PLASTIC TAX

L’inevitabile tassazione sulla plastica.

Nei precedenti articoli ho mostrato più volte svariate soluzioni alternative all’utilizzo della plastica. Se il messaggio non fosse chiaro ve lo ripeto: ho intenzione di eliminare le bottiglie di plastica!!! Quindi ecco qui un’altra motivazione per ridurre il consumo di plastica monouso.

Parliamo di PLASTIC TAX. Premetto che, non è mia intenzione fare un intervento a sfondo politico, anche se è un tema che riguarda principalmente la politica. Spiegherò infatti che cos’è questa tassa, perché è nata questa proposta di legge, quali sono le possibili conseguenze e il mio personalissimo punto di vista che è ben lontano dal fare politica!

Che cosa ‘è! La plastic tax è nata dopo un confronto in Commissione Europea nel gennaio 2018 dove è emerso che soltanto il 20% dei rifiuti di plastica monouso veniva riciclato e il restante andava a inquinare l’ambiente, per lo più i nostri mari. Vi ricordate la tassazione di 5 centesimi sui sacchetti di plastica nel 2017, dove stava quasi nascendo una rivolta per l’aumento del prezzo? Ecco in quel caso , tantissime persone non furono contente, ma il risultato fu eccellente e si è visto ridurre drasticamente l’acquisto di buste di plastica. La plastic tax, allo stesso modo, ha lo scopo di: 1) scoraggiare i consumatori all’acquisto di plastiche usa e getta, 2) ridurre in maniera indiretta l’impronta al carbonio, e 3) stimolare i cittadini e le aziende ad applicare comportamenti virtuosi per il corretto smaltimento dei rifiuti.

La plastic tax in Europa. L’iter di questa proposta di Legge è stata uno dei più rapidi nella storia della Commissione Europea, poiché la stragrande maggioranza era favorevole, anche se – a ragion del vero –  sicuramente le manifestazioni di FridayForFuture in tantissime piazze del mondo hanno reso urgente il tema.

La Legge, infatti, è stata approvata il 5 giugno 2019, appena dopo 3 mesi dalla prima manifestazione globale tenutasi il 15 marzo 2019; essa prevede la tassazione di 0,80 € per ogni kg di plastica prodotta che poi verrà intercalata in base alla singola situazione di ogni Paese. È così arrivata ad essere una norma estesa a tutti i membri dell’UE e l’unica cosa certa è che a partire dal 1° gennaio 2021 sarà obbligatoria per tutti.

La plastic tax in Italia. Come qualsiasi tassa anche questa ha creato dibattiti accesi fin dall’inizio, poiché da una parte si vuole stimolare un’economia ecosostenibile e dall’altra si va ad intaccare un settore imprenditoriale che in Italia, e per lo più in Emilia Romagna, dà lavoro a tantissime persone. Quindi a fine anno 2019 si è giunti ad un compromesso dove la tassazione è arrivata a 0,45€ al kg. La plastic tax ha preso  il nome di MACSI cioè imposta sui MAnufatti di Consumo di Singolo Impiego.

 Quali prodotti plastici rientrano nel MACSI dunque? Tutti quei prodotti volti al contenimento o alla protezione di alimenti, in questa categoria rientra, per esempio, anche il Tetrapack; sono invece esclusi quei prodotti con una composizione inferiore al 40% di plastica, nonché quelli riciclati o semi-compostabili, e gli imballaggi dei medicinali. Per permettere alle aziende di ridurre la quantità di plastica e quindi di fare una manovra di conversione, è stata aggiunta alla Legge un credito di imposta del 10% per quelle industrie che nel 2020 attueranno comportamenti virtuosi, cioè quelli volti all’attenzione per l’ecosistema. Il Covid-19 ha fatto slittare l’avanzamento della proposta di Legge e, contemporaneamente ha fatto incrementare la domanda di materie plastiche monouso in nome dell’igiene personale, e ha lasciato più tempo alle aziende del settore plastico di riorganizzarsi. Insomma da un lato bene per l’industria, dall’altro male per l’ambiente. Se la situazione Covid-19 migliorerà ci saranno ulteriori sviluppi a riguardo, per ora è rimasto un argomento sospeso e messo in secondo piano.

Conseguenze. Quali sono le conseguenze ti tale tassazione? Non c’è uno scenario certo, però in alcuni Paesi europei, dove la tassa è già stata applicata da 2/3 anni, si è visto un drastico calo dei consumi plastici e la conseguente riduzione del settore industriale dei polimeri. Le aziende italiane, soprattutto dopo il Covid, non hanno, in alcun modo, intenzione di assorbire la tassa e quindi per loro l’unica decisione da prendere è di scaricare l’imposta sul consumatore finale che pagherà a prezzo maggiore la plastica monouso.

Vi ricordo che, come ho già detto, produrre plastica richiede, tantissime risorse che non sono più sostenibili (vedi il petrolio che è destinato al finire al 100% nei prossimi 43 anni); che la plastica è uno dei maggiori responsabili dei cambiamenti climatici, a causa dell’inquinamento marino.

Considerando questi aspetti, la mia personalissima opinione è la seguente: la tassa sulla plastica è una medicina amara che va presa senza tante storie, e che vi piaccia o meno, sarà prima o poi inevitabile. C’è anche da considerare che la tecnologia e le soluzioni ecologiche sono in continua crescita ed è solo una questione di tempo prima che si trovi una alternativa definitiva alla plastica, e le aziende produttrici dei polimeri potranno soltanto o adeguarsi o estinguersi. Mi auspico ovviamente che la Legge passi e che abbia un effetto positivo per la riduzione delle emissioni di CO2.

Mi sento, infine, di darvi un consiglio se non volete subire questa tassazione: adoperatevi quanto prima a fare un cambiamento in termini di consumi plastici, e dato che l’acqua è la mia materia, vi consiglio di rivedere questi articoli che possono aiutarvi a eliminare l’acquisto delle bottiglie di plastica.

Basta plastica! Scegliete le alternative già disponibili!

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CANAPA

L’ORO VERDE SNOBBATO

La volta scorsa ho esposto una lista di motivi per non acquistare il PET, ed ho anche affermato che esistono tantissime alternative alla plastica. Oggi, quindi voglio parlare di una di queste alternative: CANAPA.

La maggior parte delle persone, quando si parla di canapa l’ associa allo sballo, alla droga o all’uso ludico-ricreativo, e invece esiste un mondo di risorse incredibili dietro a questa pianta.

Perchè, quindi, la canapa ha, per l’opinione pubblica, un’accezione così negativa? Il motivo principale per cui le persone o le istituzioni hanno poca fiducia in questa pianta risale alla fine degli anni ’60, per la precisione al 1968: proprio come è successo per la bottiglia in plastica, gli americani avevano importato la loro cultura e le loro mode nel nostro Paese, nel bene e nel male; tra queste anche i movimenti hippy del ’68 e tutto il mondo della droga, marijuana inclusa. Ovviamente questo modo di vivere, e in particolare l’aspetto della droga, in Italia non fu accolto bene, ma anzi fu fortemente ostacolato, finendo per ridurre drasticamente gli utilizzi della canapa. La cosa sorprendente è che negli anni ’30 l’Italia era il secondo produttore mondiale di canapa e dava da lavorare a tantissime persone; ma, con l’avvento della guerra, questo settore venne accantonato, fino a scomparire, per lasciar posto all’ industria bellica. Nel dopo guerra le macchine in grado di lavorare la pianta erano veramente poche e il ritorno della canapa nel ’68 come droga non fu d’aiuto alla ripresa, anzi, fu un ultimo duro colpo che portò alla quasi sepoltura del settore della canapa. Inoltre all’epoca si sapeva poco dei contenuti chimici di THC e CBD e sulla possibilità di modificare questi parametri della pianta, cosa che, invece, in questo momento è possibile.

Attualmente in Italia la produzione di canapa non supera i 5-6 mila ettari e non c’è chiarezza in ambito legislativo; o meglio, ci sono delle leggi che possono facilmente essere contraddette o infrante. Le principali condizioni per la coltivazione di canapa sono queste: tenore di THC non superiore a 0,2%; comunicazione alle autorità competenti del luogo di coltivazione con rispettivo consenso; ci deve essere già un’azienda qualificata per la trasformazione della canapa come risorsa (ad esempio Assocanapa a Carmagnola TO).

La canapa, intesa come pianta ad uso industriale, è molto semplice da coltivare infatti ha una velocità di crescita tale da essere definita “auto-diserbante”, cioè cresce più veloce di qualsiasi altro infestante e una volta raccolta lascia il terreno totalmente libero e fertile per una nuova coltura. Si è anche visto che non necessita di grandi quantità d’acqua e si adatta facilmente a molti tipi di terreno fino anche a quote di 1500 metri.

Gli utilizzi con cui la canapa può essere sfruttata come risorsa sono svariati, come anche i settori che coinvolge: in campo medico, in ambito tessile, nell’alimentazione, nell’uso della carta, nei carburanti, nella cosmesi, nel settore edile e anche come plastica. La sua capacità “multi-tasking” la rende preziosa tanto da essere definita “oro verde” poiché con essa si possono creare 25 mila prodotti e sottoprodotti. Ecco alcuni spunti in alcuni di questi settori.

Settore edile. Utilizzando il canapulo, che è una parte di scarto dello stelo della pianta, acqua e calce si può ottenere un materiale edile estremamente versatile in tante dinamiche di costruzione dall’intonaco al bio-mattone. Si è visto che può essere un ottimo isolante termico perché si ottiene una temperatura media costante di 26 gradi sia d’estate che d’inverno riducendo notevolmente i consumi legati alla climatizzazione e quindi assorbe molto bene l’umidità e rende l’ambiente più salubre: una casa costruita con questo materiale comporta, quindi, diversi vantaggi. Altro aspetto interessante di questo materiale è che ha un ottimo impatto ambientale: si stima che una tonnellata di canapa secca possa eliminare 325 kg di CO2 analogamente ai depuratori per l’eliminazione della plastica. Gli edifici fatti con materiali classici hanno invece un impatto maggiore in termini di impronta di carbonio.

Settore plastica. La canapa ha ottime capacità di resistenza ed elasticità che la rendono un ottimo sostituto alla plastica con la differenza sostanziale che la canapa è biodegradabile e compostabile. L’utilizzo più comune, come surrogato della plastica, è nel settore automobilistico: le scocche delle auto sono composte da fibra di canapa e rendono le auto più leggere, resistenti e performanti (Mercedes ad esempio lo fa). La canapa, così impiegata, sta anche vedendo forte interesse nel settore dell’arredamento, nelle stampe 3D e in tantissimi altri settori che desiderano essere “plastic-free”.

Settore energetico. I combustibili detti a bio-massa sono quelli che riescono a sfruttare il potere energetico della sostanza per creare carburanti. I semi di canapa spremuti producono un olio ad alto potere energetico che può essere lavorato fino a creare il bio-diesel che, a parere degli esperti, è in grado di prolungare la vita dei motori rispetto a quelli tradizionali.

Molti di questi utilizzi sono davvero interessanti, sia dal punto di vista economico (in termini anche di business) ma anche dal punto di vista ecologico; ma come potete immaginare ci sono forti interessi di fondo per non considerare la canapa come risorsa preziosa.

In questo articolo il mio intento è di mettere a conoscenza le persone di questa risorsa incompresa, e semmai in Italia si farà chiarezza in termini legislativi sulla canapa industriale ricordatevi che potrete fare la vostra parte per un mondo più ecosostenibile, cercando di promuovere questa pianta non come droga ma come risorsa. La canapa potrebbe un giorno diventare la plastica monouso di cui abbiamo bisogno ed essere utilizzata per il trasporto di acqua e altri liquidi.

Ci sono tanti altri utilizzi che non ho elencato e potete scrivermeli. Quindi, commentate, mettete like, iscrivetevi al mio canale di YouTube e seguitemi su Instagram e Facebook. Ciao a tutti.

Desidero infine ringraziare Marco De Francesco per le conoscenze che mi ha dato sulla canapa:  anni fa, ha fatto un bellissimo tentativo imprenditoriale per cercare di trasformare la canapa in pellet. Lascio qui il link per l’articolo a lui dedicato : https://www.dolcevitaonline.it/pellet-di-canapa-un-caso-di-studio/