MOBILITA’

7 MEZZI DI TRASPORTO A CONFRONTO.

L’argomento di oggi è totalmente diverso! Oggi stilerò una classifica su 7 modi di viaggiare in relazione a 4 aspetti, ma per far questo, ho chiesto la partecipazione ad amici e conoscenti per avere considerazioni diverse dalla mia.

Le vacanze sono ormai finite quasi per tutti e l’autunno ci chiama a stare in casa a ricordare i nostri momenti estivi. Personalmente ho fatto un viaggio in “bike-packing” che consiste nell’allestire la propria bicicletta per un viaggio itinerante con tenda, zaino, sacco a pelo e il minimo indispensabile per se stessi. Alla fine dei 4 giorni questo è stato il risultato: ho speso 60€, mi sono divertito e ho perso qualche chiletto, insomma, un modo di vivere incredibile! Da questa esperienza ho avuto l’idea per scrivere questo articolo in quanto il cicloturismo rientra nella Green Economy.

Iniziamo! I modi di viaggiare che ho scelto sono i seguenti: a piedi, in bicicletta, in auto, in treno, in aereo, in autobus, e in nave. I 4 aspetti che ho messo in relazione sono: eco-sostenibilità, praticità, economicità, sicurezza. Per ogni mezzo di trasporto relazionato ad ogni aspetto assegnerò un voto che va da 1 a 10, dove per 1 si intende “poco” e dove 10 si intende “tanto”.

Prima di tutto vediamo il trend economico di ogni trasporto in questo 2020.

Le escursioni a piedi rientrano nel mondo del Fitness, da anni ormai in crescita; hiking e trekking stanno spopolando in tutte le località di montagna e nascono sentieri appositamente pensati per queste camminate. “ La Via Francigena” , “Il sentiero degli Dei” sono ad esempio camminate molto quotate in Italia. Per chi invece volesse  fare viaggi più lunghi, esistono ben 12 sentieri europei che possono fare al caso vostro. Ovviamente sono viaggi per gli amanti del “In to the Wild”.

I viaggi in bicicletta rientrano nel settore del cicloturismo che, in Italia ma anche in gran parte d’Europa, sta esplodendo e offre soluzioni sempre più mirate per questo genere di viaggio. Il mercato delle bici tra l’altro è stato sostenuto dagli ecoincentivi fiscali del governo per favorire una mobilità green con il distanziamento sociale. Bici, monopattini elettrici e E-bikes sono i nuovi mezzi di punta di questo periodo, e le infrastrutture destinate ad accoglierle saranno sempre si più e sempre più attrezzate.

Le auto, o comunque i mezzi da strada a motore (moto e camper) stanno lentamente frenando a causa del Covid-19 lasciando una corsia libera per il mondo delle macchine elettriche. Ad esempio, Tesla, guidato da Elon Musk, ha triplicato il suo fatturato e si classifica come leader mondiale per la produzione di auto e batterie elettriche. Da ora in avanti tutte le case automobilistiche stanno seguendo l’esempio di Tesla, creando il loro modello elettrico o ibrido.

Il treno, o le ferrovie, in questo 2020 hanno avuto un grosso calo sempre per il Covid-19 tanto che Italo rischia il fallimento. In complesso i viaggi in treno sono diminuiti anche se rimangono da sempre mezzi efficaci per migliorare la mobilità.

L’aereo è un altro settore colpito dal Covid-19. Tutte le compagnie aeree hanno subito un freno repentino nel loro mercato al punto tale che molte di esse rischiano il fallimento. A questo proposito il lato positivo è stato una riduzione dell’inquinamento dell’aria.

La nave. Quelle da crociera hanno avuto il blocco totale durante e dopo la quarantena per ovvi motivi di distanziamento sociale. A parte questo tipo di nave, il settore nautico non ha avuto grossi problemi, presentando la nave, come un buon mezzo per viaggiare senza grosse costrizioni.

Gli autobus, gli ho inseriti a parte rispetto ai veicoli a motore, perché hanno una funzionalità esclusiva: portare tanta gente su un percorso stradale a tappe prestabilite. Con qualche difficoltà tecnica, a fine quarantena, l’autobus è stato il primo mezzo pubblico riabilitato, proprio per garantire una mobilità meno trafficata da auto.

Questo è il trend di questi mezzi di trasporto per il 2020. Per ogni categoria e ogni mezzo assegnerò un voto ad esso associato. 

ECO-SOSTENIBILITA’. Quali dei modi per viaggiare è più eco-friendly, cioè inquina meno e produce un basso impatto ambientale? L’analisi è abbastanza soggettiva in base alle conoscenze che abbiamo sull’impatto ambientale. Dal momento che non si richiede nessuna risorsa naturale se non le proprie gambe, ho assegnato voto 9 “a piedi”, poiché dire 10 significherebbe che chiunque vada a camminare non inquini. Voto 7 a “in bici” perché la produzione della bicicletta e il suo allestimento causano una certa impronta di CO2, soprattutto se è un E-bike (comporta quindi batterie al litio), ma una volta costruita inquina zero. Voto 6 a “in treno” e “in autobus” perché da un lato producono inquinamento ma dall’altro riducono la scelta di mezzi a motore. Voto 5 per l’auto: anche se ci sono vari aspetti positivi per quanto riguarda i nuovi motori diesel ed elettrici, i carburanti GPL e metano, per ora è un mezzo legato all’industria petrolifera,  che provoca un grande impatto ambientale. Voto 4 per l’aereo: necessita di molto carburante, però il risultato che ne consegue è che trasporta più persone in tempi abbastanza brevi su lunghe distanze. E infine ho assegnato voto 3 per i mezzi navali: le navi richiedono immense risorse economiche e materiali per la costruzione e il mantenimento, consumano troppo carburante per viaggi che sono mediamente brevi e quindi hanno un impatto ambientale decisamente negativo.

SICUREZZA. Quale dei modi di viaggiare è più sicuro? Mi sono basato sulle statistiche degli incidenti dei vari mezzi di trasporto in Europa ed in base ad essi è emerso che i mezzi come auto e motocicli sono i più pericolosi, seguito da nave, autobus, treno ed aereo. Piccola parentesi: a questo proposito ringrazio il gruppo Climaticamente per la dritta su dove guardare le informazioni,  potete vedere che fanno a questo link https://www.facebook.com/ClimaticamenteOfficial . Le statistiche invece per i pedoni e i velocipedi le ho trovate a parte e risultano complessivamente molto elevate secondo Istat, più dei mezzi a motore. In linea generica è emerso che i mezzi pubblici risultano più sicuri dei mezzi privati. Quindi questi sono i miei voti: 4 a piedi, 3 in bici perché ci sono più marciapiedi che piste ciclabili. Voto 5 alle auto (moto incluse), 6 alla nave, 7 all’autobus, 8 al treno e 9 all’aereo che si conferma puntualmente il mezzo più sicuro al mondo.

PRATICITA’. Con questo termine racchiudo la comodità e il comfort, la velocità e la libertà di movimento, che sono le considerazioni sui cui ho fatto il ragionamento per assegnare un voto a questa categoria. Quindi quale dei mezzi di traposto è il più pratico? A piedi, voto 5: affrontando un viaggio a piedi si ha tanta libertà di movimento, ma risulta per molti scomodo e molto impegnativo. In bici, ottima libertà di movimento, velocità modesta e apprezzabile, mediamente impegnativo; voto 7. In macchina, si raggiunge certamente prima la destinazione ma a discapito di un certo quantitativo di stress: stai seduto per ore, la strada è quasi sempre dritta e noiosa, e devi stare attento agli altri veicoli e ai segnali stradali; voto 6. In autobus, hai un comfort limitato ma si ha tempo per rilassarsi e godersi il viaggio, la velocità è minore rispetto ad auto ma tutto sommato apprezzabile, voto 7. In treno voto 8: le considerazioni del pullman sono valide anche per il treno fatta eccezione per lo spazio disponibile che aggiudica al treno un voto in più. In nave voto 7: si ha le stesse caratteristiche del treno e dell’autobus ma con una velocità minore. In aereo voto 5: sicuramente ci permette di fare lunghe distanze in poche ore, ma quelle ore le si trascorrono a discapito di comodità, confort, relax e libertà di movimento nella maggior parte delle compagnie aeree.

ECONOMICITA’. Se prendiamo 550km (Milano-Roma), come distanza che possa coinvolgere tutti i mezzi, è possibile determinare il costo del trasporto in sé. Fare 550 km a piedi e in bici, seppur è una sfacchinata e il viaggio diventa la vacanza stessa,  ha un costo di puro trasporto pari a zero. Fare in macchina Milano Roma costa in media 90 €. Lo stesso tratto in aereo costa in media 50 €, in treno costa in media 80€ e in autobus costa in media 45€. Per la nave ho preso in considerazione il tratto Salerno Messina (A+R sono 564 km) e guardando i prezzi costa 72€. Quindi i mie voti sono i seguenti: a piedi e in bicicletta 10, autobus 8, aereo 7, nave 5, treno 4, e auto 3.

Bene, ora, basterà mettere in tabella tutti i voti per decretare il mio vincitore.

MEZZO DI TRASPORTOECO-SOSTENIBILITA’SICUREZZAPRATICITA’ECONOMICITA’ TOTALECLASSIFICA
A PIEDI9451028
IN BICI (e-bikes incluse)7371027
IN AUTO (moto, ibride incluse)556319
IN NAVE  (traghetto)367521
TRENO688426
AEREO495725
AUTOBUS677828

Ed ecco la mia classifica: è emerso che al primo posto a pari merito “a piedi” e “in autobus” con punteggio 28.

Però come ho anticipato ad inizio articolo, ho chiesto di partecipare a questa piccola indagine ad altre 11 persone…. E questi sono i risultati finali sommati ai miei:

MEZZO DI TRASPORTOECOSOSTENIBILITA’SICUREZZAPRATICITA’ECONOMICITA’ TOTALECLASSIFICA
A PIEDI11691651183901
IN BICI (e-bikes incluse)11076821093772
IN AUTO (moto e ibride incluse)657996683085
IN NAVE (traghetto)549265582697
TRENO8410486793533
AEREO5510177662996
AUTOBUS788683863334

La classifica completa ci dice che il mezzo di trasporto che abbia un buon rapporto di tutte le 4 categorie è “a piedi” seguito da “ in bici”  e dal terzo posto da “in treno”.

Per la categoria eco-sostenibilità vince “a piedi” seguiti da “in bici” ed “in treno”.

Per la categoria sicurezza vince al primo posto “in treno” seguito da “in aereo”, e “in nave”.

Per la categoria praticità al primo posto c’è l’auto, seguita da treno, e autobus.

Per la categoria economicità vince a piedi, seguito da in bici e infine al terzo posto “in autobus”.

Se avessi ampliato questo “giochino” a più persone avrei ottenuto sicuramente una statistica più significativa che avrebbe potuto dirci qual è la tendenza della preferenza sul mezzo di trasporto per viaggiare degli italiani. Aldilà di questo le mie aspettative sul risultato finale sono corrette e mi aspettavo appunto ai primi posti, 4 protagonisti tra cui a piedi, in bici, in treno, e in autobus perché sono i candidati ideali per una mobilità sostenibile. E mi auguro che si facciano passi di progresso in questa direzione.

E VOI? Avete mai fatto considerazioni di questo genere? Aldilà della classifica lo scopo non è decretare un vincitore ma cercare di comprendere che il nostro modo di viaggiare può essere più sostenibile e rispettoso dell’ambiente. In questo modo, la prossima che vai in vacanza, avrai sicuramente più informazioni per fare una scelta migliore. Green Economy è anche questo!

Concludo ringraziando tutti coloro che hanno partecipato a questo sondaggio! Mi raccomando, mettete like, seguitemi su Instagram e Facebook, e non dimenticate di iscrivervi al mio canale di YouTube Dalmar Bozzo! Alla prossima! Ciao ciao!

PERDITE IDRICHE

10 CONSIGLI PER NON SPRECARE L’ACQUA

Parlando di impronta idrica è impossibile non parlare delle perdite ad esse associate. Quindi in questo articolo spiegherò brevemente com’è la situazione in Italia e cosa tutti noi possiamo fare per contribuire a preservare una risorsa così preziosa.

I dati del 2020 sono i seguenti e sono ripresi dal Sole 24 ore: annualmente in Italia vengono distribuiti 9,5 miliardi di metri cubi d’acqua che corrispondono a 428 L al giorno per ogni italiano; di questi 428 solo 220 vengono effettivamente usati mentre il resto (quindi complessivamente il 47,9%) dei 208 L vengono dispersi nella reta idrica. Quindi per farla semplice quasi la metà dell’acqua utilizzata in Italia viene sprecata e questo di sicuro non ci fa onore. Il motivo principale di tale perdita è causato dall’inadeguatezza della rete idrica e fognaria. Le regioni del Centro e del Sud Italia sono quelle che riscontrano più problemi e di conseguenza sono i primi ad avere difficoltà all’approvvigionamento regolare dell’acqua; ciò significa che c’è ancora molto lavoro da fare da parte dei gestori idrici e delle amministrazioni comunali e regionali.

Una possibile conseguenza di una scarsa gestione delle risorse idriche lascia spazio al mercato privato che prenderebbe il diritto di far pagare al prezzo da loro stabilito i metri cubi richiesti per tutti i nostri usi con conseguenze dirette sul mercato agroalimentare, come è successo in Australia.

Possiamo al momento solo sperare e, nel contempo far sentire la nostra voce affinché chi dovrà fare questo lavoro di risanamento idrico lo possa fare come si deve. Nel frattempo, ecco 10 consigli che tutti, io compreso, bene o male dovremo imparare per non sprecare l’acqua in previsione futura di scarsità idrica.

  1. Quando vi lavate i denti con lo spazzolino o quando vi insaponate le mani chiudete il rubinetto! Se questo disorienta troppo velocemente le vostre abitudini iniziate con erogare meno acqua del rubinetto in queste due azioni di igiene personale. So di averlo già detto nell’articolo precedente, ma repitata iuvant.
  2. Preferite fare la doccia anziché il bagno? Fate bene! Fare la doccia, e quindi utilizzare il soffione del box doccia, è molto meno dispendioso rispetto all’utilizzo della vasca, per quanto quest’ultima possa essere molto più rilassante.
  3. Usate lo sciacquone del water con parsimonia: non sto dicendo che dovreste utilizzare la regola che trovate nei rifugi di montagna del tipo “ se è gialla rimane a galla, se è marrone tiro lo sciacquone”; ma vi sarete tutti accorti che per bisogni fisiologici semplici serve molta meno acqua di quella che viene scaricata, quindi vi basterà premere con più delicatezza il tasto dello sciacquone per sprecarne meno!
  4. Lavate i piatti preferibilmente in questo modo: utilizzate a pieno regime la lavastoviglie con funzionalità “Eco” e senza fare il risciacquo delle stoviglie. Nel caso non abbiate lavastoviglie o la funzione “Eco”, riempite il lavello con acqua calda, detergente e stoviglie, anziché usare il getto continuo.
  5. Usare al meglio la portata di carico della vostra lavatrice: lavare molti indumenti in unico ciclo di lavaggio anziché mettere nel cestello due tre capi. In caso di tessuti particolari (lana, seta ecc…) aspettate di raccoglierne di più e di uguali anziché farli lavare praticamente da soli.
  6. Annaffiare il giardino o il prato alla sera e al mattino. In questo modo l’acqua è meno esposta all’evaporazione dovuta al sole e si permette di mantenere più a lungo il terreno umido.
  7. Fate fare il controllo periodico della caldaia. Solitamente una volta all’anno le caldaie necessitano di una manutenzione, ma ad ogni modo fare una volta in più vi garantirebbe una migliore efficienza idrica e un risparmio energetico per la bolletta di casa.
  8. Assicuratevi di avere su tutti i rubinetti il frangi-getto o l’areatore. Sono dei reticolati molto sottili che vengono installati all’ugello finale del rubinetto. Essi permettono di miscelare l’acqua con l’aria e di garantire un flusso d’acqua regolare ottimizzandone il consumo. Quando vedete che dal vostro rubinetto inizia ad uscire meno acqua del solito, oppure sentite un odore sgradevole, oppure ancora sgocciola nonostante sia chiuso, molto probabilmente è necessario sostituire gli areatori. Costano al massimo 2€ e sono facilissimi da cambiare: chiunque, o con la mano o con una pinza è in grado di svitare il vecchio areatore e sostituirlo con quello nuovo. Insomma per questa azione non serve l’idraulico e contribuirete all’ambiente.
  9.  Non sprecare cibo. Come avete capito dal precedente articolo ogni cosa che mangiamo ha una quantità intrinseca di acqua (l’impronta idrica) e quindi quando buttate via il cibo inevitabilmente sprecate acqua. Si potrebbe parlarne per mesi su questo tema, ma mi limito a dare una soluzione molto semplice ed efficace per ridurre gli sprechi di cibo: fate la lista scritta della spesa prima di andare al supermercato e attenetevi esclusivamente ad essa!
  10. È un’idea tanto semplice, quanto geniale: raccogliete l’acqua piovana! Se avete un bel secchio da sfruttare, mettetelo sotto la pioggia per riempirlo e poi usarlo nei seguenti modi: lavate la macchina o qualsiasi altro oggetto, oppure annaffiate le piante. Unica raccomandazione: non bevetela, non è potabile!

Ovviamente non ho la pretesa che tutti d’ora in avanti prendano tutte queste decisioni, anche perché le dico a voi ma nello stesso tempo a me, ma scegliendone almeno una darete un contributo prezioso per la salvaguardia dell’ambiente, perché ricordate che è più facile ottenere 1 da 100 che 100 da 1! Quindi insieme, ognuno nel suo piccolo, possiamo fare la differenza!

Di tutti questi consigli probabilmente ce ne sono tanti altri che non ho elencato e quindi potete benissimo scrivermeli voi nei commenti! Ricordatevi di iscrivervi al mio canale di YouTube! Mettete like, condividete, e seguitemi su Facebook e su Instagram. Ciao a tutti!!!

IMPRONTA IDRICA

Acqua in ogni cosa… Ma basterà per tutti?

La volta scorsa ho concluso l’argomento riguardante il ciclo idrologico dell’acqua e desidero rimanere sul tema “acqua” parlando di impronta idrica.

Che cos’è l’impronta idrica come si calcola? Il concetto risale al 2003 ed è stato elaborato da Arjen Hoekstra, professore dell’Università Twente, in Olanda, esperto della gestione delle risorse idriche. Si tratta di un valore che visualizza la quantità di acqua dolce necessaria ai nostri consumi e viene calcolato sommando le quantità utilizzate in tutte le fasi del processo produttivo: dalle materie prime al consumatore finale del prodotto o servizio. Sostanzialmente è il valore di acqua intrinseco e nascosto in ogni cosa. È possibile calcolare l’impronta idrica quasi per qualsiasi cosa.

Qualche esempio. I seguenti esempi sono ripresi da Alock Jha – Il libro dell’acqua.

PRODOTTO O SERVIZIOIMPRONTA IDRICA
Una doccia di 5 minuti200L
Lavarsi i denti o tirare lo sciacquone8L
Una tazzina di caffè200L
Un chilogrammo di arrosto di tacchino15000L
Alimentazione media giornaliera35000L
Piccolo panino di soia160L
Un panino al formaggio165L
Un bicchiere di latte250L
Lavare i piatti a mano75L
Un foglio di carta10L
Un microchip32L
Un chilogrammo di cotone10000L
Mezzo litro di birra inglese150L

Previsioni future. La Terra contiene 33 milioni di km3 di acqua potabile e siamo quasi 8 miliardi di persone (7,8). Proviamo a fare due conti basandoci sull’alimentazione media giornaliera di 35000L che sono quindi 35m3 che moltiplicate per i 365 giorni all’anno fanno 12.775 m3 all’anno per persona. Moltiplichiamo questo numero per 8 miliardi e otteniamo 1.022×1011 m3 che corrispondono a 10.2200 km3 che corrisponde al consumo mondiale di acqua attuale. Se per ipotesi, e preciso che è altamente improbabile, la popolazione mondiale non variasse, significa che all’essere umano rimarrebbe 322 anni di vita considerando questo aspetto. Il calcolo che ho fatto non tiene conto di tutti i processi produttivi , né del consumo igienico ,né del tasso di natalità mondiale crescente e neanche di altri infiniti fattori che non conosco; però risulta semplice capire che gli anni rimanenti all’essere umano sono molto meno e che ci saranno guerre per garantirsi il minimo indispensabile di “oro-blu” pro-capite che è di 1.000 m3 all’anno, secondo l’ONU.

Già ora ci sono aree del pianeta dove si soffre del così detto stress idrico (cioè un apporto minore al minimo appena citato), figuriamoci fra 30 o 50 anni quando saremo 10 miliardi e avremo necessità maggiori… Vi consiglio di tenere d’occhio ogni tanto Worldometer (ecco qui il link : https://www.worldometers.info/it/ ) per rendervi conto di quello che dico.

È facile con questi numeri capire che l’acqua non è per niente scontata e che il problema è da tenere seriamente in considerazione. L’uomo deve assolutamente provare a ripristinare il ciclo naturale dell’acqua per poterlo preservare il più a lungo possibile. So che quello che vi ho detto oggi è un macigno nel cuore, ma forse è necessario per iniziare a fare dei cambiamenti.

Sicuramente ci saranno soluzioni e innovazioni che potranno risolvere il problema, qualcuna la conosco e magari avrò modo anche di parlarne in un altro intervento, ma nel frattempo dobbiamo fare anche noi la nostra parte, e potete iniziare, ad esempio, con il chiudere il rubinetto mentre vi lavate i denti. Concludo dicendo soltanto questo: se comprendi l’impronta idrica, comprendi che l’acqua è preziosa!

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L’INQUINAMENTO DIRETTO DELLE ACQUE

ORRORI ED ERRORI UMANI SUL CICLO IDROLOGICO

https://youtu.be/q9kRqJe4DGI

Nell’ultimo articolo ho spiegato 4 conseguenze dei gas serra sul ciclo idrologico ovvero risposte naturali alle nostre azioni, e quindi, sono causate dall’inquinamento indiretto dell’uomo.

In questo articolo desidero mettere a fuoco le azioni umane che, invece, agiscono direttamente sull’inquinamento del ciclo idrologico e le conseguenze immediate. Se ne potrebbero elencare un’infinità, ma ne elenco 4, ossia le più pertinenti al tema dell’acqua.

  1. Scarti industriali. Prevalentemente in forma liquida e possono andare ad inquinare direttamente per errore umano non solo i fiumi ma anche le falde acquifere del ciclo idrologico. Cito il tristissimo esempio, che mi riguarda personalmente, dell’inquinamento da PFAS (sostanze idrofobe usate nella conceria delle pelli e nelle pentole anti-aderenti): le aziende a monte di una falda acquifera nel vicentino hanno riversato nel sottosuolo quantità talmente elevate di PFAS da creare un disastro ambientale. Sono migliaia le persone in Veneto che hanno nel sangue quantitativi sopra lo standard di Legge (5nm per litro) e per qualcuno ci sono state varie ripercussioni sulla salute. Questa sostanza è finita ovviamente nella nostra filiera di alimentazione, nelle coltivazioni e negli allevamenti locali. A peggiorare la situazione è il riciclo naturale delle acque sotterranee che, se ricordate, hanno una velocità di movimento molto inferiore rispetto a tutto il ciclo idrologico e per questo il risanamento della falda richiede moltissimi anni. Al problema del PFAS vi ricordo che la soluzione (almeno per l’acqua) è un depuratore e vi invito a rivedere il seguente articolo: https://www.dalmarbozzo.com/2020/07/04/vuoi-migliorare-la-qualita-della-tua-acqua-potabile/  .
  2. Il prelevamento delle acque sotterrane. Se ricordate bene nell’articolo in cui spiego la differenza tra acqua potabile e minerale (https://www.dalmarbozzo.com/2020/06/20/ti-fidi-dellacqua-che-bevi/), quelle minerali possono essere sia di fonte sorgiva (cioè fuoriuscite naturalmente da un terreno) che di fonte sotterranea (prelevate da falde acquifere). Quando si prelevano dalle falde troppi metri cubi di acqua al secondo tramite pompe idrauliche e senza studiarne l’effettiva capacità e portata, c’è il grave rischio di ridurre notevolmente la superficie stessa della falda, poiché l’avvallamento creato dal sistema di pompaggio si deprime sempre di più fino al collasso della stessa. Qui l’uomo va ad influire direttamente sul bilancio idrico locale del ciclo dell’acqua, rallentando ulteriormente, o addirittura eliminando, gli spostamenti d’acqua sotterranei.
  3. Una delle cose più brutte e disastrose che possono accadere in mare è l’inquinamento per la perdita di petrolio. Premetto che non è mia intenzione fare la morale su se sia giusto o sbagliato estrarlo; voglio concentrarmi, invece, sugli effetti che l’oro nero causa una volta riversato nei nostri mari. Il petrolio è la morte nera di un interno ecosistema locale: a contatto con l’acqua del mare crea una pellicola impermeabile all’ossigeno che soffoca letteralmente la vita marina sottostante impedendone lo scambio tra fauna e superficie. Se poi gli animali ci entrano a contatto diretto si innescano una serie infinita di problematiche di salute, riducendo drasticamente la loro capacità di sopravvivenza. L’acqua, seppure è il miglior solvente in assoluto, con una presenza massiccia di petrolio, non ha abbastanza velocità depurativa da smaltirne gli effetti e quindi in queste circostanze si richiede l’intervento di altre risorse (sia economiche che umane) per tamponare il problema, che a volte può durare per mesi. Purtroppo si stima che ci siano perdite di petrolio annue intorno ai 4 milioni di tonnellate.
  4. Inquinamento plastico. Come ho già spiegato ci sono vari tipi plastiche e in questo caso conviene semplicemente distinguerle tra quelle che galleggiano o meno. Quelle che galleggiano diventano una base fertile per le alghe: la fotosintesi, processo vitale delle alghe, è uno scambio energetico tra clorofilla (contenuta nei sali minerali marini) e luce solare ma essa avviene maggiormente su superficie solide. Quindi la presenza di plastiche galleggianti in mare diventa l’ambiente ideale per la creazione di alghe che comporta da una parte un miglior assorbimento dell’anidride carbonica ma dall’altro comporta un maggior consumo di ossigeno e quindi un impoverimento di specie marine. La plastica che non galleggia, ha maggior possibilità di diventare una serie di trappole micidiali per gli abitanti dei fondali: non solo perché fungono da vere e proprie restrizioni fisiche impedendone la libertà di movimento, come possiamo vedere in numerose immagini strazianti, ma anche perché hanno la particolarità di disgregarsi in microplastiche che vengono facilmente ingerite dai pesci interferendo quindi con le loro funzioni vitali; se poi la fauna ittica inquinati da microplastiche viene pescata, finisce tragicamente nei nostri stomaci e buon appetito a tutti!

Come avete capito la scarsa gestione dei rifiuti umani spesso può portare ad un grave inquinamento delle acque. Se le aziende e i Governi non danno indicazioni più trasparenti o non comunicano in modo più efficace con i consumatori su come smaltire i rifiuti, è probabile che a pagarne il prezzo, in tempi brevi, sia l’ambiente: un consumatore se non comprende dove gettare il rifiuto è probabile che lo smaltisca in modo scorretto e in quel momento è molto più facile che possa raggiungere corsi d’acqua, prima e, da ultimo, viaggiando tramite le correnti marine a distanza di chilometri dal punto di partenza, i mari. Una conseguenza evidente è, ad esempio, l’isola dei rifiuti (The Trash Island) a largo del Pacifico: si stima che abbia un’estensione minima di 700.000 kmq per un totale di 3 milioni di tonnellate di plastica.

Questo mio secondo intervento sul tema del ciclo idrologico ha lo scopo di rendervi più consapevoli delle vostre azioni e di sensibilizzare l’importanza del sistema idrico della Terra: comprendere il suo delicato equilibrio significa fare scelte eco-friendly e salvaguardare l’ambiente!

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IL CICLO IDROLOGICO

Emissioni di CO2 e cambiamento climatico.

Nell’ultimo articolo ho parlato di frigo-gasatori per indurre le persone che amano l’acqua fredda e gassata ad abbandonare gli acquisti in bottiglia di plastica. Oggi, invece vorrei porre attenzione su un argomento che si distacca molto dall’ultimo trattato. Voglio spiegare come funziona il ciclo idrologico, e quali comportamenti umani l’hanno modificato maggiormente, in particolare analizzerò una serie di eventi a catena che hanno portato al cambiamento climatico che stiamo vivendo.

Partiamo dalla definizione: cos’è il ciclo idrologico? E’ il trasporto e la distribuzione naturale dell’acqua tramite processi di evaporazione (vapore acqueo), condensazione (precipitazioni e fenomeni atmosferici) e sublimazione (ghiaccio che si trasforma in vapore) ed esso, in media ogni 3000 anni sposta una massa equivalente a tutti gli oceani del pianeta. Questo ciclo permette di godere delle varie situazioni meteorologiche nel mondo, di influenzare le correnti marine, quindi di determinare le stagioni, e di influenzare le masse d’aria in atmosfera, nonché i venti.

Come funziona? Il ciclo idrologico è messo in moto dal sole, che provoca l’evaporazione dell’acqua liquida presente sui continenti, in particolare quella proveniente dalle piante, prende il nome di traspirazione. Il vapore acqueo, una volta salito in atmosfera, dove la temperatura diminuisce e dove ci sono grandi spostamenti d’aria, tende a condensarsi fino al punto di rugiada, ovvero quel momento dove la saturazione di acqua è tale per cui non possa più rimanere allo stato gassoso, e quindi l’acqua precipita sotto forma di fenomeni atmosferici su tutta la superficie terrestre con diverse concentrazioni e frequenze. Alcune di queste precipitazioni cadono ai poli e in alta montagna e contribuiscono alla formazione dei ghiacciai indispensabili per l’approvvigionamento umano. Il bilancio complessivo del ciclo è nullo: cioè non c’è perdita o aggiunta di quantità d’acqua. Esso è diverso dal bilancio reale poiché, quest’ultimo, consiste nel tenere in considerazione una determinata località: infatti le acque del sottosuolo, dei fondali marini e dei ghiacciai hanno una velocità di inserimento nel ciclo molto ridotta e possono quindi esserci quantità d’acqua differenti.

Che cosa è cambiato del ciclo idrologico? Quali sono le conseguenze o le reazioni a catena che si susseguono? Essendo un sistema circolare ne basta alterare inconsapevolmente uno per cambiare tutto il resto. La traspirazione e l’evaporazione sono tra i fattori maggiormente coinvolti. Ci sono alcuni elementi che caratterizzano il cambiamento del ciclo idrologico e come conseguenza quello climatico. In questo articolo mi concentro sulle emissioni di gas serra, come ad esempio il CO2; esse fanno rimbalzare maggiormente la luce solare nell’atmosfera e comportano diverse conseguenze. Ne elenco 4.

1. Le emissioni di gas serra fanno aumentare il calore in atmosfera; esso fa aumentare evaporazione e traspirazione rendendo così più difficile raggiungere il punto di rugiada, di conseguenza la natura per bilanciare questo squilibrio ricorre ad uno stratagemma: al diminuire della frequenza aumenta la concentrazione e ciò comporta pochi eventi atmosferici ma di grande portata. I monsoni ,ad esempio, sono fenomeni tipici dell’Asia meridionale e sono un ottimo indice del bilancio idrico locale e spiegano bene questo equilibrio. Per ben 8-9 mesi le precipitazioni sono scarse, poi tra giugno e settembre, accade l’incredibile: la temperatura dell’Oceano Indiano risulta minore rispetto a quella del continente e ciò crea un’evaporazione da entrambe le parti ma con temperature differenti. Il risultato è che masse d’aria umida di differente temperatura, che vengono racchiuse dalla catena montuosa dell’Himalaya, si scontrano e creano periodi ad alta intensità di pioggia. Eventi atmosferici simili si stanno verificando in alcune parti del Mondo dove risultano inusuali, abbondanti, e con una frequenza elevata a causa dello squilibrio creato dai gas serra.

2. Aumenta la temperatura dei mari con conseguenze disastrose: per prima cosa viene alimentata la conseguenza sopracitata, ma cosa più preoccupante: un’acqua più calda comporta un maggiore discioglimento dei sali che per le creature marine che abitano in superficie significa avere meno nutrienti disponibili rispetto alle acque fredde e salate. Ciò innesca, quindi, un effetto domino ineluttabile che termina con la riduzione della biodiversità marina. Questo avviene non solo nei nostri mari ma anche ai poli modificando le correnti oceaniche: acque meno fredde e salate alterano i vari strati di densità dei fondali marini e di conseguenza la direzione e la velocità delle correnti modificando le naturali stagioni, e creando maggiori possibilità di cicloni ed uragani.

3. L’anidride carbonica in eccesso che si scioglie in acqua crea l’acido carbonico e incide direttamente sul plancton che è la base della catena alimentare della vita oceanica: il plancton, in presenza di acqua acida (quindi con più CO2), necessita di maggior energia per la calcificazione e i processi vitali e ciò conduce ad un inesorabile indebolimento di questa importantissima forma di vita. Allo stesso modo del plancton, il corallo ha minor possibilità di crescere e quindi di ospitare un numero minore di specie animali, e le barriere coralline ospitano un terzo di tutta la biodiversità marina. La conseguenza inevitabile è una riduzione notevole del mercato ittico e nei prossimi anni il prezzo del pesce sarà destinato a crescere sempre di più e ad essere considerato un bene di lusso.

4. L’aumento di temperatura accelera lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari e le conseguenze sono le più disparate: innalzamento del livello del mare (acqua alta a Venezia), aumento dei volumi dei corsi d’acqua e quindi esondazioni più frequenti dei fiumi (ci è mancato poche che l’Adige esondasse a Egna), riduzione del territorio (il rifugio sulla Marmolada non è più accessibile), estinzione delle specie (orsi polari fortemente a rischio).   

I gas serra rovinano il ciclo dell’acqua, nonché il ciclo della vita, e per rammentarvi l’importanza e la bellezza dell’acqua vi rimando a questo link https://www.dalmarbozzo.com/2020/06/13/4-cose-che-assolutamente-non-puoi-non-sapere-sullacqua/.

Concludo con un pensiero personale. Ho compreso il tema del cambiamento climatico attraverso gli studi fatti sull’acqua che mi hanno dato una prova concreta e scientifica di ciò che sta accadendo. Il motore del nostro pianeta blu è l’acqua e non si può non considerarla. L’abbiamo forse dimenticato o dato per scontato e ora ne stiamo pagando le conseguenze. Il cambiamento climatico è reale e purtroppo siamo tutti responsabili delle vittime e dei disastri che procura. È giunto il momento di fare un ammissione di colpa e, in maniera responsabile, dire “è anche colpa mia!”, e infine avviare dei comportamenti più eco-sostenibili.

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Acqua fredda o gassata?!

FRIGOGASATORI E BOMBOLE DI CO2

La volta scorsa ho spiegato come la plastic tax costituisca una valida motivazione per abbandonare i consumi di plastica, in particolare le rispettive bottiglie. Questa volta ho intenzione di motivare a fare acquisti plastic-free coloro che amano l’acqua fredda o gassata e spesso non fanno questa scelta perché alcuni sistemi di depurazione non danno nell’immediato soluzioni di questo tipo.

Anzitutto vorrei ricordare che il depuratore è un investimento che nell’arco di 2/3 anni può essere ammortizzato (più tardi cito l’articolo per capire come) e nei successivi anni si può risparmiare sull’acquisto medio familiare annuo di bottiglie di acqua di 450-600€. La soluzione, per chi volesse anche l’acqua fredda e gasata, è il frigogasatore che può essere integrato al sistema di trattamento di depurazione permettendo quindi di darvi ciò che più vi piace! Come i depuratori anche i frigogasatori  possono farvi risparmiare sulla spesa dell’acqua, quindi, se avete un po’ di lungimiranza finanziaria, potete ben capire che non si tratta di uno sperpero inutile ma di un investimento che nel lungo periodo vi darà tantissimi vantaggi.

Ora entro più nel dettaglio per spiegare cos’è un frigogasatore, come funziona, i prezzi e in cosa consiste la manutenzione proprio per dare maggiore consapevolezza a chi vuole fare questo genere di acquisto.

Il frigogasatore non è nient’altro che un frigorifero con annessa la bombola di CO2 alimentare. Per spiegarne meglio il funzionamento è opportuno fare una distinzione tra refrigerazione e gasatura.

La refrigerazione: il procedimento per l’acqua fredda.

Un refrigeratore classico sfrutta il fatto che il gas evaporando assorbe calore e condensandosi lo rilascia. Il gas utilizzato nei frigoriferi è il Freon o comunque un gas idoneo alla refrigerazione ed è racchiuso in un circuito composto da compressore ed evaporatore. Il compressore trasforma il gas in liquido e viene pompato all’interno del frigo grazie ad una serpentina dai tubi sempre più larghi permettendo quindi al liquido di evaporare;  il calore assorbito dall’interno  viene rilasciato tramite radiatore e infine si può ottenere un’ambiente raffreddato. Infine il termostato fa partire il procedimento nel momento in cui la temperatura raggiunta all’interno del frigorifero supera la soglia preimpostata.

La gasatura: il procedimento per l’acqua gassata.

All’interno del frigogasatore o poco distante c’è una bombola contenente CO2 alimentare che tramite alcuni tubi viene introdotto nel frigorifero. Per far si che l’anidride carbonica si misceli con l’acqua, processo chiamato carbonatazione, sostanzialmente sono necessari due fattori:  una buona pressione di esercizio intorno ai 2,5- 4,5 bar, e l’acqua fredda perché la miscelazione avviene con maggior efficacia se la temperatura dell’acqua  è compresa tra i 4 e i 10 gradi centigradi e permette alle bollicine  di gas di non evaporare in fretta. Una bombola da 600 g, per esempio, può rendere effervescente da 90 a 120 L di acqua. L’anidride carbonica alimentare è sotto la sigla E290 e oltre a 600g esistono bombole di dimensioni maggiori e minori, e anche ricaricabili.

Il prezzo di una bombola varia in base alla quantità del contenuto, e al fatto che sia ricaricabile o meno. Ovviamente per evitare l’usa e getta vi consiglio quelle ricaricabili. Ad esempio una da 600g può costare da 14 € a 25€ contro la media delle bottiglie in plastica (0,24€/L) e in vetro (0,5€/L). Capite bene che la convenienza c’è, sempre in un ottica a lungo termine!

Il frigogasatore è la combinazione di queste conoscenze in un unico prodotto. Il suo costo può variare da 250€ a 1500€ in base alle necessità della famiglia e all’uso che se ne fa (magari potrebbe essere inserito all’interno di un locale di ristorazione). La manutenzione consiste unicamente nella sostituzione della bombola e, per il resto, l’azienda che vi vende il prodotto, vi può offrire un servizio assistenza.

Ma tutto questo cosa c’entra con l’acqua e la Green Economy?

Ora che sapete come funziona un frigogasatore , che potete integrarlo al vostro sistema di depurazione (sempre se ne avete bisogno); che quest’ultimo è il secondo miglior modo in termini di qualità, eco-sostenibilità e convenienza come ho già spiegato in questo articolo https://www.dalmarbozzo.com/2020/07/11/5-modi-per-prendere-acqua-a-confronto/; ora non avete più scuse per continuare ad acquistare bottiglie in plastica!

Il frigogasatore , come il depuratore è un acquisto che nel lungo termine è decisamente eco-friendly e potrete così gustarvi la vostra acqua fredda e gasata riducendo l’impatto ambientale!

Nel caso voleste saperne di più o vedere di persona questi apparecchi non esitate a contattarmi! Sarò lieto di dare ulteriori delucidazioni sull’argomento o mostrarvi dal vivo come funzionano. Mettete like, condividete, iscrivetevi al mio canale di YouTube, seguitemi su Instagram e su Facebook!

PLASTIC TAX

L’inevitabile tassazione sulla plastica.

Nei precedenti articoli ho mostrato più volte svariate soluzioni alternative all’utilizzo della plastica. Se il messaggio non fosse chiaro ve lo ripeto: ho intenzione di eliminare le bottiglie di plastica!!! Quindi ecco qui un’altra motivazione per ridurre il consumo di plastica monouso.

Parliamo di PLASTIC TAX. Premetto che, non è mia intenzione fare un intervento a sfondo politico, anche se è un tema che riguarda principalmente la politica. Spiegherò infatti che cos’è questa tassa, perché è nata questa proposta di legge, quali sono le possibili conseguenze e il mio personalissimo punto di vista che è ben lontano dal fare politica!

Che cosa ‘è! La plastic tax è nata dopo un confronto in Commissione Europea nel gennaio 2018 dove è emerso che soltanto il 20% dei rifiuti di plastica monouso veniva riciclato e il restante andava a inquinare l’ambiente, per lo più i nostri mari. Vi ricordate la tassazione di 5 centesimi sui sacchetti di plastica nel 2017, dove stava quasi nascendo una rivolta per l’aumento del prezzo? Ecco in quel caso , tantissime persone non furono contente, ma il risultato fu eccellente e si è visto ridurre drasticamente l’acquisto di buste di plastica. La plastic tax, allo stesso modo, ha lo scopo di: 1) scoraggiare i consumatori all’acquisto di plastiche usa e getta, 2) ridurre in maniera indiretta l’impronta al carbonio, e 3) stimolare i cittadini e le aziende ad applicare comportamenti virtuosi per il corretto smaltimento dei rifiuti.

La plastic tax in Europa. L’iter di questa proposta di Legge è stata uno dei più rapidi nella storia della Commissione Europea, poiché la stragrande maggioranza era favorevole, anche se – a ragion del vero –  sicuramente le manifestazioni di FridayForFuture in tantissime piazze del mondo hanno reso urgente il tema.

La Legge, infatti, è stata approvata il 5 giugno 2019, appena dopo 3 mesi dalla prima manifestazione globale tenutasi il 15 marzo 2019; essa prevede la tassazione di 0,80 € per ogni kg di plastica prodotta che poi verrà intercalata in base alla singola situazione di ogni Paese. È così arrivata ad essere una norma estesa a tutti i membri dell’UE e l’unica cosa certa è che a partire dal 1° gennaio 2021 sarà obbligatoria per tutti.

La plastic tax in Italia. Come qualsiasi tassa anche questa ha creato dibattiti accesi fin dall’inizio, poiché da una parte si vuole stimolare un’economia ecosostenibile e dall’altra si va ad intaccare un settore imprenditoriale che in Italia, e per lo più in Emilia Romagna, dà lavoro a tantissime persone. Quindi a fine anno 2019 si è giunti ad un compromesso dove la tassazione è arrivata a 0,45€ al kg. La plastic tax ha preso  il nome di MACSI cioè imposta sui MAnufatti di Consumo di Singolo Impiego.

 Quali prodotti plastici rientrano nel MACSI dunque? Tutti quei prodotti volti al contenimento o alla protezione di alimenti, in questa categoria rientra, per esempio, anche il Tetrapack; sono invece esclusi quei prodotti con una composizione inferiore al 40% di plastica, nonché quelli riciclati o semi-compostabili, e gli imballaggi dei medicinali. Per permettere alle aziende di ridurre la quantità di plastica e quindi di fare una manovra di conversione, è stata aggiunta alla Legge un credito di imposta del 10% per quelle industrie che nel 2020 attueranno comportamenti virtuosi, cioè quelli volti all’attenzione per l’ecosistema. Il Covid-19 ha fatto slittare l’avanzamento della proposta di Legge e, contemporaneamente ha fatto incrementare la domanda di materie plastiche monouso in nome dell’igiene personale, e ha lasciato più tempo alle aziende del settore plastico di riorganizzarsi. Insomma da un lato bene per l’industria, dall’altro male per l’ambiente. Se la situazione Covid-19 migliorerà ci saranno ulteriori sviluppi a riguardo, per ora è rimasto un argomento sospeso e messo in secondo piano.

Conseguenze. Quali sono le conseguenze ti tale tassazione? Non c’è uno scenario certo, però in alcuni Paesi europei, dove la tassa è già stata applicata da 2/3 anni, si è visto un drastico calo dei consumi plastici e la conseguente riduzione del settore industriale dei polimeri. Le aziende italiane, soprattutto dopo il Covid, non hanno, in alcun modo, intenzione di assorbire la tassa e quindi per loro l’unica decisione da prendere è di scaricare l’imposta sul consumatore finale che pagherà a prezzo maggiore la plastica monouso.

Vi ricordo che, come ho già detto, produrre plastica richiede, tantissime risorse che non sono più sostenibili (vedi il petrolio che è destinato al finire al 100% nei prossimi 43 anni); che la plastica è uno dei maggiori responsabili dei cambiamenti climatici, a causa dell’inquinamento marino.

Considerando questi aspetti, la mia personalissima opinione è la seguente: la tassa sulla plastica è una medicina amara che va presa senza tante storie, e che vi piaccia o meno, sarà prima o poi inevitabile. C’è anche da considerare che la tecnologia e le soluzioni ecologiche sono in continua crescita ed è solo una questione di tempo prima che si trovi una alternativa definitiva alla plastica, e le aziende produttrici dei polimeri potranno soltanto o adeguarsi o estinguersi. Mi auspico ovviamente che la Legge passi e che abbia un effetto positivo per la riduzione delle emissioni di CO2.

Mi sento, infine, di darvi un consiglio se non volete subire questa tassazione: adoperatevi quanto prima a fare un cambiamento in termini di consumi plastici, e dato che l’acqua è la mia materia, vi consiglio di rivedere questi articoli che possono aiutarvi a eliminare l’acquisto delle bottiglie di plastica.

Basta plastica! Scegliete le alternative già disponibili!

Come sempre, se avete trovato utile l’articolo, o se è stato di vostro gradimento mettete like, condividete, iscrivetevi al mio canale YouTube e seguitemi su Instagram e Facebook. Ciao a tutti!

BORRACCE

La scelta giusta

La volta scorsa ho dato delle informazioni generiche sulla borraccia, senza entrare nei particolari; questa volta darò informazioni più specifiche su come scegliere la borraccia.

Se avete deciso di ridurre l’impatto ambientale, in particolare del PET, con l’acquisto di una o più borracce… Fantastico! Avete il mio apprezzamento! Desidero aiutarvi nella scelta d’acquisto per non farvi abbindolare dal basso prezzo o dai colori sgargianti e accattivanti. Ecco qui delle indicazioni su come scegliere la borraccia che fa al caso vostro.

Quanta acqua vi serve? In un precedente articolo ho spiegato l’importanza dell’idratazione, insieme alla dottoressa Chiara Andreella, che necessitiamo, in media ed in linea generica, di 2,5 L al giorno. Vi sembrerà scontato quello che vi dirò, ma siamo talmente presi dalla routine quotidiana che tanti di noi non si idratano a sufficienza, e quindi un consiglio, relativo all’acquisto, per contrastare questa carenza è di  scegliere la capacità di volume della borraccia in base a quanto rimanete fuori casa. Ad esempio, se state fuori casa almeno 8-10 ore al giorno allora una borraccia da 600 ml / 1000 ml è la scelta che fa per voi; se invece state fuori casa tutto il giorno è bene attrezzarvi con due o più borracce sempre dello stesso volume. Se avete esigenze di diverso volume non preoccupatevi, potrete trovare il target che fa al vostro caso perché ce ne sono davvero tanti.

Qual è il contesto in cui andrete a bere fuori casa? Si tratta di stare al lavoro, in ufficio, oppure fuori a fare attività fisica? Le borracce con chiusura ad avvitamento solitamente sono indicate per qualsiasi attività poco o per niente movimentate, come ad esempio lavoro in ufficio; al contrario, le borracce con chiusura push and pull sono ideali per l’attività fisica perché pratiche da prendere con una sola mano e apribili con la bocca.

Semplice o termica ed isolante? Una borraccia semplice non ha alcune protezione da caldo o freddo e nemmeno può trattenere la temperatura del liquido in essa contenuto. Invece, se è termica, la borraccia è costruita da due strati (come se al suo interno ce ne fosse un’altra) e in questo modo è possibile ridurre notevolmente l’escursione termica mantenendo quasi inalterata la temperatura del liquido. Se, ad esempio, non volete l’acqua fredda o calda allora una borraccia semplice fa per voi, ma se invece volete mettervi all’interno o un the caldo o freddo e mantenere quella temperatura allora scegliete quella termica-isolante per potervi godere le giornate all’aperto.

Quale materiale scegliere? La volta scorsa ho affermato che è importantissimo sapere con quale materiale è fatta la borraccia ed ecco i dettagli dei 4 materiali più usati per la produzione di borracce.

Plastica. Le borracce in plastica a basso costo hanno tutte le qualità e i pregi che ho elencato in un precedente articolo. Lo ripeto: le bottiglie in PET sono monouso e non vanno riutilizzate nemmeno come borracce. Le borracce in plastica hanno tutta una serie di controindicazioni che possono alterare le proprietà organolettiche della bevanda. Ma c’è anche una plastica molto valida chiamata TRITAN che è un polimero estremamente sicuro dal punto di vista sanitario poiché è privo dei BPA, compatto, leggero, resistente e trasparente, si può lavare in lavastoviglie senza modificare le sue caratteristiche chimiche. La mia borraccia è in Tritan BPA FREE.

Alluminio. Le borracce in alluminio hanno il vantaggio di essere molto leggere, ma sono facilmente sensibili agli urti e ossidabili dai vari liquidi con cui entrano in contatto. L’ossidazione dell’alluminio può provocare diversi disturbi di salute che non elenco per brevità. Per rimediare a questo possibile problema hanno pensato bene di inserire un rivestimento interno in ceramica che mantiene inalterate le proprietà del liquido. In queste borracce però è sconsigliato inserire liquidi come latte, olio e bevande acide.

Acciaio. Le borracce in acciaio sono spesso inossidabili e ultimamente sono le più quotate perché l’acciaio non rilascia sostanze che possono alterare sapore e odori del liquido contenuto e difficilmente sono soggette alla proliferazione di batteri. Il loro difetto principale è il peso.

Vetro. Le borracce in vetro, seppur hanno il vantaggio di essere inerti dal punto di vista chimico a contatto con i liquidi, sono vendute in quantità minore perché corrono il rischio principalmente di rompersi e quindi per la fragilità sono le meno scelte.

Queste sono le indicazioni che mi sento di dare per fare un buon acquisto di una borraccia. Ovviamente non vi condannerò se ne sceglierete una di scarsa qualità perché contribuirete comunque a ridurre l’impatto ambientale. Sono convinto però che per aver una borraccia di qualità bisogna spendere minimo 15€.

Spero che questo articolo vi sia stato utile. Ditemi la vostra! Che borraccia usate? Perché? Scrivetemi, seguitemi su Instagram e Facebook e iscrivetevi al mio canale di YouTube.

BORRACCE

La svolta ecologica

La volta scorsa ho mostrato come la canapa possa essere un ottimo sostituto alla plastica e come possa essere una grande risorsa per la Green Economy. Desidero parlarvi di un prodotto diventato simbolo non solo della Green Wave ma anche della lotta contro la plastica: la BORRACCIA.

Da un paio di anni la borraccia è tornata d’interesse grazie ai movimenti eco-friendly associati alla spinta ambientalista di Greta Thunberg. Dico, è tornata, perché la borraccia è un’invenzione tutta italiana creata da Pietro Guglielmetti intorno al 1850: era in legno, aveva la capacità di un litro, aveva una tracolla per essere trasportata comodamente, ed era pensata per l’utilizzo bellico. Infatti la borraccia entrò a far parte dell’equipaggiamento militare durante le guerre per l’unità d’Italia ed espatriò in tutto il mondo grazie alla guerra in Crimea. Ben presto poi fu creata con altri materiali, come ad esempio l’alluminio, e infine perse l’interesse comune con l’avvento delle plastiche.

Attualmente il mercato delle borracce è fiorente, in continua crescita e lo si può constatare in moltissimi supermercati: vengono proposte, in bella vista, a disposizione dell’utente una vasta scelta di vari tipi di borracce. I primi acquirenti della borraccia sono le nuove generazioni e i millenials e man mano che cresce l’interesse per l’ambiente anche le generazioni meno nuove si stanno attrezzando. Ma quali vantaggi porta avere con se la propria borraccia?

I vantaggi sono principalmente 3:

  1. Il costo dell’acqua è praticamente nullo come abbiamo già visto per l’acqua potabile o trattata. La prendete dal rubinetto senza pagare e ve la portate dove volete!
  2. Una borraccia è in un certo senso “per sempre” e questo significa rinunciare all’acquisto delle bottigliette in PET riducendo notevolmente l’impatto ambientale. Provate ad immaginare se ogni italiano (siamo in 60,37 milioni) utilizzasse la borraccia, e decidesse di non comprare più bottiglie di plastica… significa che in Italia si eliminerebbe a monte ben 33,5 milioni di kg plastica e 83,6 milioni di CO2. Come posso dirlo? Ricordo che in base ai precedenti articoli, 1 kg  di bottiglie di plastica può contenere 37,5 L di acqua e produce 2,5 kg di Co2; in media ogni italiano spende 208 L all’anno. Questo vuole dire impattare pochissimo sull’ambiente!
  3. Avere la borraccia ci aiuta a monitorare il nostro stato d’idratazione: se a metà giornata la vostra borraccia è ancora piena probabilmente siete disidratati. Se ce l’avete sempre con voi, sarà più facile finirla.

L’unico svantaggio della borraccia è che può risultare scomoda avercela con se, ma ci sono moschetti e altri lacci che possono aiutarci a rimediare a questo piccolo inconveniente.

Ecco qui alcune informazioni generali sulla borraccia:

1. Vanno lavate frequentemente con acqua calda, detergente e con lo scovolino, che è una spazzola ideata per entrare dentro a cavità lunghe e strette, oppure se la borraccia lo consente, lavate in lavastoviglie. Il lavaggio acqua calda, lavapiatti e shakeraggio manuale della borraccia può essere nel tempo inefficace perché non riuscireste a lavare accuratamente nelle curve del contenitore.

2. Leggete le istruzioni o l’etichetta d’acquisto per comprendere cosa può o non può fare la borraccia: in base al materiale con cui sono fatte possono contenere alcuni liquidi oppure no; possono essere usate tot volte o lavate n.° volte.

3. Le borracce variano di costo in base alle seguenti caratteristiche: materiale, volume, scopo di utilizzo sono ciò che influiscono più di tutto sul prezzo. I prezzi variano quindi da 5 € a 25€. Una buona borraccia costa minimo 15€.

4. Ci sono principalmente 4 materiali con cui vengono fatte le borracce: in plastica, in alluminio, in acciaio e in vetro. La domanda più importante da farsi in fase di acquisto, la prima in assoluto, è di che materiale è la borraccia! Perché in base alle caratteristiche del materiale può farvi decidere sulla vostra scelta di acquisto. Ma di questo ne parlerò la prossima volta e darò informazioni più dettagliate su come scegliere.

Se avete deciso di fare la svolta ecologica vi faccio le mie congratulazioni! Vi può sembrare una sciocchezza ma sono le piccole azioni quotidiane che nel tempo producono grandi cambiamenti. Sono convinto che la borraccia abbia ancora largo margine di crescita in termini economici e che possa svolgere un ruolo importante nella partita della salvaguardia dell’ambiente.

Non perdetevi la prossima puntata! Intanto commentate, mettete like, seguitemi su Instagram e Facebook e iscrivetevi al  mio canale YouTube. Ciao a tutti!

CANAPA

L’ORO VERDE SNOBBATO

La volta scorsa ho esposto una lista di motivi per non acquistare il PET, ed ho anche affermato che esistono tantissime alternative alla plastica. Oggi, quindi voglio parlare di una di queste alternative: CANAPA.

La maggior parte delle persone, quando si parla di canapa l’ associa allo sballo, alla droga o all’uso ludico-ricreativo, e invece esiste un mondo di risorse incredibili dietro a questa pianta.

Perchè, quindi, la canapa ha, per l’opinione pubblica, un’accezione così negativa? Il motivo principale per cui le persone o le istituzioni hanno poca fiducia in questa pianta risale alla fine degli anni ’60, per la precisione al 1968: proprio come è successo per la bottiglia in plastica, gli americani avevano importato la loro cultura e le loro mode nel nostro Paese, nel bene e nel male; tra queste anche i movimenti hippy del ’68 e tutto il mondo della droga, marijuana inclusa. Ovviamente questo modo di vivere, e in particolare l’aspetto della droga, in Italia non fu accolto bene, ma anzi fu fortemente ostacolato, finendo per ridurre drasticamente gli utilizzi della canapa. La cosa sorprendente è che negli anni ’30 l’Italia era il secondo produttore mondiale di canapa e dava da lavorare a tantissime persone; ma, con l’avvento della guerra, questo settore venne accantonato, fino a scomparire, per lasciar posto all’ industria bellica. Nel dopo guerra le macchine in grado di lavorare la pianta erano veramente poche e il ritorno della canapa nel ’68 come droga non fu d’aiuto alla ripresa, anzi, fu un ultimo duro colpo che portò alla quasi sepoltura del settore della canapa. Inoltre all’epoca si sapeva poco dei contenuti chimici di THC e CBD e sulla possibilità di modificare questi parametri della pianta, cosa che, invece, in questo momento è possibile.

Attualmente in Italia la produzione di canapa non supera i 5-6 mila ettari e non c’è chiarezza in ambito legislativo; o meglio, ci sono delle leggi che possono facilmente essere contraddette o infrante. Le principali condizioni per la coltivazione di canapa sono queste: tenore di THC non superiore a 0,2%; comunicazione alle autorità competenti del luogo di coltivazione con rispettivo consenso; ci deve essere già un’azienda qualificata per la trasformazione della canapa come risorsa (ad esempio Assocanapa a Carmagnola TO).

La canapa, intesa come pianta ad uso industriale, è molto semplice da coltivare infatti ha una velocità di crescita tale da essere definita “auto-diserbante”, cioè cresce più veloce di qualsiasi altro infestante e una volta raccolta lascia il terreno totalmente libero e fertile per una nuova coltura. Si è anche visto che non necessita di grandi quantità d’acqua e si adatta facilmente a molti tipi di terreno fino anche a quote di 1500 metri.

Gli utilizzi con cui la canapa può essere sfruttata come risorsa sono svariati, come anche i settori che coinvolge: in campo medico, in ambito tessile, nell’alimentazione, nell’uso della carta, nei carburanti, nella cosmesi, nel settore edile e anche come plastica. La sua capacità “multi-tasking” la rende preziosa tanto da essere definita “oro verde” poiché con essa si possono creare 25 mila prodotti e sottoprodotti. Ecco alcuni spunti in alcuni di questi settori.

Settore edile. Utilizzando il canapulo, che è una parte di scarto dello stelo della pianta, acqua e calce si può ottenere un materiale edile estremamente versatile in tante dinamiche di costruzione dall’intonaco al bio-mattone. Si è visto che può essere un ottimo isolante termico perché si ottiene una temperatura media costante di 26 gradi sia d’estate che d’inverno riducendo notevolmente i consumi legati alla climatizzazione e quindi assorbe molto bene l’umidità e rende l’ambiente più salubre: una casa costruita con questo materiale comporta, quindi, diversi vantaggi. Altro aspetto interessante di questo materiale è che ha un ottimo impatto ambientale: si stima che una tonnellata di canapa secca possa eliminare 325 kg di CO2 analogamente ai depuratori per l’eliminazione della plastica. Gli edifici fatti con materiali classici hanno invece un impatto maggiore in termini di impronta di carbonio.

Settore plastica. La canapa ha ottime capacità di resistenza ed elasticità che la rendono un ottimo sostituto alla plastica con la differenza sostanziale che la canapa è biodegradabile e compostabile. L’utilizzo più comune, come surrogato della plastica, è nel settore automobilistico: le scocche delle auto sono composte da fibra di canapa e rendono le auto più leggere, resistenti e performanti (Mercedes ad esempio lo fa). La canapa, così impiegata, sta anche vedendo forte interesse nel settore dell’arredamento, nelle stampe 3D e in tantissimi altri settori che desiderano essere “plastic-free”.

Settore energetico. I combustibili detti a bio-massa sono quelli che riescono a sfruttare il potere energetico della sostanza per creare carburanti. I semi di canapa spremuti producono un olio ad alto potere energetico che può essere lavorato fino a creare il bio-diesel che, a parere degli esperti, è in grado di prolungare la vita dei motori rispetto a quelli tradizionali.

Molti di questi utilizzi sono davvero interessanti, sia dal punto di vista economico (in termini anche di business) ma anche dal punto di vista ecologico; ma come potete immaginare ci sono forti interessi di fondo per non considerare la canapa come risorsa preziosa.

In questo articolo il mio intento è di mettere a conoscenza le persone di questa risorsa incompresa, e semmai in Italia si farà chiarezza in termini legislativi sulla canapa industriale ricordatevi che potrete fare la vostra parte per un mondo più ecosostenibile, cercando di promuovere questa pianta non come droga ma come risorsa. La canapa potrebbe un giorno diventare la plastica monouso di cui abbiamo bisogno ed essere utilizzata per il trasporto di acqua e altri liquidi.

Ci sono tanti altri utilizzi che non ho elencato e potete scrivermeli. Quindi, commentate, mettete like, iscrivetevi al mio canale di YouTube e seguitemi su Instagram e Facebook. Ciao a tutti.

Desidero infine ringraziare Marco De Francesco per le conoscenze che mi ha dato sulla canapa:  anni fa, ha fatto un bellissimo tentativo imprenditoriale per cercare di trasformare la canapa in pellet. Lascio qui il link per l’articolo a lui dedicato : https://www.dolcevitaonline.it/pellet-di-canapa-un-caso-di-studio/