180° ed esso è direttamente proporzionabile alla conducibilità. Poi le minerali possono anche definirsi solfate, clorurate, calciche, sodiche, ferruginose sempre in base alla quantità dei rispettivi soluti disciolti. Le etichette delle minerali devono dare le seguenti informazioni: la quantità delle singole proprietà, riportando i possibili benefici o effetti che esse hanno sul nostro corpo; l’ultimo controllo effettuato, la data di scadenza, la fonte di sorgenza e il nome dell’etichetta.

Controlli. Al fine di garantire il mantenimento intatto della sorgente il titolare della concessione idrologica deve proteggere la zona a lui concessa da eventuali inquinanti e fornire al Ministero della Sanità analisi biochimiche ogni 5 anni per poter continuare ad avere la concessione. Le aziende di imbottigliamento dell’acqua o chi la trasporta devono, in generale, garantire un corretto stoccaggio: lontano da fonti di luce o calore, protetta e conservata in un luogo fresco e asciutto. So per esperienza personale che non è sempre così per motivi di praticità e agilità del lavoro, e spesso accade che nella bottiglia di plastica le caratteristiche organolettiche dell’acqua cambino nel tempo a causa anche dell’usura stessa della plastica. Le microplastiche sono ormai un dato di fatto presenti nelle nostre acque e ciò è dovuto all’abuso o allo scorretto smaltimento della plastica. I controlli, infine, sebbene non si può mettere in dubbio le proprietà dell’acqua minerale, risultano a mio parere scarsi: infatti prendendo in mano una bottiglia di plastica che ho recentemente comprato, di cui non faccio nome, l’ultima analisi risale al 23 maggio 2017, quindi 3 anni fà.

Costo. Alla concessione della fonte minerale costa appena 0,002 € al litro e ciò significa che pagano 2€ al metro cubo allo Stato per poi guadagnare 100 volte tanto. Questo convalida tutto il discorso del business dell’acqua di cui ho già parlato e che in primis ho vissuto personalmente con il mio precedente lavoro: nei distributori automatici il prezzo di mezzolitro va da 0,35€ a 0,50€. Un litro di acqua minerale al supermercato la si può trovare da 0,09€ a 0,39€. Il costo dell’acqua in bottiglia è totalmente a carico del consumatore finale perché va a pagare tutta la catena distributiva, e l’acqua non ha subito in questo processo aumenti, ne in qualità e ne in quantità ma solo nel prezzo. Per chi va a comprarla al supermercato dovrebbe considerare nei costi i seguenti fattori: 1.La fatica fisica di trasportare kg di acqua; 2. Il tempo che spende per comprarla e 3. I costi del mezzo di trasporto.

In conclusione. Anche se l’acqua minerale ha effettivamente delle proprietà eccezionali, il mio punto di vista è fortemente a favore dell’acqua potabile del rubinetto poiché risulta più controllata, costa praticamente niente, è a km zero, è plastic-free, riduce l’impatto ambientale ed ha buone caratteristiche biochimiche. Chi acquista acqua in bottiglia di plastica non solo danneggia il suo portafoglio (una famiglia italiana mediamente spende fino a 600€ all’anno) ma anche l’ambiente che ancora una volta paga sempre il prezzo più alto.  Questo è come la penso io, ma potete benissimo commentare e scrivermi la vostra opinione. Spero che quest’articolo/video, più che piaciuto, vi sia servito o vi abbia fatto più chiarezza in materia di acqua.

Vi lascio, inoltre, qui i link per visionare le normative complete su acqua potabile e acqua minerale:

Decreto Legislativo 2 febbraio 2011, n°31: https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/01031dl.htm     

Decreto Legislativo 25 gennaio 1992, n°105: https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1992-02-17&atto.codiceRedazionale=092G0142&elenco30giorni=false

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