COMUNI SOSTENIBILI

6 CONSIGLI PER UNA CITTA’ ECOLOGICA

Ciao a tutti! E bentornati su www.dalmarbozzo.com! Negli ultimi mesi sono stato impegnato per motivi di lavoro e ho avuto poco tempo per occuparmi di nuovi articoli. Premetto anche che per questo articolo non ci sarà un video annesso perché sto implementando gli strumenti audio e video! A breve partirò per un viaggio cicloturistico all’insegna della sostenibilità, ma di questo ne parlerò più avanti dandovi un report dettagliato.

Oggi desidero offrirvi delle iniziative pratiche per ridurre l’impatto ambientale all’interno del proprio Comune. Sono consigli che mi sento di dare per esperienza professionale e personale. Spero che siano di aiuto, o che possano avverarsi davvero.

Il mondo sta cambiando e ha compreso l’innegabile correlazione tra salute e cambiamento climatico. I Paesi benestanti stanno attuando fortemente un cambio di rotta: dal G8 al G20 , ogni partito politico e molte aziende hanno capito l’importanza dell’economia circolare. Che sia Green Washing con finalità di business, o che sia un vero interesse per l’ambiente, la parola d’ordine del 2021 è “sostenibilità”! La sostenibilità non è soltanto una questione ambientale o il trend del momento, ma dal mio punto di vista è un basamento indispensabile su cui si deve appoggiare qualsiasi tipo di crescita o cambiamento.

 Voglio fare un esempio inerente all’ultimo articolo  sul ghiaccio (https://www.dalmarbozzo.com/2021/04/03/ghiaccio-2/): un ghiacciaio si può definire sostenibile, solamente se le precipitazioni invernali sono pari o maggiori rispetto allo scioglimento estivo; questo perché il bilancio tra entrate invernali ed uscite estive è zero o poco superiore. Lo squilibrio si crea quando il bilancio è, ad esempio, a -1, cioè quando le entrate invernali sono inferiori alle uscite estive. Probabilmente nell’immediato non cambia assolutamente nulla, ma questo squilibrio nell’arco di 10 anni crea un enorme cambiamento poiché il risultato annuale capitalizza e si somma a quelli successivi. La sostenibilità ha molto a che vedere con il tempo che passa e spesso non si accorge che un’azione piccola può diventare grande. Quindi azioni che sembrano insignificanti, come gettare la cartina a terra, nel breve termine potrebbe essere vista come un “non muore nessuno e può capitare”; ma nel lungo termine si capisce che quell’azione diventa insostenibile perché la perdita complessiva accumulata negli anni è maggiore rispetto all’azione di quel frangente.  

Essendo un concetto astratto è difficile metterlo in pratica, soprattutto se si è in pochi a comprenderlo a pieno. Oggi offrirò ai comuni e ai cittadini soluzioni che dal mio punto di vista sono molto sostenibili rispetto a ciò che si è fatto finora. Mi rivolgo non solo a coloro che hanno una coscienza ecologica, ma anche a coloro che hanno potere esecutivo, come le amministrazioni comunali, nel rendere migliori e sostenibili le nostre città. Ecco qui 6 consigli per una città sostenibile:

  1. Avviare un protocollo di intesa per le raccolte straordinarie dell’immondizia: ad esempio Plastic Free è un organizzazione comunitaria No Profit che collabora con le amministrazioni comunali per eliminare quegli accumuli di sporcizia che ci fanno vergognare di essere umani. L’iniziativa è supportata da un referente o più per ogni comune. La partecipazione all’evento è totalmente gratuita, ed è sufficiente iscriversi con nome, cognome e indirizzo e-mail sul portale www.plasticfreeonlus.it ; questo evento organizzato è molto spesso pubblicizzato su tutti i social. Portate con voi guanti, abbigliamento comodo, e una borraccia (perché vi ricordo che idratarsi è importante , soprattutto se si fa movimento!). Se invece si vuole diventare referente, e quindi socio effettivo, la quota di iscrizione è di appena 30€. Ho partecipato personalmente a 2 raccolte plastic free: mi sono divertito, ho conosciuto persone nuove, ho fatto movimento, e mi sono sentito più “proprietario” e responsabile del luogo della raccolta. Questa iniziativa nel lungo termine è assolutamente sostenibile poiché si avvale di volontari che hanno a cuore la cura e la tutela dell’ambiente ottenendo un grande risultato: cittadini più responsabili, ambiente più pulito, ad un costo irrisorio (un po’ di tempo e energie). Ricordate: è sostenibile quando le entrate sono maggiori delle perdite!
  2. Installare case dell’acqua nel proprio comune. La casa dell’acqua è un bellissimo esempio di sostenibilità ambientale. Invito fortemente le amministrazioni comunali e anche i cittadini a prendere maggiori informazioni su questo progetto. Intanto vi spiego cos’è la casa dell’acqua: è un impianto di erogazione dell’acqua (tipo distributore automatico) al servizio dei cittadini; essi possono andare al punto di prelievo con le proprie bottiglie vuote e erogare acqua fredda, o gassata ad un prezzo irrisorio, che di solito è 0,05 € al Litro. L’impianto è dotato di avanzati sistemi di depurazione e rende dunque l’acqua del sindaco più gradevole! I benefici sono davvero innumerevoli: risparmio immediato per il cittadino, riduzione di acquisto di acqua in bottiglia di plastica; riduzione dei consumi di tutto ciò che gira attorno al trasporto e alla produzione delle bottiglie (petrolio, CO2);  riduzione dei rifiuti; si creano nuovi spazi dove si può sviluppare un senso di appartenenza ad una comunità e una coscienza ecologica. Mi soffermo sulla sostenibilità del progetto. Esso sta in piedi quando c’è una forte promozione da parte del comune che si esprime poi in grandi consumi che permettono di sostenere i costi di gestione della casa dell’acqua da elargire successivamente all’azienda fornitrice. Alcune regioni come il Veneto finanziano l’installazione delle casette dell’acqua. Per ulteriori informazioni vi invito a contattarmi!
  3. Installare eco-compattatori incentivanti: si tratta di un box-cassonetto dove il cittadino può portare la propria bottiglia di plastica, inserirla dentro al contenitore e ottenere una ricevuta di sconto da utilizzare nei negozi convenzionati! Il riciclo aumenta notevolmente, il cittadino è incentivato a smaltire la plastica correttamente e ottiene anche uno sconto sugli acquisti dei negozi locali. Favorire il riciclo e l’acquisto a km 0, è molto sostenibile. L’acquisto di questi eco-compattatori è a carico del comune, però è un ottimo investimento a lungo termine per creare un’economia circolare.
  4. Disporre di piste ciclabili: sono un’amante della mountain bike e credo fortemente che la sostenibilità di un comune si possa vedere anche attraverso la quantità e la qualità delle piste ciclabili. Se vi ricordate nell’articolo https://www.dalmarbozzo.com/2020/10/17/mobilita/ ho messo a confronto vari mezzi di trasporto e la bicicletta è stato il secondo mezzo vincente nella classifica finale. Le piste ciclabili danno maggior sicurezza sia all’utente che al conducente di mezzi a motore; diluiscono il traffico, permettono di non inquinare con il conseguente miglioramento della qualità dell’aria, sono ottimi spazi di svago e relax contro lo stress giornaliero lavorativo e infine stimolano la crescita del cicloturismo che promuove quindi il territorio locale. Le e-bike stanno seguendo una tendenza di crescita incredibile e possono, nel lungo periodo, sostituire le auto per le tratte giornaliere casa-lavoro nel raggio di 10 km. Il “bike to work” è una realtà non solo convalidata in molti Paesi del Nord Europa, ma anche retribuita per coloro che optano questa scelta ecologica.
  5. Sullo stesso filone della mobilità urbana, ritengo indispensabile promuovere e incentivare l’utilizzo di mezzi elettrici. Aldilà del trend in crescita dell’auto elettrica, ritengo che il supporto ad esso associato, come le colonnine, sia di fondamentale importanza per poter influenzare le scelte dei cittadini verso acquisti più sostenibili! Se un cittadino è consapevole che il proprio comune ha disposto le colonnine elettriche, è molto più facile che sceglierà un mezzo alimentato a batteria elettrica piuttosto che uno a combustione fossile.
  6. Rivalutare e riqualificare gli spazi in disuso o abbandonati all’interno del comune per edificare spazi verdi o adibiti alla mobilità green. Ad esempio parte della vecchia ferrovia Ostiglia -Treviso è stata riutilizzata come una ciclabile. Oppure si potrebbe costruire un parco o un area verde non solo per avere più ombra, ma anche  per ottenere una riduzione di CO2 nell’aria. Una città che possiede tanti spazi verdi, oltre ad essere più apprezzata dai cittadini, favorisce l’abbassamento di temperatura durante il caldo estivo. La differenza di temperatura tra asfalto assolato e asfalto ombreggiato è netta e si comprende dunque quanto sia importante avere spazi verdi nella propria città. E questi luoghi, a cui si da una seconda vita, possono diventare una vera attrattiva per i turisti!

Esorto infine i cittadini a spingere le amministrazioni comunali verso infrastrutture ecologiche come queste! Queste sono 6 idee per un comune sostenibile… Magari ce ne sono tante altre di cui non ho parlato e potete scrivermele voi. Magari qualcuna di queste iniziative è già presente nel vostro comune… Chiedetevi: il mio comune è sostenibile? Fatemelo sapere nei commenti!

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Vi ringrazio della vostra attenzione e ci vediamo alla prossima!!!  

RITORNO ALLE ORIGINI

Agricoltura Biologica e Biodinamica.

L’ultima volta ho riassunto tutto ciò che ho fatto per la realizzazione del mio progetto. Ovviamente mentre proseguo la mia lotta alle bottiglie di plastica mi vengono in mente altri argomenti interessanti di cui vorrei trattare. Uno di questi è l’agricoltura biologica e biodinamica.

La prima volta che sono entrato in contatto con questi termini risale al 2014 per merito di un’azienda che produce integratori alimentari con questi sistemi di coltivazione. Rimasi particolarmente colpito dalle tecniche descritte, tant’è che recentemente sono andato a riprendere in mano quelle informazioni per approfondire l’argomento.

La prima cosa da tenere in mente è la definizione di “agricoltura”, ossia quel settore alimentare in cui si usufruisce dei doni della terra ed è di grande importanza poiché da esso si traggono i nostri principali alimenti. Se ci pensate la maggioranza delle diete del mondo prevede l’utilizzo dei cereali (mais, frumento, riso, orzo, avena ecc…): il pane è praticamente l’alimento universale e senza i cereali l’uomo sarebbe ancora all’età della pietra e non avrebbe potuto costruire società e città come oggi noi le conosciamo.

L’agricoltura, ovviamente, nel tempo si è sviluppata e modernizzata al punto tale da creare processi intensivi: cioè sfruttare tutto il potenziale delle proprietà nutritive della terra impattando però, inevitabilmente sull’ambiente. Infatti, se questi processi all’inizio potevano dare sostentamento a molte più persone e soddisfare la domanda di mercato, oggi invece ci si accorge di come il terreno, utilizzandolo in questo modo, non solo si impoverisca e quindi renda meno, ma anche la coltivazione che ne si ottiene diventa più vulnerabile alle condizioni esterne.

E così, ormai da tempo, e in particolare dall’EXPO 2015 intitolato “Nutrire il Pianeta”, si è rimesso al centro dell’interesse l’agricoltura biologica e biodinamica, che sebbene siano collegate all’agricoltura, costituiscono due metodi distinti. Eccoli qui una speigazione.

Per Biologica si intende quella agricoltura che utilizza un prodotto naturale finalizzato o all’eliminazione dei parassiti naturali o all’incremento della fertilità o per entrambi gli scopi. In concreto, anziché utilizzare pesticidi o prodotti di sintesi chimica si disperde sul terreno fertilizzanti di origine naturale che possano proteggere le piante da aggressioni parassitarie. L’evoluzione del settore biologico è stata quella di comprendere le dinamiche tra piante, animali e parassiti e quindi, al posto di utilizzare un prodotto naturale che potesse eliminare i parassiti, si è passati all’inserimento di antagonisti naturali. Oltre alla tecnica della sarchiatura che consiste nel proteggere la base e le radici delle piante con cumoli di terra ben equidistanti tra loro, si è deciso di inserire alcuni animali che potessero eliminare da sé i potenziali danni: le coccinelle e i crisopidi sono insetti capaci di fagocitare efficacemente gli afidi che sono parassiti delle piante; oppure l’introduzione di uccelli predatori è un ottimo deterrente per uccelli più piccoli e per i roditori; oppure inserire i lombrichi assicura una qualità migliore del terreno poiché attraverso la loro digestione di terra rilasciano notevoli sostanze nutritizie.    

Per Biodinamica si intende quella agricoltura che tiene in considerazione i normali ritmi naturali di tutte le specie coinvolte nella coltivazione e che è volta a mantenere e preservare l’ecosistema senza compromessi ambientali. Si potrebbe parlarne per ore di questo argomento ma qui elenco semplicemente gli aspetti principali che si tengono in considerazione: la stagionalità dei raccolti e dei cicli parassitari, il meteo e quindi la quantità di acqua da utilizzare senza sprechi, la transumanza e il pascolo del bestiame, la ciclicità e l’alternanza delle colture volte a non impoverire il terreno (il trifoglio e la veccia se mescolate nel terreno sono rigeneranti dei nutrienti del suolo). Tutti questi aspetti permettono di stabilire un equilibrio tra produttività del raccolto e impatto ambientale mantenendo così inalterato l’ecosistema.

Da ciò si può comprendere come l’agricoltura biologica e biodinamica rientrino nella Green Economy perché non solo costituiscono un business che vede soddisfare le esigenze dei consumatori odierni più attenti all’eco-sostenibilità, ma anche perché sono diventate indispensabili per poter mantenere uno sviluppo economico sostenibile per i futuri 10 miliardi di persone che avremo entro il 2050. Quindi – con questa prospettiva futura – ben venga che i singoli agricoltori o altre aziende utilizzino questi metodi; ben venga che si compri a Km0 dall’ortofrutta del paese, e ben venga che si possa avere un piccolo orto in casa. Con questo “ritorno alle origini “ si può pensare di preservare maggiormente la nostra amata Terra e prevenire i disastri climatici.

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Acqua fredda o gassata?!

FRIGOGASATORI E BOMBOLE DI CO2

La volta scorsa ho spiegato come la plastic tax costituisca una valida motivazione per abbandonare i consumi di plastica, in particolare le rispettive bottiglie. Questa volta ho intenzione di motivare a fare acquisti plastic-free coloro che amano l’acqua fredda o gassata e spesso non fanno questa scelta perché alcuni sistemi di depurazione non danno nell’immediato soluzioni di questo tipo.

Anzitutto vorrei ricordare che il depuratore è un investimento che nell’arco di 2/3 anni può essere ammortizzato (più tardi cito l’articolo per capire come) e nei successivi anni si può risparmiare sull’acquisto medio familiare annuo di bottiglie di acqua di 450-600€. La soluzione, per chi volesse anche l’acqua fredda e gasata, è il frigogasatore che può essere integrato al sistema di trattamento di depurazione permettendo quindi di darvi ciò che più vi piace! Come i depuratori anche i frigogasatori  possono farvi risparmiare sulla spesa dell’acqua, quindi, se avete un po’ di lungimiranza finanziaria, potete ben capire che non si tratta di uno sperpero inutile ma di un investimento che nel lungo periodo vi darà tantissimi vantaggi.

Ora entro più nel dettaglio per spiegare cos’è un frigogasatore, come funziona, i prezzi e in cosa consiste la manutenzione proprio per dare maggiore consapevolezza a chi vuole fare questo genere di acquisto.

Il frigogasatore non è nient’altro che un frigorifero con annessa la bombola di CO2 alimentare. Per spiegarne meglio il funzionamento è opportuno fare una distinzione tra refrigerazione e gasatura.

La refrigerazione: il procedimento per l’acqua fredda.

Un refrigeratore classico sfrutta il fatto che il gas evaporando assorbe calore e condensandosi lo rilascia. Il gas utilizzato nei frigoriferi è il Freon o comunque un gas idoneo alla refrigerazione ed è racchiuso in un circuito composto da compressore ed evaporatore. Il compressore trasforma il gas in liquido e viene pompato all’interno del frigo grazie ad una serpentina dai tubi sempre più larghi permettendo quindi al liquido di evaporare;  il calore assorbito dall’interno  viene rilasciato tramite radiatore e infine si può ottenere un’ambiente raffreddato. Infine il termostato fa partire il procedimento nel momento in cui la temperatura raggiunta all’interno del frigorifero supera la soglia preimpostata.

La gasatura: il procedimento per l’acqua gassata.

All’interno del frigogasatore o poco distante c’è una bombola contenente CO2 alimentare che tramite alcuni tubi viene introdotto nel frigorifero. Per far si che l’anidride carbonica si misceli con l’acqua, processo chiamato carbonatazione, sostanzialmente sono necessari due fattori:  una buona pressione di esercizio intorno ai 2,5- 4,5 bar, e l’acqua fredda perché la miscelazione avviene con maggior efficacia se la temperatura dell’acqua  è compresa tra i 4 e i 10 gradi centigradi e permette alle bollicine  di gas di non evaporare in fretta. Una bombola da 600 g, per esempio, può rendere effervescente da 90 a 120 L di acqua. L’anidride carbonica alimentare è sotto la sigla E290 e oltre a 600g esistono bombole di dimensioni maggiori e minori, e anche ricaricabili.

Il prezzo di una bombola varia in base alla quantità del contenuto, e al fatto che sia ricaricabile o meno. Ovviamente per evitare l’usa e getta vi consiglio quelle ricaricabili. Ad esempio una da 600g può costare da 14 € a 25€ contro la media delle bottiglie in plastica (0,24€/L) e in vetro (0,5€/L). Capite bene che la convenienza c’è, sempre in un ottica a lungo termine!

Il frigogasatore è la combinazione di queste conoscenze in un unico prodotto. Il suo costo può variare da 250€ a 1500€ in base alle necessità della famiglia e all’uso che se ne fa (magari potrebbe essere inserito all’interno di un locale di ristorazione). La manutenzione consiste unicamente nella sostituzione della bombola e, per il resto, l’azienda che vi vende il prodotto, vi può offrire un servizio assistenza.

Ma tutto questo cosa c’entra con l’acqua e la Green Economy?

Ora che sapete come funziona un frigogasatore , che potete integrarlo al vostro sistema di depurazione (sempre se ne avete bisogno); che quest’ultimo è il secondo miglior modo in termini di qualità, eco-sostenibilità e convenienza come ho già spiegato in questo articolo https://www.dalmarbozzo.com/2020/07/11/5-modi-per-prendere-acqua-a-confronto/; ora non avete più scuse per continuare ad acquistare bottiglie in plastica!

Il frigogasatore , come il depuratore è un acquisto che nel lungo termine è decisamente eco-friendly e potrete così gustarvi la vostra acqua fredda e gasata riducendo l’impatto ambientale!

Nel caso voleste saperne di più o vedere di persona questi apparecchi non esitate a contattarmi! Sarò lieto di dare ulteriori delucidazioni sull’argomento o mostrarvi dal vivo come funzionano. Mettete like, condividete, iscrivetevi al mio canale di YouTube, seguitemi su Instagram e su Facebook!

PLASTIC TAX

L’inevitabile tassazione sulla plastica.

Nei precedenti articoli ho mostrato più volte svariate soluzioni alternative all’utilizzo della plastica. Se il messaggio non fosse chiaro ve lo ripeto: ho intenzione di eliminare le bottiglie di plastica!!! Quindi ecco qui un’altra motivazione per ridurre il consumo di plastica monouso.

Parliamo di PLASTIC TAX. Premetto che, non è mia intenzione fare un intervento a sfondo politico, anche se è un tema che riguarda principalmente la politica. Spiegherò infatti che cos’è questa tassa, perché è nata questa proposta di legge, quali sono le possibili conseguenze e il mio personalissimo punto di vista che è ben lontano dal fare politica!

Che cosa ‘è! La plastic tax è nata dopo un confronto in Commissione Europea nel gennaio 2018 dove è emerso che soltanto il 20% dei rifiuti di plastica monouso veniva riciclato e il restante andava a inquinare l’ambiente, per lo più i nostri mari. Vi ricordate la tassazione di 5 centesimi sui sacchetti di plastica nel 2017, dove stava quasi nascendo una rivolta per l’aumento del prezzo? Ecco in quel caso , tantissime persone non furono contente, ma il risultato fu eccellente e si è visto ridurre drasticamente l’acquisto di buste di plastica. La plastic tax, allo stesso modo, ha lo scopo di: 1) scoraggiare i consumatori all’acquisto di plastiche usa e getta, 2) ridurre in maniera indiretta l’impronta al carbonio, e 3) stimolare i cittadini e le aziende ad applicare comportamenti virtuosi per il corretto smaltimento dei rifiuti.

La plastic tax in Europa. L’iter di questa proposta di Legge è stata uno dei più rapidi nella storia della Commissione Europea, poiché la stragrande maggioranza era favorevole, anche se – a ragion del vero –  sicuramente le manifestazioni di FridayForFuture in tantissime piazze del mondo hanno reso urgente il tema.

La Legge, infatti, è stata approvata il 5 giugno 2019, appena dopo 3 mesi dalla prima manifestazione globale tenutasi il 15 marzo 2019; essa prevede la tassazione di 0,80 € per ogni kg di plastica prodotta che poi verrà intercalata in base alla singola situazione di ogni Paese. È così arrivata ad essere una norma estesa a tutti i membri dell’UE e l’unica cosa certa è che a partire dal 1° gennaio 2021 sarà obbligatoria per tutti.

La plastic tax in Italia. Come qualsiasi tassa anche questa ha creato dibattiti accesi fin dall’inizio, poiché da una parte si vuole stimolare un’economia ecosostenibile e dall’altra si va ad intaccare un settore imprenditoriale che in Italia, e per lo più in Emilia Romagna, dà lavoro a tantissime persone. Quindi a fine anno 2019 si è giunti ad un compromesso dove la tassazione è arrivata a 0,45€ al kg. La plastic tax ha preso  il nome di MACSI cioè imposta sui MAnufatti di Consumo di Singolo Impiego.

 Quali prodotti plastici rientrano nel MACSI dunque? Tutti quei prodotti volti al contenimento o alla protezione di alimenti, in questa categoria rientra, per esempio, anche il Tetrapack; sono invece esclusi quei prodotti con una composizione inferiore al 40% di plastica, nonché quelli riciclati o semi-compostabili, e gli imballaggi dei medicinali. Per permettere alle aziende di ridurre la quantità di plastica e quindi di fare una manovra di conversione, è stata aggiunta alla Legge un credito di imposta del 10% per quelle industrie che nel 2020 attueranno comportamenti virtuosi, cioè quelli volti all’attenzione per l’ecosistema. Il Covid-19 ha fatto slittare l’avanzamento della proposta di Legge e, contemporaneamente ha fatto incrementare la domanda di materie plastiche monouso in nome dell’igiene personale, e ha lasciato più tempo alle aziende del settore plastico di riorganizzarsi. Insomma da un lato bene per l’industria, dall’altro male per l’ambiente. Se la situazione Covid-19 migliorerà ci saranno ulteriori sviluppi a riguardo, per ora è rimasto un argomento sospeso e messo in secondo piano.

Conseguenze. Quali sono le conseguenze ti tale tassazione? Non c’è uno scenario certo, però in alcuni Paesi europei, dove la tassa è già stata applicata da 2/3 anni, si è visto un drastico calo dei consumi plastici e la conseguente riduzione del settore industriale dei polimeri. Le aziende italiane, soprattutto dopo il Covid, non hanno, in alcun modo, intenzione di assorbire la tassa e quindi per loro l’unica decisione da prendere è di scaricare l’imposta sul consumatore finale che pagherà a prezzo maggiore la plastica monouso.

Vi ricordo che, come ho già detto, produrre plastica richiede, tantissime risorse che non sono più sostenibili (vedi il petrolio che è destinato al finire al 100% nei prossimi 43 anni); che la plastica è uno dei maggiori responsabili dei cambiamenti climatici, a causa dell’inquinamento marino.

Considerando questi aspetti, la mia personalissima opinione è la seguente: la tassa sulla plastica è una medicina amara che va presa senza tante storie, e che vi piaccia o meno, sarà prima o poi inevitabile. C’è anche da considerare che la tecnologia e le soluzioni ecologiche sono in continua crescita ed è solo una questione di tempo prima che si trovi una alternativa definitiva alla plastica, e le aziende produttrici dei polimeri potranno soltanto o adeguarsi o estinguersi. Mi auspico ovviamente che la Legge passi e che abbia un effetto positivo per la riduzione delle emissioni di CO2.

Mi sento, infine, di darvi un consiglio se non volete subire questa tassazione: adoperatevi quanto prima a fare un cambiamento in termini di consumi plastici, e dato che l’acqua è la mia materia, vi consiglio di rivedere questi articoli che possono aiutarvi a eliminare l’acquisto delle bottiglie di plastica.

Basta plastica! Scegliete le alternative già disponibili!

Come sempre, se avete trovato utile l’articolo, o se è stato di vostro gradimento mettete like, condividete, iscrivetevi al mio canale YouTube e seguitemi su Instagram e Facebook. Ciao a tutti!

BORRACCE

La scelta giusta

La volta scorsa ho dato delle informazioni generiche sulla borraccia, senza entrare nei particolari; questa volta darò informazioni più specifiche su come scegliere la borraccia.

Se avete deciso di ridurre l’impatto ambientale, in particolare del PET, con l’acquisto di una o più borracce… Fantastico! Avete il mio apprezzamento! Desidero aiutarvi nella scelta d’acquisto per non farvi abbindolare dal basso prezzo o dai colori sgargianti e accattivanti. Ecco qui delle indicazioni su come scegliere la borraccia che fa al caso vostro.

Quanta acqua vi serve? In un precedente articolo ho spiegato l’importanza dell’idratazione, insieme alla dottoressa Chiara Andreella, che necessitiamo, in media ed in linea generica, di 2,5 L al giorno. Vi sembrerà scontato quello che vi dirò, ma siamo talmente presi dalla routine quotidiana che tanti di noi non si idratano a sufficienza, e quindi un consiglio, relativo all’acquisto, per contrastare questa carenza è di  scegliere la capacità di volume della borraccia in base a quanto rimanete fuori casa. Ad esempio, se state fuori casa almeno 8-10 ore al giorno allora una borraccia da 600 ml / 1000 ml è la scelta che fa per voi; se invece state fuori casa tutto il giorno è bene attrezzarvi con due o più borracce sempre dello stesso volume. Se avete esigenze di diverso volume non preoccupatevi, potrete trovare il target che fa al vostro caso perché ce ne sono davvero tanti.

Qual è il contesto in cui andrete a bere fuori casa? Si tratta di stare al lavoro, in ufficio, oppure fuori a fare attività fisica? Le borracce con chiusura ad avvitamento solitamente sono indicate per qualsiasi attività poco o per niente movimentate, come ad esempio lavoro in ufficio; al contrario, le borracce con chiusura push and pull sono ideali per l’attività fisica perché pratiche da prendere con una sola mano e apribili con la bocca.

Semplice o termica ed isolante? Una borraccia semplice non ha alcune protezione da caldo o freddo e nemmeno può trattenere la temperatura del liquido in essa contenuto. Invece, se è termica, la borraccia è costruita da due strati (come se al suo interno ce ne fosse un’altra) e in questo modo è possibile ridurre notevolmente l’escursione termica mantenendo quasi inalterata la temperatura del liquido. Se, ad esempio, non volete l’acqua fredda o calda allora una borraccia semplice fa per voi, ma se invece volete mettervi all’interno o un the caldo o freddo e mantenere quella temperatura allora scegliete quella termica-isolante per potervi godere le giornate all’aperto.

Quale materiale scegliere? La volta scorsa ho affermato che è importantissimo sapere con quale materiale è fatta la borraccia ed ecco i dettagli dei 4 materiali più usati per la produzione di borracce.

Plastica. Le borracce in plastica a basso costo hanno tutte le qualità e i pregi che ho elencato in un precedente articolo. Lo ripeto: le bottiglie in PET sono monouso e non vanno riutilizzate nemmeno come borracce. Le borracce in plastica hanno tutta una serie di controindicazioni che possono alterare le proprietà organolettiche della bevanda. Ma c’è anche una plastica molto valida chiamata TRITAN che è un polimero estremamente sicuro dal punto di vista sanitario poiché è privo dei BPA, compatto, leggero, resistente e trasparente, si può lavare in lavastoviglie senza modificare le sue caratteristiche chimiche. La mia borraccia è in Tritan BPA FREE.

Alluminio. Le borracce in alluminio hanno il vantaggio di essere molto leggere, ma sono facilmente sensibili agli urti e ossidabili dai vari liquidi con cui entrano in contatto. L’ossidazione dell’alluminio può provocare diversi disturbi di salute che non elenco per brevità. Per rimediare a questo possibile problema hanno pensato bene di inserire un rivestimento interno in ceramica che mantiene inalterate le proprietà del liquido. In queste borracce però è sconsigliato inserire liquidi come latte, olio e bevande acide.

Acciaio. Le borracce in acciaio sono spesso inossidabili e ultimamente sono le più quotate perché l’acciaio non rilascia sostanze che possono alterare sapore e odori del liquido contenuto e difficilmente sono soggette alla proliferazione di batteri. Il loro difetto principale è il peso.

Vetro. Le borracce in vetro, seppur hanno il vantaggio di essere inerti dal punto di vista chimico a contatto con i liquidi, sono vendute in quantità minore perché corrono il rischio principalmente di rompersi e quindi per la fragilità sono le meno scelte.

Queste sono le indicazioni che mi sento di dare per fare un buon acquisto di una borraccia. Ovviamente non vi condannerò se ne sceglierete una di scarsa qualità perché contribuirete comunque a ridurre l’impatto ambientale. Sono convinto però che per aver una borraccia di qualità bisogna spendere minimo 15€.

Spero che questo articolo vi sia stato utile. Ditemi la vostra! Che borraccia usate? Perché? Scrivetemi, seguitemi su Instagram e Facebook e iscrivetevi al mio canale di YouTube.

BORRACCE

La svolta ecologica

La volta scorsa ho mostrato come la canapa possa essere un ottimo sostituto alla plastica e come possa essere una grande risorsa per la Green Economy. Desidero parlarvi di un prodotto diventato simbolo non solo della Green Wave ma anche della lotta contro la plastica: la BORRACCIA.

Da un paio di anni la borraccia è tornata d’interesse grazie ai movimenti eco-friendly associati alla spinta ambientalista di Greta Thunberg. Dico, è tornata, perché la borraccia è un’invenzione tutta italiana creata da Pietro Guglielmetti intorno al 1850: era in legno, aveva la capacità di un litro, aveva una tracolla per essere trasportata comodamente, ed era pensata per l’utilizzo bellico. Infatti la borraccia entrò a far parte dell’equipaggiamento militare durante le guerre per l’unità d’Italia ed espatriò in tutto il mondo grazie alla guerra in Crimea. Ben presto poi fu creata con altri materiali, come ad esempio l’alluminio, e infine perse l’interesse comune con l’avvento delle plastiche.

Attualmente il mercato delle borracce è fiorente, in continua crescita e lo si può constatare in moltissimi supermercati: vengono proposte, in bella vista, a disposizione dell’utente una vasta scelta di vari tipi di borracce. I primi acquirenti della borraccia sono le nuove generazioni e i millenials e man mano che cresce l’interesse per l’ambiente anche le generazioni meno nuove si stanno attrezzando. Ma quali vantaggi porta avere con se la propria borraccia?

I vantaggi sono principalmente 3:

  1. Il costo dell’acqua è praticamente nullo come abbiamo già visto per l’acqua potabile o trattata. La prendete dal rubinetto senza pagare e ve la portate dove volete!
  2. Una borraccia è in un certo senso “per sempre” e questo significa rinunciare all’acquisto delle bottigliette in PET riducendo notevolmente l’impatto ambientale. Provate ad immaginare se ogni italiano (siamo in 60,37 milioni) utilizzasse la borraccia, e decidesse di non comprare più bottiglie di plastica… significa che in Italia si eliminerebbe a monte ben 33,5 milioni di kg plastica e 83,6 milioni di CO2. Come posso dirlo? Ricordo che in base ai precedenti articoli, 1 kg  di bottiglie di plastica può contenere 37,5 L di acqua e produce 2,5 kg di Co2; in media ogni italiano spende 208 L all’anno. Questo vuole dire impattare pochissimo sull’ambiente!
  3. Avere la borraccia ci aiuta a monitorare il nostro stato d’idratazione: se a metà giornata la vostra borraccia è ancora piena probabilmente siete disidratati. Se ce l’avete sempre con voi, sarà più facile finirla.

L’unico svantaggio della borraccia è che può risultare scomoda avercela con se, ma ci sono moschetti e altri lacci che possono aiutarci a rimediare a questo piccolo inconveniente.

Ecco qui alcune informazioni generali sulla borraccia:

1. Vanno lavate frequentemente con acqua calda, detergente e con lo scovolino, che è una spazzola ideata per entrare dentro a cavità lunghe e strette, oppure se la borraccia lo consente, lavate in lavastoviglie. Il lavaggio acqua calda, lavapiatti e shakeraggio manuale della borraccia può essere nel tempo inefficace perché non riuscireste a lavare accuratamente nelle curve del contenitore.

2. Leggete le istruzioni o l’etichetta d’acquisto per comprendere cosa può o non può fare la borraccia: in base al materiale con cui sono fatte possono contenere alcuni liquidi oppure no; possono essere usate tot volte o lavate n.° volte.

3. Le borracce variano di costo in base alle seguenti caratteristiche: materiale, volume, scopo di utilizzo sono ciò che influiscono più di tutto sul prezzo. I prezzi variano quindi da 5 € a 25€. Una buona borraccia costa minimo 15€.

4. Ci sono principalmente 4 materiali con cui vengono fatte le borracce: in plastica, in alluminio, in acciaio e in vetro. La domanda più importante da farsi in fase di acquisto, la prima in assoluto, è di che materiale è la borraccia! Perché in base alle caratteristiche del materiale può farvi decidere sulla vostra scelta di acquisto. Ma di questo ne parlerò la prossima volta e darò informazioni più dettagliate su come scegliere.

Se avete deciso di fare la svolta ecologica vi faccio le mie congratulazioni! Vi può sembrare una sciocchezza ma sono le piccole azioni quotidiane che nel tempo producono grandi cambiamenti. Sono convinto che la borraccia abbia ancora largo margine di crescita in termini economici e che possa svolgere un ruolo importante nella partita della salvaguardia dell’ambiente.

Non perdetevi la prossima puntata! Intanto commentate, mettete like, seguitemi su Instagram e Facebook e iscrivetevi al  mio canale YouTube. Ciao a tutti!

Comprendere la plastica

In più appuntamenti precedenti ho accennato diverse volte genericamente all’utilizzo della plastica senza mai entrare nello specifico dell’argomento, quindi oggi tratterò l’argomento plastica spiegando brevemente cos’è, com’è nata, come si crea, quali tipologie esistono, e in che modo è entrata comunemente nelle nostre case come contenitore per acqua.

Anzitutto, la plastica è un materiale creato dall’uomo dalla lavorazione del petrolio. Per produrla è necessario l’utilizzo di acqua, petrolio e metano. Si applica un processo chimico, scoperto nel 1835, chiamato polimerizzazione degli idrocarburi cioè composti da Carbonio e Idrogeno. Tutte le scoperte riguardanti la plastica partono da qui. Dal 1900 in poi è stata una evoluzione innovativa continua,  portando alla nascita del PVC, del moplen, del PET e tutte le altre plastiche. Attualmente le plastiche di dividono in 7 tipi e le descrivo brevemente qui sotto :

1 PET  (Polietilene Teraftalato), plastica monouso, densità maggiore dell’acqua. Esempio di PET: bottiglie di plastica.

2 HDPE/HDP (Polietilene ad alta densità): plastica che galleggia, ritenuta più sicura. Esempio: contenitori dei detersivi.

3 PVC (Cloruro di Polivinile) usata per le vaschette trasparenti per il confezionamento dei cibi.

4. PE-LD (Polietilene a bassa intensità) usato nei bicchieri dei distributori automatici (ne ho visti a migliaia di questi!), galleggia.

5 PP (polipropilene), galleggia ma è difficile da riciclare. Esempio: bacinelle, scolapasta e shaker.

6 PS (polistirolo) usato per imballaggi alimentari e non, facilmente dispersivo.

7 altre plastiche, sono composte da BPA (Bisfenolo A).Questo tipo ti plastica NON è RICICLABILE e dunque è pensato per un uso prolungato.

Di solito troviamo il simbolo del riciclaggio con il numeretto corrispondente o/e le diciture appena citate. Ad esempio io ho una borraccia con simbolo di riciclaggio 7, ma è anche BPA free, cioè non è presente il Bisfenolo A. Per chi non lo sapesse il BPA è una composto organico, che ha diverse controversie in ambito di salute umana: ci sono diversi studi che lo collegano a disturbi dell’apparato endocrino e ormonale. Ho acquistato questa borraccia per tenerla a lungo e evitare altri acquisti usa e getta. Spero che mi duri a lungo!

Guardando questa lista di varie tipologie di plastiche, la bottiglia di plastica è nella maggior parte dei casi PET. Questi numeri che vanno da 1 a 7 corrispondono al tipo di plastica. A volte si possono leggere altri numeri sul fondo della bottiglia e voglio quindi sfatare un mito su questi numeri: essi non corrispondono alla quantità di volte che si può riutilizzare la bottiglia di plastica; infatti ho chiamato un’azienda di acque minerali in bottiglia di plastica per chiedere ulteriori informazioni a riguardo, e mi hanno detto che corrisponde semplicemente ad un numero seriale di produzione. Mi dispiace deludervi nel caso in cui abbiate creduto a questo fatto… l’ho creduto anch’io! Il PET è pensato per il monouso e ora che lo sapete, siete responsabili delle vostre scelte.

Ma vediamo di capire meglio gli aspetti legati alla bottiglia di plastica. In che modo è nato il concetto di acqua in bottiglia? E quando la plastica è entrata come alternativa?

Il primo caso di acqua venduta in bottiglia è stato riscontrato a Boston nel 1760 circa dalla società Jackson’s Spa che promuoveva l’acqua per uso terapeutico. Ovviamente non aveva nulla di terapeutico. Magari come ci viene testimoniato da Saratoga City era soltanto un’acqua minerale. In ogni caso l’idea è nata negli USA e infatti sono tra i più grandi consumatori di acqua in bottiglia come abbiamo già visto in un precedente articolo.

Come è nata la bottiglia di plastica, e com’è entrata nelle nostre case? Nel 1973 il signor Nathaniel Wyeth brevetta la bottiglia in plastica PET e comprende la potenzialità che avrebbe avuto sul mercato alimentare: avrebbe ridotto i costi delle aziende legati all’acquisto del vetro con la sostituzione completa a favore della plastica delegando lo smaltimento della bottiglia all’utente finale e istituendo quindi il vuoto a perdere.

Sempre negli anni ’70 l’azienda francese Perrier investì grandi quantità di denaro per una campagna pubblicitaria rivolta agli USA riguardante la loro acqua effervescente: venne venduta come un lusso imperdibile. La combinazione vincente per l’avvento della bottiglia d’acqua in plastica fu grazie a tre fattori: la campagna di marketing di Perrier (che ebbe successo), la bottiglia in plastica di Wyeth, e Usa prima potenza mondiale, trascinatore dell’economia e delle mode di quei tempi. Questi tre fattori resero l’acqua in bottiglia di plastica un oggetto comune in tutte le nostre case. La strategia di marketing che ci sta dietro è racchiusa nei  seguenti punti:

  1. Contrapporre l’acqua trasparente in bottiglia alle bibite gassate colorate anziché all’acqua di rubinetto.
  2. Immagine sull’etichetta evocativa: una sorgente, una montagna, qualcosa che ricordi la purezza naturale.
  3. Usare la paura come motivazione per cambiare scelta: insidiare dubbi sulla qualità dell’acqua del rubinetto.
  4. Fare appello allo status: comprare una determinata tipologia di acqua ti mette in una condizione di “diversità sociale” come è successo per la Perrier.
  5. La bottiglia in plastica viene associata all’uso privato, personale, comodo da trasportare ovunque.

Il risultato è evidente tutt’oggi, dato che in Italia spendiamo una media di 200L in bottiglia di plastica e siamo il primo paese europeo consumatore di acqua in bottiglia.

Ora che sapete quali leve emotive vengono usate per favorire l’acquisto della bottiglia di plastica, potete prenderne il controllo e fare scelte d’acquisto più consapevoli, non soltanto per l’acqua ma anche per la plastica in generale. Se questo non fosse sufficiente magari la prossima volta vi darò altre informazioni. Commentate, mettete like, iscrivetevi al mio canale di Youtube, seguitemi su Instagram e su Facebook.

Ti fidi dell’acqua che bevi?

Acqua potabile e acqua minerale a confronto.

Abbiamo tutti capito che l’acqua ha una bellezza intrinseca di grande valore. Però si è anche visto che per la sua proprietà solvente, in natura essa non si presenta mai pura al 100%, ma sempre in soluzione con altre sostanze “buone“come i sali minerali di cui abbiamo già parlato e “cattive” come l’arsenico, mercurio, piombo, pesticidi, batteri di vario genere, micro-plastiche e i famosi PFAS ecc…

Sorge quindi la domanda: chi e cosa determina la potabilità dell’acqua? Quali sono gli standard? C’è differenza tra acqua minerale e acqua potabile? Farò un confronto tra di loro con i seguenti punti: definizione e normativa, proprietà, controllo, e costo.

Acqua Potabile. Il Ministero della Salute definisce, all’art. 2 del Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n°31, come acque potabili tutte quelle destinate al consumo umano: quindi preparazione cibi e bevande, uso domestico, uso per l’impresa alimentare e uso per la distribuzione della rete idrica (in particolar modo si garantisce fino al contatore di casa). Tali acque devono essere salubri e pulite, ovvero: non devono contenere microorganismi, parassiti o, altre sostanze in concentrazioni tali che possano rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana. Il Decreto spiega bene, per filo e per segno, come l’acqua potabile deve essere trattata, distribuita e controllata da gestori ed organi competenti. Nel D.Lgs. vengono stabiliti i parametri chimici per poter definire “potabile” l’acqua che beviamo, o meglio, usiamo nella quotidianità: tali valori sono decisi in base alle linee guida dettate dall’OMS.

Proprietà. Per abbreviare sintetizzo quali sono questi parametri che rendono l’acqua potabile. Il pH deve essere compreso generalmente tra 6,5 e 9,5; ad eccezione delle acque gassate. La conducibilità elettrica deve essere a 2500 µS/cm e quindi non aggressiva. La durezza generalmente è compresa tra 15 e 50 °F. Nel nostro comune modo di dire, si dice che l’acqua deve essere incolore, insapore e inodore ma ai sensi del Decreto questi paramenti devono essere “accettabili per il consumatore e senza variazioni anomale”. Così come previsto nell’Allegato 1 al D.Lgs. n°31/01, i batteri in generale, ma nello specifico l’Escherichia Coli, devono essere a zero, l’ammoniaca deve essere massimo di 50mg/L, i Cloruri (come il sale da cucina) e i Solfati devono avere valore massimo di 250 mg/L mentre per il Potassio e i Bicarbonati non è previsto un limite;  è invece fissato a 200 mg/L per il Sodio, 10µg/L per l’arsenico. 1,5 mg/L per i Floruri e infine 0,5 mg/L per i Nistrati. Durezza, pH, conducibilità li spiegherò molto meglio la prossima volta.

Controllo. La normativa prevede che i controlli delle acque vengano eseguiti da laboratori autorizzati con procedure di analisi che periodicamente vengono sottoposte al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore della Sanità. I controlli interni (quelli del gestore) sono accordati con l’USL locale e le analisi vengono affidate a laboratori di loro scelta. I controlli esterni sono svolti unicamente dall’USL locale, e se necessario dalla Regione, secondo i criteri e le modalità scelte dal Ministero della Sanità. I controlli esterni per gli standard di qualità per l’acqua potabile sono trasmessi con periodicità che varia in base alla quantità di metri cubi distribuita dall’impianto di potabilizzazione considerando una media di 200L pro capite al giorno. Per farla breve più è il volume rilasciato, e quindi più cittadini ne necessitano, e più il numero di controlli è maggiore.  Quindi fino al contatore di casa garantisce la sanità pubblica anche per l’impianto idrico e acquedotto. Personalmente penso che ci sia un meccanismo più che affidabile! Dal contattore al rubinetto è compito del proprietario o gestore delle condutture, e sulla salubrità dell’acqua magari rimane qualche dubbio, ma ne parleremo in un altro momento.

Costo. L’acqua gestita dalla sanità pubblica (quella dell’acquedotto per intenderci, o chiamata anche “del sindaco”) ha dei costi ridicoli se pensate agli enormi vantaggi e comodità che ci dà! Prendendo a riferimento una vecchia bolletta di Acque Veronesi 141 m3 di acqua (parametrata, ovviamente, sul pieno utilizzo domestico) mi sono costati solamente 30,30 €. Significa che 1 m3, che sono 1000 L, mi è costato appena 0,22 €. Una doccia di 10 minuti in media sono 120 L e nel mio caso mi costa appena 2 centesimi … se è fredda! In quei 0,22€/m3 il servizio che viene offerto comprende una quota fissa, una per l’acquedotto, una per la fognatura e una per la depurazione. Per chi ha la fortuna di accedere all’acquedotto e ad un servizio simile, può tranquillamente dire che è estremamente conveniente dato che esce direttamente nel rubinetto a km zero senza fatica. Onestamente per il valore che do all’acqua pagherei volentieri di più per questo servizio!

Acqua minerale. Il Ministero della Salute, all’art. 1 del D.Lgs. 25 gennaio 1992, n°105 , definisce per acque minerali quelle acque che hanno origine sotterranea, da falde, o da sorgenti naturali “che hanno caratteristiche igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute”. Esse si distinguono dalle potabili per la purezza originaria , per i minerali, altre sostanze e i loro  effetti: la temperatura, la composizione di questi minerali devono mantenersi costanti alla sorgente nel tempo, salvo cambiamenti di origine naturale. Un’ acqua minerale non è un’acqua potabile perché ha diverse proprietà di cui a breve spiego. Come l’acqua potabile anch’essa ha dei criteri da rispettare: deve riferire precisamente la posizione della sorgente, la natura della mineralizzazione, la posizione della captazione, la temperatura, il residuo fisso, il pH, la conducibilità, l’assenza si microrganismi parassitari e sulla stessa deve essere condotta un’analisi completa a livello chimico , fisico e farmacologico. Perché l’acqua possa essere riconosciuta come “minerale”, il titolare della concessione idrologica, deve fornire una documentazione completa al Ministero della Salute, nella quale testimonia i criteri appena citati, il quale, a sua volta, e infine rilascia un “decreto di riconoscimento nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e comunicato alla Commissione delle comunità europee”.

Proprietà. La differenza tra acqua minerale e potabile consiste principalmente nella quantità di residuo fisso e nella quantità di soluti in essa disciolti. Nella minerale non ci sono particolari standard da rispettare proprio perché l’eccezionalità delle caratteristiche le rendono minerali; ciò significa che possono anche  potenzialmente contenere sostanze classificate dall’OMS non idonee o a livelli superiori. Esse si classificano in: minimamente mineralizzate con residuo fisso ≤ 50mg/L; oligominerali tra 50mg/L e 500mg/L; medio minerali tra 500 e 1500 mg/L e ricche di sali minerali oltre i 1500 mg/L. Il residuo fisso indica i sali disciolti in acqua ad una temperatura di 180° ed esso è direttamente proporzionabile alla conducibilità. Poi le minerali possono anche definirsi solfate, clorurate, calciche, sodiche, ferruginose sempre in base alla quantità dei rispettivi soluti disciolti. Le etichette delle minerali devono dare le seguenti informazioni: la quantità delle singole proprietà, riportando i possibili benefici o effetti che esse hanno sul nostro corpo; l’ultimo controllo effettuato, la data di scadenza, la fonte di sorgenza e il nome dell’etichetta.

Controlli. Al fine di garantire il mantenimento intatto della sorgente il titolare della concessione idrologica deve proteggere la zona a lui concessa da eventuali inquinanti e fornire al Ministero della Sanità analisi biochimiche ogni 5 anni per poter continuare ad avere la concessione. Le aziende di imbottigliamento dell’acqua o chi la trasporta devono, in generale, garantire un corretto stoccaggio: lontano da fonti di luce o calore, protetta e conservata in un luogo fresco e asciutto. So per esperienza personale che non è sempre così per motivi di praticità e agilità del lavoro, e spesso accade che nella bottiglia di plastica le caratteristiche organolettiche dell’acqua cambino nel tempo a causa anche dell’usura stessa della plastica. Le microplastiche sono ormai un dato di fatto presenti nelle nostre acque e ciò è dovuto all’abuso o allo scorretto smaltimento della plastica. I controlli, infine, sebbene non si può mettere in dubbio le proprietà dell’acqua minerale, risultano a mio parere scarsi: infatti prendendo in mano una bottiglia di plastica che ho recentemente comprato, di cui non faccio nome, l’ultima analisi risale al 23 maggio 2017, quindi 3 anni fà.

Costo. Alla concessione della fonte minerale costa appena 0,002 € al litro e ciò significa che pagano 2€ al metro cubo allo Stato per poi guadagnare 100 volte tanto. Questo convalida tutto il discorso del business dell’acqua di cui ho già parlato e che in primis ho vissuto personalmente con il mio precedente lavoro: nei distributori automatici il prezzo di mezzolitro va da 0,35€ a 0,50€. Un litro di acqua minerale al supermercato la si può trovare da 0,09€ a 0,39€. Il costo dell’acqua in bottiglia è totalmente a carico del consumatore finale perché va a pagare tutta la catena distributiva, e l’acqua non ha subito in questo processo aumenti, ne in qualità e ne in quantità ma solo nel prezzo. Per chi va a comprarla al supermercato dovrebbe considerare nei costi i seguenti fattori: 1.La fatica fisica di trasportare kg di acqua; 2. Il tempo che spende per comprarla e 3. I costi del mezzo di trasporto.

In conclusione. Anche se l’acqua minerale ha effettivamente delle proprietà eccezionali, il mio punto di vista è fortemente a favore dell’acqua potabile del rubinetto poiché risulta più controllata, costa praticamente niente, è a km zero, è plastic-free, riduce l’impatto ambientale ed ha buone caratteristiche biochimiche. Chi acquista acqua in bottiglia di plastica non solo danneggia il suo portafoglio (una famiglia italiana mediamente spende fino a 600€ all’anno) ma anche l’ambiente che ancora una volta paga sempre il prezzo più alto.  Questo è come la penso io, ma potete benissimo commentare e scrivermi la vostra opinione. Spero che quest’articolo/video, più che piaciuto, vi sia servito o vi abbia fatto più chiarezza in materia di acqua.

Vi lascio, inoltre, qui i link per visionare le normative complete su acqua potabile e acqua minerale:

Decreto Legislativo 2 febbraio 2011, n°31: https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/01031dl.htm     

Decreto Legislativo 25 gennaio 1992, n°105: https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1992-02-17&atto.codiceRedazionale=092G0142&elenco30giorni=false

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